Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24070 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 13/10/2017, (ud. 07/12/2016, dep.13/10/2017),  n. 24070

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30067/2014 proposto da:

T.A., considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato FRANCESCO LOMBARDO LANZA giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

AXA ASSICURAZIONI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1758/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 11/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2016 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato FRANCESCO LOMBARDO LANZA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

In parziale riforma della decisione di prime cure la Corte d’appello di Catania con sentenza 11.10.2013 n. 558:

– confermava l’accertamento in concreto compiuto dal primo giudice in ordine al concorso di pari responsabilità nella causazione del sinistro stradale verificatosi il (OMISSIS) in conseguenza della collisione tra il motoveicolo condotto da T.A. e l’auto di proprietà di B.L., condotta da B.N., assicurata per la RCA con AXA Ass.ni s.p.a., ritenendo non vincolante per il Giudice di merito l’accordo concluso in data 11.11.2002 dal T. con AXA s.p.a., in relazione al risarcimento dei “danni materiali” a cose, nel quale il concorso di colpa del danneggiato, era stato stimato nella diversa misura del 10%;

– accoglieva l’appello proposto da T.A., riformando la decisione impugnata in relazione alla ulteriore decurtazione del 50% dell’importo risarcitorio (applicata per omesso uso del casco integrale, in quanto non prescritto dalle norme del Codice della strada al tempo del sinistro);

– rideterminava il danno risarcibile in complessivi Euro 9.093,00 a titolo di danno biologico da invalidità permanente; Euro 3.000,00 per il danno biologico da inabilità temporanea; Euro 2.273,25 a titolo di danno morale soggettivo, oltre il danno da ritardo calcolato secondo i criteri indicati dalla sentenza SS.UU. n. 1712/1995;

– accoglieva l’appello incidentale proposto dall’INAIL che aveva esercitato il diritto di surroga ex art. 1916 c.c., nei confronti dei responsabili del danno e dell’AXA Ass.ni s.p.a., per l’intero ammontare delle indennità assistenziali erogate al T., in misura corrispondente al “quantum” liquidato a titolo di danno biologico;

– accoglieva l’appello incidentale proposto da AXA Ass.ni s.p.a. dichiarando la stessa tenuta, in solido con i responsabili B., al solo risarcimento in favore del T. del danno morale – non ricompreso nel diritto di surroga dell’ente pubblico assistenziale – già corrisposto, in esecuzione della sentenza di primo grado, con conseguente condanna del danneggiato alla restituzione in favore della società assicurativa delle somme versate in eccedenza;

– liquidava a favore dell’INAIL le spese di lite, ponendole a carico dei B. e di AXA Ass.ni s.p.a., mentre dichiarava compensate per i 2/3 le spese di entrambi i gradi di giudizio tra il T., da un lato, ed i responsabili ed AXA Ass.ni s.p.a., dall’altro, liquidando il residuo terzo a favore dell’appellante principale.

La sentenza è stata impugnata per cassazione da T.A. che ha dedotto con quattro mezzi vizi di violazione di norme di diritto sostanziale e processuale, con atti notificati in data 6 e 7.11.2014 rispettivamente a B.N. ed AXA Ass.ni s.p.a. ed in data 24.11.2014 a B.L..

Gli intimati non hanno svolto difese.

Il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo viene dedotto il vizio di extrapetizione in violazione degli artt. 112 e 167 c.p.c, nonchè il vizio di violazione degli artt. 1322 e 1965 c.c., avendo il Giudice di appello ritenuto che l’atto di transazione in data 11.11.2002 non spiegasse alcuna efficacia nei rapporti tra il T. ed AXA Ass.ni s.p.a., e non impedisse l’accertamento in concreto del pari concorso di colpa dei conducenti dei veicoli, ed inoltre avendo la Corte territoriale in tal senso pronunciato pure in mancanza di eccezione di parte, atteso che la società assicurativa, costituendosi in primo grado, aveva chiesto che fosse riconosciuta una responsabilità concorrente dei conducenti “come da atto di transazione e quietanza che si allega e produce” e, dunque, riconoscendo che il concorso di colpa del T. doveva calcolarsi nella minore misura del 10% (comparsa di risposta AXA, solo parzialmente riprodotta alla pag. 3 del ricorso).

Il motivo è inammissibile, non assolvendo ai requisiti minimi prescritti dall’art. 366 c.p.c..

