Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24074 del 24/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24074 Anno 2013
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: FILABOZZI ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 25790-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, TRIOLO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE,
STUMPO VINCENZO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
PELLEGRINI GIUSEPPINA;
– intimata avverso la sentenza n. 5300/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 19.10.2010, depositata il 04/11/2010;

Data pubblicazione: 24/10/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27/09/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO FILABOZZI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli
scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARCELLO

MATERA che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 25790 sez. ML – ud. 27-09-2013
-2-

- r.g. n. 25790/2011 Inps c. Pellegrini Giuseppina
Oggetto: disoccupazione agricola

ORDINANZA
Atteso che è stata depositata relazione del seguente contenuto:
“1. Con ricorso al Tribunale di Trani Giuseppina Pellegrini, operaia agricola a tempo determinato,
conveniva in giudizio l’Inps chiedendo venisse accertato il suo diritto alla differenza dell’indennità

stato corrisposto dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995 sosteneva che il medesimo trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi del d.lgs. n. 146 del
1997, art. 4, sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto percepito;
La domanda veniva accolta con sentenza che era confermata dalla Corte d’appello di Bari, che riconosceva, tra l’altro, il diritto della ricorrente alla inclusione nella retribuzione utile per il calcolo
della indennità di disoccupazione della quota di trattamento di fine rapporto;
Avverso detta sentenza l’Inps ricorre con tre motivi di ricorso;
L’intimata non ha svolto attività difensiva;
2. Con il primo motivo l’Inps lamenta violazione dell’art. 47, comma 3, del d.P.R. n. 639/47 e successive modificazioni e integrazioni, chiedendo a questa Corte di stabilire se sia applicabile o meno
il termine di decadenza annuale per la proposizione dell’azione giudiziaria diretta ad ottenere la riliquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola, nella specie richiesta con istanza proposta entro il 31 marzo 2002 ed azionata in giudizio con domanda depositata in data 15 novembre 2005;
3. Con il secondo ed il terzo motivo l’Istituto ricorrente, lamentando violazione dell’art. 18, comma
18, del d.l. n. 98/2011, conv. in legge n. 111/2011, nonché degli artt. 44, 49 e 53 del CCNL operai
agricoli e florovivaisti del 1998 in relazione all’art. 6, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 314/97,
all’art. 3 d.l. n. 318/96, conv. in legge n. 402/96, nonché in relazione agli artt. 1362 e ss., 2120 cod.
civ. ed all’art. 4, commi 10 e 11, della legge n. 297/82, censura la sentenza per avere incluso nella
retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione, anche la voce
denominata “quota di TFR” , la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente a
quanto affermato la Corte territoriale – effettiva natura di retribuzione differita;
4. Il primo motivo deve ritenersi manifestamente infondato alla stregua della giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex plurimis Cass. sez. unite n. 12720/2009, Cass. n. 948/2010, Cass. n. 1580/2010)
secondo cui la decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 – come interpretato
dall’art. 6 del d.l. n. 103 del 1991, convertito con modificazioni nella legge n. 166 del 1991 – non si
1

di disoccupazione dell’anno 2001; la ricorrente – premesso che il trattamento di disoccupazione era

applica ove la domanda giudiziale sia diretta ad ottenere la riliquidazione della prestazione pensio• nistica già attribuita, venendo in rilievo solo l’adeguamento di un diritto già riconosciuto sia pure
per un importo inferiore, nel qual caso la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello
dell’ordinaria prescrizione decennale;
5. L’inapplicabilità dell’art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, prima delle integrazioni apportate
dall’art. 38 del d.l. n. 98 del 2011, al caso di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali
solo parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale è stata recentemente ribadita da

n. 7071/2012, Cass. n. 7072/2012, Cass. n. 7073/2012) e non vi è motivo per discostarsi da tale indirizzo;
6. Il secondo e il terzo motivo sono manifestamente fondati, alla stregua di quanto deciso da ultimo
dalla sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è enunciato il
seguente principio: “Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di questa Corte n.
10546/2007 per cui “ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il
salario medio convenzionale ex art. 4 del D.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto”, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto principio, la voce
denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle
parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui all’art. 3 D.L. 14 giugno
1996 n. 318 convertito in legge 29 luglio 1996 n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali,
la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli
istituti legali da parte dell’autonomia collettiva”;
7. La interpretazione di cui alle citate pronunzie è stata da ultimo avallata dal legislatore, il quale,
con l’art. 18 comma 18 del DL n. 98/2011, convertito in legge 111/2011, ha stabilito che ” L’art. 4
del d.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 e l’art. 1 comma 5 del DL 10 gennaio 2006 n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006 n. 18, si interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il
calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non è
comprensiva della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione
collettiva”;

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numerose sentenze di questa Corte (cfr. ex plurimis Cass. n. 7068/2012, Cass. n. 7070/2012, Cass.

• 8. Che ove si condividano i rilievi testé formulati, il ricorso può essere trattato in camera di consi• glio ai sensi degli arti. 380 bis e 375 codice procedura civile e dichiarato manifestamente infondato
quanto al primo motivo e manifestamente fondato quanto al secondo e al terzo”;
Atteso che il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni espresse nella relazione di cui sopra e
che, pertanto, il ricorso deve essere accolto quanto al secondo ed al terzo motivo, rigettato il primo,
conseguendone la cassazione della sentenza impugnata e la decisione nel merito (art. 384, secondo

inclusione nell’indennità di disoccupazione agricola della “quota di t.f.r.”, oggetto del secondo e del
terzo motivo di ricorso;
Considerato, infine, che ricorrono giusti motivi, desumibili sia dall’esito complessivo della lite sia
dalla considerazione della sopravvenienza dell’intervento legislativo da ultimo ricordato, per compensare tra le parti le spese dell’intero processo;

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di inclusione della “quota t.f.r.” nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione; compensa
le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 settembre 2013.

comma, c.p.c.), non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con il rigetto della domanda di

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