Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24083 del 17/11/2011

Cassazione civile sez. III, 17/11/2011, (ud. 05/10/2011, dep. 17/11/2011), n.24083

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.F., C.F. IN PROPRIO, C.

L. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato PAFUNDI

GABRIELE, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati

QUAGLIA SILVIO, COCCHI LUIGI giusto mandato in atti;

– ricorrenti –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA RFI S.P.A. (OMISSIS) in persona

dell’institore dott. M.D., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA G. FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato VINCENTI

MARCO, che la rappresenta e difende giusto mandato in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 843/2008 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 02/07/2008 R.G.N. 629/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2011 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

udito l’Avvocato GABRIELE PAFUNDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 2-7-2008 la Corte di appello di Genova ha rigettato l’impugnazione proposta da Ca.Li. e C. F., quali genitori del minore D., avverso la decisione di primo grado di rigetto della domanda di risarcimento danni proposta nei confronti della Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. per le lesioni riportate dal figlio che, nell’anno 1999, all’interno della stazione ferroviaria di Genova, aveva riportato la perdita di tre dita della mano intrappolate nella scanalatura di un gradino della scala mobile appiattitosi nel giungere in contatto con la parte fissa della scala.

La Corte di appello ha rigettato la domanda ex art. 2051 cod. civ. contro la R.F.I sul rilievo che la caduta del bambino non era dovuta ad un sobbalzo della scala mobile, come sostenuto dagli attori, ma che essendo ormai cessata la discesa, il bambino era caduto o sfuggito alla mamma e ritornato verso la scala dove era caduto, appoggiando la manina sullo scalino che poi glielo stritolava.

Riteneva la Corte di appello che la causa del danno era esclusivamente la caduta del bambino, non imputabile alle R.F.I. ma al comportamento della madre che non aveva usato l’ordinaria prudenza nell’uso del mezzo, mentre lo stritolamento della mano nel meccanismo della scala non era una causa scindibile e come tale autonoma nell’ambito di un concorso di cause.

La Corte di merito ha confermato il rigetto della domanda anche sotto il profilo dell’art. 1681 cod. civ., in quanto l’impianto scala mobile corrispondeva alla normativa in materia.

Avverso detta sentenza propongono ricorso Ca.Li. e C.F. con quattro motivi,illustrato da memoria.

Resiste con controricorso la Rete Ferroviaria Italiana s.p.a,illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con i primi tre motivi di ricorso viene denunziata in relazione a distinti profili la violazione degli artt. 1227, 2043, 2050, 2051, 2697, 2727 e 2728 c.c., nonchè degli artt. 40 e 41 c.p. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e comma 2.

Con il primo motivo i ricorrenti sostengono che, secondo il disposto dell’art. 41 c.p., comma 1, il concorso di una causa preesistente, quale la caduta del bambino, se non ha i requisiti per integrare il caso fortuito, non esclude il rapporto di causalità tra la sopravvenuta azione della cosa in custodia e l’evento lesivo, presupposto necessario per liberare il custode dalla presunzione di responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. Denunziano difetto di motivazione in ordine alla individuazione della cause o della concause dell’evento lesivo per non aver la Corte di appello adeguatamente indicato le ragioni per cui la serie causale sopravvenuta – azione della scala mobile che aveva stritolato le dita del bambino – non avrebbe potuto essere considerata come causa autonoma dell’evento lesivo.

3. Con il secondo motivo i ricorrenti sostengono che la Corte di appello non ha considerato che la pretesa colpa del danneggiato, che aveva determinato la caduta sulla scala mobile , avrebbe potuto portare eventualmente solo ad affermare una corresponsabilità del danneggiato, ai sensi dell’art. 1227 c.c., ma non ad escludere il rapporto di causalità fra il funzionamento della cosa in custodia ed il danno.