La censura relativa alla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, fondata sull’accertamento in concreto della pari responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nello scontro, compiuto da entrambi i Giudici di merito sebbene in – asserita – mancanza di una espressa eccezione della società assicurativa volta a contestare il concorso di responsabilità del T., non è assistita dalla necessaria esposizione del fatto processuale, nella specie determinata dalla discrasia tra la statuizione impugnata ed il contenuto delle difese ed eccezioni svolte da AXA Assicurazioni s.p.a. nella comparsa di risposta depositata in primo grado, non essendo al riguardo sufficiente la estrapolazione virgolettata di alcune proposizioni tratte dall’atto difensivo della società convenuta in primo grado (cfr. ricorso, pag. 2-3), rimanendo in tal modo impedito alla Corte di verificare in limine se la censura trovi fondamento negli atti dei precedenti gradi di giudizio. Deve, infatti, distinguersi anche nell’ambito del vizio di legittimità attinente l’attività processuale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la fase di ammissibilità da quella – cronologicamente successiva – relativa alla fondatezza della censura: ed infatti, se è vero che la Corte di Cassazione, allorquando sia denunciato un “error in procedendo” è anche giudice del fatto ed ha il potere-dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale potere-dovere è necessario, non essendo nella specie il vizio di violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevabile “ex officio”, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1170 del 23/01/2004; id. Sez. 3, Sentenza n. 9275 del 04/05/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 16245 del 03/08/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 1221 del 23/01/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 20405 del 20/09/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 21621 del 16/10/2007; id. Sez. L, Sentenza n. 488 del 14/01/2010; id. Sez. L, Sentenza n. 23420 del 10/11/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 86 del 10/01/2012; id. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5036 del 28/03/2012; id. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 12664 del 20/07/2012; id. Sez. L, Sentenza n. 896 del 17/01/2014).

La lacunosa riproduzione della comparsa di risposta impedisce di esaminare compiutamente il profilo della non contestazione, e cioè se AXA s.p.a., richiamando l’accordo transattivo, abbia effettivamente inteso riconoscere al T. un diritto al risarcimento “anche” dei danni fisici alla persona nella misura del 90%, tenuto conto che, da quanto risulta dalla esposizione del ricorso e dalla motivazione della sentenza impugnata, l’accordo transattivo stipulato tra il danneggiato e l’assicuratore del responsabile, era oggettivamente limitato alla liquidazione dei “danni materiali a cose” (cfr. sentenza appello, motiv. pag. 6). In proposito risulta inconferente l’affermazione del ricorrente secondo cui le parti private sono libere di regolare il rapporto controverso con reciproche concessioni anche in modo difforme dall’accertamento giudiziale dei rispettivi diritti contenuto nella sentenza, in quanto, nella specie, non viene in questione il limite imposto dalla legge alla autonomia dei privati, quanto piuttosto l’accertamento della estensione della efficacia oggettiva dell’accordo transattivo alla stregua della volontà negoziale delle parti contraenti, e che implica, per quanto interessa in questa sede, la “non contestazione” ovvero la “ammissione”, da parte della società assicurativa, della pretesa risarcitoria nel quantum affermato dall’attuale ricorrente, ossia il fatto processuale costituente, per l’appunto, il presupposto all’errore in procedendo contestato alla sentenza impugnata.

Per le medesime ragioni va ritenuto inammissibile anche il terzo motivo di ricorso il cui esame può essere anticipato, per semplificazione motivazionale, rispetto a quello del secondo motivo.

Il ricorrente ha infatti censurato la sentenza di appello in relazione ai seguenti vizi di legittimità:

a) violazione degli artt. 183 e 184 c.p.c., per essere stata introdotta con l’appello incidentale da AXA s.p.a. una questione nuova – concernente la richiesta di riduzione della pretesa risarcitoria al solo danno differenziale – non proponibile in difetto di soccombenza in primo grado della predetta società, essendo stato ritenuta dal primo giudice inammissibile la domanda spiegata dall’INAIL con intervento litisconsortile autonomo;

b) nullità della sentenza di appello ex artt. 132 e 161 c.p.c., nella parte in cui condanna alla restituzione in favore di AXA s.p.a. “quanto percepito in eccesso” dal T., senza indicare l’ammontare dell’importo dovuto.

Occorre premettere che dalla lettura degli regolamentari emerge la seguente vicenda processuale.

AXA Ass.ni s.p.a. costituendosi in primo grado aveva contestato la pretesa risarcitoria del T. nell’ammontare richiesto, ed aveva eccepito la inammissibilità dell’intervento volontario spiegato dall’INAIL in quanto proposto tardivamente.

