Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24085 del 07/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 07/09/2021, (ud. 31/03/2021, dep. 07/09/2021), n.24085

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18481-2020 proposto da:

O.I.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

REGINA MARGHERITA 239, presso lo studio dell’avvocato VALENTINA

VALERI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIACOMO CAINARCA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 475/2020 del TRIBUNALE di MILANO, depositato il

14/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 31/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA

MELONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 14/1/2020, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano in ordine alle istanze avanzate da O.l., nato in Nigeria Edostate il (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese in quanto, il padre, sacerdote di una divinità pagana, lo aveva ripudiato perché aveva sposato una donna di un’altra comunità e così non poteva succedergli nella carica di sacerdote. Successivamente il padre era morto ed anche lo zio era deceduto dopo essere caduto per terra a causa di una spinta del ricorrente. I cugini volevano ucciderlo per vendicare la morte dello zio e per questo era fuggito dal paese.

Il Tribunale di Milano in particolare ha escluso le condizioni previste per il riconoscimento del diritto al rifugio D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 7 e 8, ed i presupposti richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per la concessione della protezione sussidiaria, non emergendo elementi idonei a dimostrare che il ricorrente potesse essere sottoposto nel paese di origine a pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti. Nel contempo il collegio di merito ha negato il ricorrere di uno stato di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale nel suo paese di provenienza nonché una situazione di elevata vulnerabilità individuale.

Avverso il decreto del Tribunale di Milano il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost., comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, perché il Tribunale avrebbe erroneamente rifiutato il riconoscimento della protezione umanitaria in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il motivo è inammissibile. In riferimento alla disposizione dell’art. 10 Cost., questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste dai tre istituti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, e di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6; con la conseguenza che non vi è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3, in chiave processuale o strumentale, a tutela di chi abbia diritto all’esame della sua domanda di asilo alla stregua delle vigenti norme sulla protezione. (Cass. 10686 del 2012; n. 16362 del 2016).

In ordine alla mancata concessione della protezione umanitaria è noto che la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicché il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 29 ottobre 2018, n. 27336; Cass. 31 gennaio 2019, n. 3016; come precisato da Cass. 2 luglio 2020, n. 13573); ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria è in particolare necessario che il richiedente fornisca elementi idonei a far desumere situazioni di vulnerabilità o che il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel paese d’accoglienza.

Tuttavia, detto onere, nella specie, non risulta assolto.

Ne’, a motivo della domanda di protezione umanitaria, risultano allegate situazioni di vulnerabilità diverse da quelle dedotte ai fini delle protezioni maggiori, avendo il ricorrente rappresentato esclusivamente l’avvenuta integrazione nel tessuto sociale italiano che il Tribunale ha ritenuto non sufficiente a concedere la richiesta protezione.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, il Tribunale avrebbe erroneamente rifiutato il riconoscimento della protezione sussidiaria.

Il motivo è inammissibile. Infatti, quanto al dovere di cooperazione istruttoria, il Giudice in base a numerose puntuali informazioni sui siti online citati ha ritenuta l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella Nigeria, zona di provenienza del ricorrente. A fronte di tali accertamenti, inammissibile si mostra la censura, espressa in ricorso, circa la mancata attivazione nella specie dei poteri ufficiosi di indagine, tenendo presente che, quanto alla sussistenza nella zona di provenienza del ricorrente di una fattispecie sussumibile nella previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il tribunale di merito ha ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva che l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine escludano il diritto alla protezione sussidiaria e precisato come la Nigeria Edo State non risulta dalle indicate fonti reperibili interessata dalla presenza di un conflitto di livello così elevato da comportare per i civili, per la sola presenza nel territorio in questione, il concreto rischio della vita o di un grave danno alla persona.

Per quanto sopra il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 31 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2021

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