4. Con il terzo motivo si denunzia che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che il custode avesse fornito la prova liberatoria che gli incombeva senza valutare se l’evento caduta costituisse una situazione imprevedibile ed eccezionale e difetto di motivazione sul punto.

5. I tre motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione logico giuridica e sono fondati nei termini che seguono.

5.1 La Corte di appello ha ritenuto, con ricostruzione di fatto coerente ed immune da vizi logici, che l’evento non si è verificato esclusivamente per il meccanismo della scala mobile di appiattimento dell’ultimo scalino che ha portato alla stritolamento delle dita, ma anche perchè il bambino prima era caduto su tale scalino.

Tale ricostruzione dei fatti rende infondato l’assunto dei ricorrenti in base al quale la causa dell’evento si individuerebbe solo nel dinamismo della scala mobile.

Del pari non condivisibile è l’affermazione della Corte di appello che ha ritenuto che la caduta del bambino sulla scala mobile costituisse la causa unica delle conseguenze rovinose affermando le stesse non “scindibili alla stregua di una causa autonoma e più prossima al sinistro”.

Fermi i fatti così come accertati dal giudice del merito, è necessario esaminare se sia conforme a diritto e logicamente motivato l’affermato distacco causale tra la potenzialità dannosa della cosa e l’evento.

5.2. La responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia ex art. 2051 c.c. si fonda non su un comportamento od un’attività del custode, ma su una relazione intercorrente tra questi e la cosa dannosa e, poichè il limite della responsabilità risiede nell’intervento di un fattore, il caso fortuito, che attiene non ad un comportamento del responsabile ma alle modafità di causazione del danno, si deve ritenere che, in tema di ripartizione dell’onere della prova, all’attore compete provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità; peraltro, quando il comportamento colposo del danneggiato non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno, costituita dalla cosa in custodia, ed il danno, esso può, tuttavia, integrare un concorso colposo ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante secondo l’incidenza della colpa del danneggiato (tra le varie, cfr.

Cass. 20 luglio 2002, n. 10641-Cass. 12 luglio 2006 , n. 15779).

5.3.La Corte di appello ha ritenuto che la causa dell’incidente è da addebitarsi esclusivamente al comportamento della vittima , e per esso della madre che non aveva mantenuto la condotta imposta per l’uso del mezzo, ma ha omesso di valutare se l’elemento esterno “caduta” presenti i caratteri dell’oggettìva imprevedibilità, eccezionalità ed inevitabilità tale da far ritenere tale comportamento idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la cosa in custodia ed il danno prodotto nell’ambito del dinamismo connaturale alla cosa medesima. La Corte di merito ha affermato erroneamente che l’inversione dell’onere della prova di cui all’art. 2051 comportava per il danneggiato di fornire la prova che la caduta era dipesa dal cattivo funzionamento della scala mobile. Incombeva, invece, al custode provare che l’evento caduta avesse i requisiti per integrare il caso fortuito idoneo a vincere la presunzione di responsabilità a suo carico.

In sintesi il giudice di appello avrebbe dovuto valutare quale fosse stato l’apporto causale del comportamento del danneggiato nella causazione dell’evento dannoso, escludendo la responsabilità dei custode solo nel caso che questo integrasse il caso fortuito, mentre, ove esso fosse stato solo concorrente con l’apporto causale alla pericolosità della cosa e, per questa via, alla concretizzazione dell’evento dannoso, avrebbe dovuto regolare la fattispecie a norma dell’art. 1227 c.c., comma 1 (Cass. 08/05/2008, n. 11227; Cass. 20/07/2002, n. 10641).

6. Il quarto motivo di ricorso, con cui si denunzia violazione di legge in relazione alla domanda ex art. 1681 c.c. e difetto di motivazione sul punto, è assorbito dall’accoglimento dei primi tre.

P.Q.M.

La Corte accoglie nei termini di cui in motivazione i primi tre motivi di ricorso, assorbito il quarto. Cassa, in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per spese, alla Corte di appello di Genova in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2011

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