Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2408 del 01/02/2011

Cassazione civile sez. I, 01/02/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 01/02/2011), n.2408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.R. (OMISSIS) C.L.

(OMISSIS) C.A. (OMISSIS)

C.A. (OMISSIS)) in proprio e quali eredi di

C.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BALDO

DEGLI UBALDI 66, presso lo studio dell’avvocato RINALDI GALLICANI

SIMONA, rappresentati e difesi dall’avvocato FIORILLO REMIGIO, giusta

mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ((OMISSIS));

– intimato –

avverso il decreto n. 3261/08 V.G. della CORTE D’APPELLO di NAPOLI

del 19/11/08, depositato il 20/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIETRO ABBRITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che M.R., A., L. ed C.A., – quali eredi di C.S. -, con ricorso del 5 gennaio 2010, hanno impugnato per cassazione -deducendo quattro motivi di censura, illustrati con memoria – nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Napoli depositato in data 20 novembre 2008, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso dei predetti ricorrenti – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, -, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per la decisione del ricorso secondo giustizia con compensazione integrale delle spese di lite -, ha condannato il resistente a pagare ai ricorrenti, jure hereditatis e pro quota, la somma di Euro 3.830,00 a titolo di equa riparazione, nonchè a ciascuno degli stessi ricorrenti, jure proprio, la somma di Euro 1.170,00, allo stesso titolo, condannandolo altresì, previa compensazione per la metà, al pagamento della somma di Euro 305,00, a titolo di spese del giudizio, oltre accessori;

che il Ministro della giustizia, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 14.000,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 23 maggio 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) C.S., con citazione notificata il 27 ottobre 1994, aveva promosso causa di risarcimento del danno nei confronti di Pasquale Concilio dinanzi al Tribunale di Salerno; b) in data 24 dicembre 1995, il C. era deceduto; c) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza del 29 dicembre 2001; d) il giudizio di appello, promosso dagli eredi predetti in data 26 settembre 2002, era stato deciso dalla Corte di Salerno con sentenza del 5 gennaio 2007;

che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato:

a) ha determinato la durata del giudizio di primo grado dal 21 dicembre 1994 – data della prima udienza – al 29 dicembre 2001 e, detratti circa due mesi (luglio-settembre 1998), per l’astensione dei legali dalle udienze, nonchè tre anni di ragionevole durata, ha stabilito l’eccedenza di irragionevole protrazione dello stesso processo in tre anni e dieci mesi; b) ha determinato la durata del giudizio di appello dal 5 novembre 2 002 – data della prima udienza – al 5 gennaio 2007 e, detratti tre anni di ragionevole durata, ha stabilito l’eccedenza di irragionevole protrazione dello stesso processo in un anno e due mesi; e) quanto al giudizio di primo grado, ha liquidato, jure hereditatis e pro quota, agli eredi – che non hanno partecipato a tale giudizio – la somma di Euro 3.830,00, sulla base di Euro 1.000,00 per anno; ci) quanto al giudizio d’appello, ha liquidato a ciascun ricorrente, jure proprio, la somma di Euro 1.170,00 sulla medesima base.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che con i motivi di censura – i quali possono essere esaminati per gruppi di questioni -, vengono denunciati come illegittimi, anche sotto il profilo del vizio di motivazione: a) la determinazione dell’inizio sia del processo di primo grado sia del processo d’appello alla data fissata per la prima udienza, anzichè alla data della notificazione del rispettivo atto di citazione; b) la determinazione in tre anni – anzichè in due anni – della durata ragionevole del processo d’appello; c) la violazione dei minimi tariffari forensi nella liquidazione delle spese di giudizio di merito; d) la effettuata compensazione parziale delle medesime spese;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;

che, in particolare, le censure sub a) e sub b) sono manifestamente fondate;

che infatti – quanto alla prima censura -, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo civile, nel caso di giudizio introdotto con atto di citazione, il dies a quo in relazione al quale valutare la durata del processo è costituito dal momento in cui si notifica l’atto di citazione e, ai fini del calcolo, vanno sottratti dalla durata complessiva, i tempi addebitabili al comportamento delle parti, con la conseguenza che deve essere espunto, dal calcolo complessivo, il tempo “ulteriore” tra la scadenza dei sessanta giorni necessari per la costituzione del convenuto e l’udienza di prima comparizione, rientrando nella disponibilità dell’attore fissare la data di detta udienza (cfr., ex plurimis, l’ordinanza n. 23323 del 2007);

che, dunque, la durata complessiva del giudizio di primo grado avrebbe dovuto essere computata dal 27 ottobre 1994 al 29 dicembre 2001, pari a sette anni e due mesi circa, con conseguente durata irragionevole pari a quattro anni e due mesi circa;

che inoltre – quanto alla seconda censura -, è altrettanto costante l’orientamento di questa Corte, secondo il quale, ai fini della determinazione della durata ragionevole del processo, ai sensi della L. n. 89 del 2001, è ragionevole, conformemente ai parametri elaborati dalla Corte EDU, una durata di tre anni per il processo di primo grado e di due anni per il processo d’appello (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 20546 del 2009);

