Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24091 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 13/10/2017, (ud. 08/06/2017, dep.13/10/2017),  n. 24091

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5543/2015 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 70, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO MASSATANI, che

la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

AIG EUROPE LIMITED già CHARTIS EUROPE SA RAPPRESENTANZA GENERALE PER

L’ITALIA, in persona del suo Procuratore speciale Dott.

F.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA VESCOVIO N. 21,

presso lo studio dell’avvocato VINCENZO LUIGI EPIFANIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI MARIO

BOTTAZZOLI giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

R.J.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4703/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/06/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2005 E.L. e C.G. convennero dinanzi al Tribunale di Milano R.J.C. e la AIG Europe s.a. (che in seguito, per effetto di ripetute fusioni, muterà ragione sociale in AIG Europe Limited; d’ora innanzi, per brevità, “la AIG”), chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni rispettivamente patiti in conseguenza in un sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS).

2. Con sentenza 26 agosto 2009 n. 10573 il Tribunale di Milano accolse la domanda, ridimensionando tuttavia le pretese attoree.

La sentenza venne appellata da E.L. e C.G. in via principale, e dalla AIG in via incidentale.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza 30 dicembre 2013 n. 4703, rigettò entrambi gli appelli.

Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello rigettò la domanda di C.G. di risarcimento del danno per la “perdita della vita sessuale”, patito, secondo la prospettazione attorea, in conseguenza delle lesioni personali sofferte dal coniuge, E.L.. Il giudice d’appello ritenne, per un verso, che una tale domanda non fosse stata formulata nell’atto introduttivo del giudizio; e per altro verso che dall’istruttoria fosse emersa solo una riduzione, e non alla soppressione, della potentia coeundi di E.L., e che di conseguenza la di lui moglie non potesse aver patito una totale soppressione della vita sessuale, come dedotto nell’atto d’appello.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da C.G., con ricorso fondato su un motivo.

Ha resistito con controricorso la AIG.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il motivo unico di ricorso.

1.1. Con l’unico motivo ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione dell’art. 2 Cost.; artt. 1223,1226,2043,2056,2059 e 2697 c.c.; artt. 115 e 116 c.p.c.;.

Il motivo, pur formalmente unitario, contiene in realtà due censure.

1.1. Con una prima censura la ricorrente lamenta in sostanza un error in procedendo: assume, infatti, che la Corte d’appello abbia errato nel ritenere che la domanda di risarcimento del danno alla vita sessuale non fosse stata da lei tempestivamente formulata.

Precisa che tale domanda doveva invece ritenersi debitamente formulata per avere ella chiesto, alle pp. 3 e 4 dell’atto di citazione, il risarcimento del danno alla vita di relazione e il risarcimento del danno esistenziale. Tali domande si sarebbero dovute interpretare – questo il senso complessivo della censura formulata dalla ricorrente – come necessariamente comprensive anche del pregiudizio alla vita affettiva dei coniugi.

1.2. Con una seconda censura la ricorrente lamenta invece un error in iudicando, consistito nell’esserle stato negato il risarcimento di un danno non patrimoniale effettivamente patito.

2. Il motivo è manifestamente infondato.

Colui il quale domanda in giudizio il risarcimento del danno non ha alcun onere di adottare formule sacramentali per indicare il pregiudizio di cui chiede il ristoro, nè ha l’onere di inquadrare il danno sofferto in questa o quella categoria giuridica. Ha, tuttavia, l’onere di descrivere in punto di fatto in cosa sia consistito il pregiudizio di cui chiede il ristoro.

Tale allegazione è indispensabile al giudice per delimitare correttamente il thema decidendum, ed al convenuto per sapere da quali pretese è chiamato a difendersi.

2.1. Nel caso di specie, nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado C.G. non fece cenno alcuno a pregiudizi di sorta alla propria vita sessuale. Quel che mancò, dunque, prima ancora della domanda, fu la allegazione in facto degli elementi costitutivi di essa.

Va da sè che a soddisfare il requisito dell’allegazione dei fatti costitutivi della domanda non poteva bastare la generica richiesta di risarcimento del danno “alla vita di relazione ed esistenziale”: sia per la genericità, quando non la fumosità di tali formule; sia perchè può teoricamente esistere un danno alla vita sessuale senza conseguenze sulla vita di relazione, così come può esistere un danno alla vita di relazione senza conseguenze sulla vita sessuale. Di talchè, invocata l’esistenza di un pregiudizio alla vita di relazione, ciò non implica necessariamente anche l’esistenza di un danno alla vita sessuale.

Tali principi sono pacifici e reiterati nella giurisprudenza di questa Corte: ex aliis, in tal senso, si vedano Sez. 3, Sentenza n. 21245 del 29/11/2012 (secondo cui “la domanda di risarcimento del danno (…) deve essere formulata esplicitamente, e non può ritenersi implicita nella richiesta generica di condanna del convenuto al risarcimento di “tutti i danni”); nonchè Sez. 3, Sentenza n. 13328 del 30/06/2015, secondo cui “nei giudizi risarcitori la domanda deve descrivere in modo concreto i pregiudizi dei quali si chiede il ristoro, senza limitarsi a formule generiche, come la richiesta di risarcimento dei “danni subiti e subendi”, perchè tali domande, quando non nulle ex art. 164 cod. proc. civ., non obbligano il giudice a provvedere sul risarcimento di danni che siano concretamente descritti solo in corso di causa”.

3. Le spese.

3.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

3.1. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

 

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna C.G. alla rifusione in favore di AIG Europe Limited delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 6.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di C.G. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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