Il Tribunale di Catania con sentenza n. 230/2007 riconosceva in pari grado la responsabilità dei conducenti nella causazione del sinistro; dichiarava inammissibile l’intervento dell’INAIL; condannava AXA Ass.ni s.p.a. ed i coobbligati B. a risarcire al T. il danno biologico e morale che provvedeva a liquidare.

Proposto appello principale dal T. ed appello incidentale dall’INAIL, costituendosi in secondo grado, la appellata società assicurativa chiedeva il rigetto dei gravami ed in subordine di limitare la pretesa formulata dall’INAIL, che aveva esercitato il diritto di surroga, nei limiti “del danno civilisticamente accertato ed in misura proporzionale al grado di colpa accertato”, ed inoltre proponeva appello incidentale, investendo il capo della sentenza di primo grado relativo alla condanna al risarcimento danni, chiedendo altresì la restituzione delle somme già versate a titolo di risarcimento del danno biologico al T. in esecuzione della sentenza di prime cure.

La prima parte della censura mossa dal ricorrente presuppone che la società assicurativa, non doveva considerarsi soccombente quanto al capo di condanna della stessa al risarcimento del danno, sicchè la stessa non doveva ritenersi legittimata ex art. 100 c.p.c., a proporre impugnazione incidentale. E’ agevole rilevare come l’indicato presupposto dell’errore processuale, asseritamente ascritto al Giudice di appello, implichi la pacifica non contestazione ovvero la esplicita od implicita ammissione della società convenuta in primo grado in ordine alla domanda risarcitoria proposta dal T.: ne segue che la mancata trascrizione del contenuto della comparsa di costituzione e risposta depositata in primo grado è ostativa all’esame del fondo del motivo di ricorso, difettando una completa ed esaustiva descrizione del “fatto processuale”.

In ogni caso la cesura in esame si palesa inammissibile anche per difetto di interesse in quanto, indipendentemente dall’intervento in giudizio dell’ente pubblico assistenziale INAIL, ritenuto inammissibile in primo grado con statuizione riformata in grado di appello, la questione dell’esercizio del diritto di surroga risultava acquisita all’oggetto del giudizio, essendo stata esaminata dalla Corte d’appello la nota del 22.4.2002 con la quale l’INAIL aveva comunicato comunicava ad AXA Assicurazioni s.p.a. di avere erogato a favore del T. l’indennizzo di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13, manifestando contestualmente la volontà di esercitare il proprio diritto di surrogazione nel credito risarcitorio. Pertanto, avuto riguardo alla pretesa fatta valere dal T., nei confronti della società assicurativa, per l’intero importo dovuto a titolo di risarcimento danni per lesioni personali, il Giudice del merito avrebbe dovuto in ogni caso accertare il minore ammontare del credito “differenziale” vantato dal danneggiato verso gli obbligati in solido, atteso che la surrogazione aveva già determinato il subentro dell’INAIL nella titolarità del credito per la quota corrispondente all’indennizzo già erogato al danneggiato D.Lgs. n. 38 del 2000, ex art. 13, rimanendo del tutto irrilevante la questione della ammissibilità del motivo di appello incidentale proposto da AXA Assicurazione s.p.a., trattandosi di questione inerente l’accertamento dei fatti costitutivi della titolarità di diritto di credito, che il Giudice di merito era comunque tenuto a compiere, senza essere vincolato alla formulazione di una specifica eccezione di parte (cfr. Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 2951 del 16/02/2016).

Nè può considerarsi nuova in grado di appello, e quindi inammissibile, la domanda restitutoria di quanto versato da AXA Assicurazioni s.p.a. a titolo risarcitorio, in eccedenza rispetto al credito per danno differenziale, ed in esecuzione della sentenza esecutiva di prime cure (Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15461 del 11/06/2008; id. Sez. 2, Sentenza n. 17227 del 09/10/2012). N

Infondata è, inoltre, la censura di nullità della sentenza impugnata, in quanto il capo di condanna alle restituzioni delle somme percepite in eccedenza dal T. non consentirebbe di determinare la entità del diritto riconosciuto ad AXA Assicurazioni s.p.a..

Ed infatti nell’ordinario giudizio di cognizione, la portata precettiva della sentenza va individuata tenendo conto non solo del dispositivo ma anche integrando questo con la motivazione, sicchè, ove manchi un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, deve ritenersi prevalente la statuizione contenuta in una delle due parti del provvedimento, che va interpretato secondo l’unica statuizione in esso contenuta (Corte Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15088 del 17/07/2015; id. Sez. 1, Sentenza n. 19074 del 25/09/2015).

