Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24097 del 03/10/2018

Cassazione civile sez. I, 03/10/2018, (ud. 06/06/2018, dep. 03/10/2018), n.24097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17340/2013 proposto da:

Comune di Fiumefreddo di Sicilia, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via della Giuliana n.66, presso

lo studio dell’avvocato Paternò Raddusa Pietro, rappresentato e

difeso dall’avvocato Faro Francesco, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

F.G., e F.V. quali eredi di F.P.,

M.F. vedova F., F.G., Fo.Gi.,

elettivamente domiciliati in Roma, Via Gregorio VII n. 474, presso

lo Studio dell’avvocato Arizzi Domenico (Studio Autolitano, Canturri

& Arizzi), che li rappresenta e difende, giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 565/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 12/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/06/2018 dal cons. MARULLI MARCO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. SORRENTINO FEDERICO, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso del Comune di Fiumefreddo e

l’inammissibilità del ricorso incidentale di F.G. ed

altri, ove qualificato il controricorso come tale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Comune di Fiumefreddo di Sicilia ricorre a questa Corte onde sentir cassare l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Catania, in sede di giudizio di rinvio, ha accolto la domanda dei litisconsorti F. ed ha liquidato il danno patito dai medesimi in conseguenza dell’illegittima apprensione di un fondo di loro proprietà da parte del Comune ricorrente in base alle risultanze della CTU, che, pur dando atto che secondo gli strumenti urbanistici del tempo l’area in questione era soggetta ad un vincolo di inedificabilità in quanto destinata alla realizzazione di un parco pubblico, aveva tuttavia ritenuto, in ragione del consistente sviluppo edilizio della zona, che l’area acquisita “potesse considerarsi di fatto edificabile ed anche considerata la sua posizione all’interno del centro edificato…, per certi versi, edificabile legalmente”, onde il danno andava per questo liquidato in adesione alla rilevata “vocazione edilizia”.

Il mezzo proposto dall’ente territoriale si articola su due motivi di gravame ai quali resiste con controricorso, a cui replica con “controricorso a ricorso incidentale”, il ricorrente.

Conclusioni del P.M. a mente dell’art. 380-bis1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo motivo di ricorso – alla cui disamina non fa scudo l’ampio ventaglio di pregiudiziali frapposto dai controricorrenti, rivelandosi, ove esse abbiano effettivamente questo rilievo (le considerazioni che si leggano nella parte conclusiva di pag. 42 ed in parte di pag. 43 afferendo invero al merito), l’una (difetto di autosufficienza), incongrua rispetto al motivo di gravame che non lamenta un vizio motivazionale, ma un errore di legge, l’altra (difetto di specificità), infondata, essendo esattamente individuato il capo della decisione impugnata – il Comune di Fiumefreddo lamenta la violazione del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, ART. 5-bis convertito, con modificazioni, nella L. 8 agosto 1992, n. 359, atteso che, sebbene la norma preveda che ai fini di stima “il criterio dell’edificabilità legale intesa come possibilità legali ed effettive di edificazione esplicitamente previste dallo strumento urbanistico”, il decidente d’appello, facendo proprie le accennate considerazioni del CTU, aveva invece liquidato il danno assecondando, in applicazione del diverso criterio dell’edificabilità di fatto, la “vocazione edilizia” dell’area.

2.2. Il motivo è fondato ed il suo accoglimento, comportando la cassazione ed il rinvio della controversia al giudice a quo, rende ultroneo l’esame del secondo motivo di ricorso.

2.3. Ed invero è convinzione a cui questa Corte è da tempo pervenuta – ribadita ancora di recente (Cass., Sez. 1, 25/10/2017, n. 25314) – che, sebbene per effetto della rimodulazione costituzionale della materia è caduta qualsiasi distinzione ai fini indennitari, tra fondi edificabili e fondi inedificabili giacchè, onde uniformarsi al principio del serio ristoro di cui all’art. 42 Cost., l’indennizzo dovuto in caso di esproprio – e così, di riflesso, in qualunque forma di equivalente ristoro – deve essere commisurato al valore che il bene avrebbe in una comune contrattazione immobiliare, vale a dire al valore venale, ciò nondimeno, la distinzione tra suoli edificabili e non edificabili è tuttora attuale essendo imposta dalla disciplina urbanistica in funzione della razionale programmazione del territorio e della destinazione di esso, in quel quadro, alla soddisfazione di rilevanti finalità di interesse pubblico che si accompagnano alla realizzazione di servizi pensati a beneficio della collettività e, più in generale, alla conservazione di un uso pubblico di esso.

