Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24084 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 13/10/2017, (ud. 21/04/2017, dep.13/10/2017),  n. 24084

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco M. – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23123-2014 proposto da:

P.S., elettivamente domiciliato in TRENTO, VIA DEI

PARADISI, 15/2, presso lo studio dell’avvocato MAURO IOB, che lo

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.L.A.I.P.A. SPA, in persona del legale rappresentante Geom.

C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE

14, PRESSO LO STUDIO DELL’AVVOCATO GABRIELE PAFUNDI che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO ALDROVANDI

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

PNEUSHOP SNC DI M.P. E C;

– intimata –

avverso la sentenza n. 47/2014 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 12/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/04/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione notificato il 7 aprile 2008, P.S. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Trento, Sezione Distaccata di Cles, la snc Pneushop e la CLAIPA S.p.A. per sentirle condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito dell’acquisto di gasolio presso il distributore di carburante gestito dalla prima, gasolio che aveva danneggiato il circuito di alimentazione della propria auto. Secondo i meccanici intervenuti, la causa del guasto era da ricondursi al gasolio inquinato, con conseguente responsabilità del gestore del distributore (Pneushop) e del fornitore del carburante (CLAIPA). Costituite entrambe le società hanno contestato la pretesa ed istruita la causa con prova testimoniale e consulenza tecnica di ufficio, il Tribunale, con sentenza del 27 novembre 2012 accoglieva la domanda proposta da P.S., condannando le convenute in solido al risarcimento dei danni pari ad Euro 8.413,80;

avverso tale decisione proponeva appello la S.p.A. CLAIPA con atto di citazione notificato il 20 febbraio 2013 e appello incidentale la snc Pneushop e la Corte d’Appello di Trento, con sentenza depositata il 12 febbraio 2014, in accoglimento dell’impugnazione rigettava la domanda proposta da P.S. nei confronti delle appellanti;

contro tale sentenza propone ricorso per cassazione P.S. sulla base di cinque motivi. Resiste in giudizio la S.p.A. CLAIPA con controricorso e il ricorrente deposita memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

la motivazione viene redatta in forma semplificata in adempimento di quanto previsto dal decreto n. 136-2016 del Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione, non avendo il presente provvedimento alcun valore nomofilattico;

con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 342 c.p.c. e omessa pronuncia perchè la Corte territoriale avrebbe erroneamente considerato rituali gli appelli che non rispondevano ai requisiti imposti dalla nuova disciplina, rilevando che, con i motivi di gravarne, si impugnava l’intero provvedimento, con l’indicazione delle circostanze da cui deriverebbero le violazioni di legge e la rilevanza ai fini della decisione impugnata. Al contrario, la decisione di secondo grado avrebbe rivalutato una serie di elementi di fatto e di risultanze istruttorie rispetto alle quali non vi erano dei profili specifici di censura da parte degli appellanti;

il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, poichè consiste in un’analitica censura dei passaggi motivazionali della decisione di appello sul presupposto dell’assenza di specifiche censure da parte degli appellanti, senza trascrivere, neppure in parte, l’appello principale e quello incidentale; in ogni caso si chiede alla Corte di legittimità di operare una diversa lettura dei fatti emersi in corso di causa, più aderente alla tesi del ricorrente, rispetto alle valutazioni adottate dalla Corte territoriale, alla quale sola spetta l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, nonchè l’adozione delle scelte relative alle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento;

con il secondo motivo lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 contestando la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte territoriale riguardo alle risultanze della consulenza tecnica, con specifico riferimento alla prima bozza comunicata ai consulenti di parte;

il motivo è inammissibile poichè verte esclusivamente su elementi di fatto consistendo nell’inammissibile richiesta di un nuovo esame di merito fondata sulla censura delle scelte operate dalla Corte territoriale nella valutazione delle risultanze probatorie;

con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, e l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

con il quarto motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo, ritenendo censurabile l’argomentazione della Corte territoriale riguardo alla provenienza del campione di gasolio prelevato presso l’officina, valorizzando le risultanze della prova testimoniale in contrasto con quelle della consulenza di ufficio;

i rilievi riguardano le risultanze testimoniali e le valutazioni espresse dal consulente tecnico di ufficio e quello di parte. I motivi, pertanto, sono inammissibili per quanto detto in precedenza;

con l’ultimo motivo il ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, con riferimento a circostanze di fatto riferite dai testi escussi;

il motivo è inammissibile per difetto di specificità poichè il profilo rilevante ai fini della decisione della Corte territoriale è costituito dalla mancanza di prova della riconducibilità del gasolio oggetto dell’accertamento a quello erogato dal distributore, con ciò rendendo inconferenti le differenti circostanze, non decisive, della presenza o meno di tracce d’acqua nel campione menzionato dai testi escussi;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stessi art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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