che, dunque, il periodo eccedente la durata ragionevole del giudizio di appello avrebbe dovuto essere computata dal 26 settembre 2 004 al 5 gennaio 2007, pari a due anni e quattro mesi circa;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alle censure accolte;

che le censure sub c) e sub d), concernenti il regolamento delle spese del giudizio di merito, restano conseguentemente assorbite;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che ai ricorrenti – quali eredi di C.S. non spetta alcun indennizzo, jure hereditatis, per l’irragionevole durata del giudizio di primo grado, mentre agli stessi, quali promotori del giudizio di appello, spetta l’indennizzo, jure proprio, per l’irragionevole protrazione di tale grado del processo – che, al riguardo, è noto il generale orientamento di questa Corte, secondo il quale, in tema di equa riparazione prevista dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, nel caso di decesso di una parte, l’erede ha diritto a conseguire, jure successionis, l’indennizzo maturato dal de cuius per l’eccessiva protrazione di un processo che lo vide parte anche prima dell’entrata in vigore della citata legge, nonchè, jure proprio, l’indennizzo dovuto in relazione all’ulteriore decorso della medesima procedura, dal momento in cui abbia assunto formalmente la qualità di parte, cioè dal momento in cui si sia costituito nel giudizio, ciò in quanto, anche se la qualificazione ordinamentale negativa del processo, ossia la sua irragionevole durata, è stata già acquisita nel segmento temporale in cui era parte il de cuius e permane anche in relazione alla valutazione della posizione del successore – che subentra, pertanto, in un processo oggettivamente irragionevole -, per la commisurazione dell’indennizzo da riconoscere dovrà prendersi quale parametro di riferimento proprio la costituzione dell’erede in giudizio, posto che il sistema sanzionatorio delineato dalla Convenzione europea e tradotto in norme nazionali dalla L. n. 89 del 2001, si fonda non sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni riparatorie a beneficio di chi dal ritardo abbia subito danni, patrimoniali e non patrimoniali, ed in relazione ad indennizzi modulabili in base al concreto patema subito (cfr, ex plurimis, la sentenza n. 2983 del 2008);

che, in particolare, questa Corte ha anche enunciato il principio, per il quale, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, qualora la parte costituita in giudizio sia deceduta anteriormente al decorso del termine di ragionevole durata del processo, l’erede ha diritto al riconoscimento dell’indennizzo, jure proprio, soltanto per il superamento della predetta durata verificatosi con decorrenza dal momento in cui, con la costituzione in giudizio, ha assunto a sua volta la qualità di parte, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la continuità della sua posizione processuale rispetto a quella del dante causa, prevista dall’art. 110 cod. proc. civ., in quanto il sistema sanzionatorio delineato dalla CEDU e tradotto in norme nazionali dalla L. n. 89 del 2001 non si fonda sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni riparatorie a beneficio di chi dal ritardo abbia ricevuto danni patrimoniali o non patrimoniali, mediante indennizzi modulabili in relazione al concreto patema subito, il quale presuppone la conoscenza del processo e l’interesse alla sua rapida conclusione (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 23416 del 2009);

che, nella specie – posto che costituiscono circostante incontestate tra le parti: l’inizio del processo di primo grado in data 27 ottobre 1994 ad opera di C.S., dante causa dei ricorrenti;

la morte dello stesso C. in data 24 dicembre 1995; la mancata costituzione degli eredi nel giudizio di primo grado (cfr.

Ricorso, pag. 13) -, è evidente che alla data del decesso del C., intervenuta a distanza di un anno e due mesi circa dall’inizio del processo di primo grado, non era maturato alcun diritto all’indennizzo in favore del de cuius e, conseguentemente, in assenza di costituzione in giudizio degli eredi, alcun diritto degli stessi all’indennizzo, jure hereditatis;

che ai ricorrenti spetta invece l’indennizzo, jure proprio, per l’irragionevole protrazione oltre il termine biennale di ragionevole durata del giudizio d’appello dagli stessi promosso, cioè per il periodo dal 26 settembre 2004 al 5 gennaio 2007, pari a due anni, tre mesi e 10 giorni;

che non v’è ragione di discostarsi sostanzialmente dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di due anni di ragionevole durata per il giudizio di appello, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che tuttavia, nella specie, è equo tener conto della già irragionevole protrazione del processo di primo grado -anche se i ricorrenti non vi parteciparono -, sicchè l’indennizzo può essere commisurato all’entità di Euro 1.000,00 per anno e può essere determinato nella misura complessiva di Euro 2.300,00, da corrispondere a ciascuno degli stessi ricorrenti, oltre agli interessi maturati dalla domanda di equa riparazione fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4^, e B, paragrafo 1^, allegate al Decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, previa compensazione per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso -, per l’intero, in complessivi Euro 2.150,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 900,00 (Euro 600,00 + Euro 300,00, per gli altri tre ricorrenti) per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge;

che le spese del presente grado di giudizio compensate per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso – seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro della giustizia al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 2.300,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore delle parti ricorrenti, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 2.150,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 900,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, e, per il giudizio di legittimità, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’Avv. Remigio Fiorillo, dichiaratosene antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2011

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