Peraltro, l’inclusione dei suoli nell’uno o nell’altro ambito va effettuata in ragione di un unico criterio discretivo, fondato sulla edificabilità legale, posto dal citato art. 5-bis, comma 3, tuttora vigente, recepito nel T.U. espropriazioni e non inciso dalla giurisprudenza costituzionale, di talchè in base a tale criterio un’area va ritenuta edificabile solo quando la stessa risulti classificata come tale al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici in uso, mentre, al contrario, le possibilità legali di edificazione vanno escluse tutte le volte in cui la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità ecc.) in quanto dette classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, da intendere come estrinsecazione dello ius aedificandi connesso al diritto di proprietà.

Ne discende, allora, che in linea generale – pur se nella giurisprudenza di questa Corte il criterio dell’edificabilità di fatto non risulti totalmente bandito – essendone anzi, in funzione della necessità di legare la determinazione dell’indennizzo all’effettivo valore di mercato del bene, talora doveroso l’impiego (Cass., Sez. 1, 7/10/2016, n. 20421) – che, dovendo perciò la misura dell’indennità o del risarcimento del danno – come nel caso in esame – essere commisurata all’integrale valore di mercato del suolo, sulla base delle obiettive ed intrinseche caratteristiche ed attitudini dell’area in relazione alle utilizzazioni autorizzate dagli strumenti di pianificazione del territorio, l’unico criterio discretivo a cui fare appello è rappresentato dall’edificabilità legale posto dal citato art. 5-bis con esclusione perciò del ricorso, integrativo o sostitutivo, all’edificabilità di fatto.

2.4. Dunque nell’aver accordato rilevanza alla vocazione edilizia espressa solo in linea di fatto dal compendio oggetto di stima la Corte d’Appello ha adottato un criterio di giudizio che si pone apertamente al di fuori di questo quadro di principi.

Ad essi, cassandosene perciò la decisione, la Corte d’Appello dovrà ovviamente uniformarsi nel promuovendo giudizio di rinvio, non senza pure considerare che, all’interno della categoria dei suoli inedificabili rivestono valore, ai fini indennitari, anche le possibilità di edificazione intermedie (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative ecc.), sempre che siano assentite dalla normativa vigente e siano previamente autorizzate in sede amministrativa.

3.1. In chiusa del proprio controricorso i F. lamentano che il CTU abbia considerato come area a vocazione agricola, e l’abbia di conseguenza valutata come tale, una porzione del fondo in questione ricadente sotto il vincolo cimiteriale, sebbene, essendo essa circondata da terreni ricadenti in zona B, fosse ipotizzabile un suo possibile uso edificatorio quale zona B degradata. Ed in ragione di ciò chiedono che questa Corte, “fatta propria la stima effettuata dal CTU, tranne per quel che riguarda l’area prima riferita, da valutarsi come diversamente richiesto, condanni il Comune di Fiumefreddo di Sicilia a corrispondere agli appellanti il giusto risarcimento per l’illegittima occupazione e per la conseguente illegittima trasformazione dell’area di loro proprietà”.

3.2. Ora, in disparte dall’improprietà della richiesta, si rivela pregiudizialmente ostativa a qualsivoglia esame – anche senza prendere posizione se, malgrado il ricorrente principale lo abbia inteso come tale e come tale lo abbia denominato nel resistere ad esso, quello in scrutino sia qualificabile o no come ricorso incidentale – la considerazione che in ogni caso esso non rispetta i parametri essenziali del ricorso per cassazione, segnatamente non indicando quale dei vizi, tra quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, i deducenti intendano propriamente denunciare.

Ne va per questo dichiarata l’inammissibilità.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso del Comune di Fiumefreddo di Sicilia, dichiara assorbito il secondo motivo di ricorso, cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Catania che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio. Dichiara inammissibile il ricorso di F.G.+4.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 6 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2018

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