Dalla motivazione della sentenza emergono tutti gli elementi che consentono di determinare l’ammontare dell’importo in restituzione, essendo riportata la liquidazione del danno complessivo (biologico e morale) compiuta dal Giudice di primo grado (Euro 6.067,90 oltre interessi legali dalla data della domanda), la rideterminazione del credito per l’intero ammontare risarcitorio liquidato in Euro 9.093,00 per danno biologico da invalidità permanente, Euro 3.000,00 per danno biologico da inabilità temporanea, ed Euro 2.273,25 per danno morale soggettivo. Quest’ultima voce di danno è esclusa dal diritto di surroga INAIL, mentre per le precedenti altre voci di danno, il Giudice di appello ha accertato che sono state interamente già corrisposte come indennizzo dall’INAIL ed ha condannato AXA Assicurazioni s.p.a. con gli altri obbligati in solido, a pagare tali importi all’ente pubblico assistenziale surrogatosi nel credito.

Risultano pertanto indicati tutti gli elementi di calcolo necessari per determinare la eccedenza nella differenza tra quanto già corrisposto da AXA Assicurazioni s.p.a. al T., in esecuzione della statuizione di condanna di prime cure, e quanto invece dovuto al T. a titolo di credito differenziale al netto delle somme dallo stesso già percepite dall’INAIL, essendo appena il caso di rilevare come eventuali contestazioni in ordine all’esatto ammontare delle somme anticipate da AXA Assicurazione s.p.a. e di quelle richieste in restituzione, potranno costituire oggetto di opposizione da svolgere in sede esecutiva.

Con il secondo motivo si censura la sentenza di appello per:

a) violazione degli artt. 2043,2056,1226 e 2059 c.c., in relazione alla liquidazione del danno morale operata dal Giudice di appello in misura pari ad un quarto del danno biologico da invalidità permanente, senza considerare come base di calcolo anche il danno biologico temporaneo;

b) violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione alla dichiarazione di

inammissibilità per difetto di specificità del terzo motivo di gravame con il quale veniva lamentata la insufficiente liquidazione del danno morale soggettivo;

La Corte territoriale ha dichiarato inammissibile il motivo di gravame con il quale si chiedeva un maggior risarcimento del danno morale in quanto assolutamente generico circa gli elementi circostanziali (gravità lesioni, durata degenza, trattamenti sanitari successivi) giustificativi della rideterminazione, confermando – previa modifica del quantum in considerazione della riconosciuta pari responsabilità causale nella produzione del sinistro – il criterio di liquidazione del danno morale adottato dal primo giudice, commisurato ad un quarto del valore del danno biologico da invalidità permanente.

Sul punto il ricorrente sostiene che la Corte territoriale, nel dichiarare inammissibileVnon aveva preso in esame la “seconda parte del motivo d’appello n. 3” (trascritta nel motivo di ricorso) con la quale era stata chiesto di integrare la base di calcolo anche con l’importo liquidato a titolo di danno biologico da inabilità temporanea e che sotto tale profilo il motivo non poteva essere considerato generico.

Premesso che le due censure nelle quali è articolato il secondo motivo si pongono in relazione di alternatività subordinata, posto che il motivo di gravame dichiarato inammissibile aveva ad oggetto proprio il criterio di liquidazione del danno morale, osserva il Collegio che se la doglianza di illegittima declaratoria di inammissibilità dell’intero motivo di gravame ex art. 342 c.p.c., può ritenersi fondata, essendo sufficientemente specifica la critica rivolta con il motivo di gravame alla determinazione della base di calcolo, in quanto si contesta la limitazione della base di calcolo al danno biologico permanente, tuttavia la fondatezza della censura non determina per ciò stesso la cassazione con rinvio della causa, atteso che, non dovendo procedersi ad accertamenti in fatto, questa Corte può decidere in merito al motivo di gravame omesso, dovendo lo stesso essere ritenuto infondato.

L’assunto difensivo secondo cui la liquidazione del danno morale soggettivo avrebbe dovuto essere effettuata utilizzando come base di calcolo non soltanto l’importo del danno biologico da invalidità permanente, ma anche l’importo del danno biologico per inabilità temporanea, non integra una violazione delle norme di diritto individuate in rubrica, non essendo all’uopo sufficiente la prospettazione di una diversa e più favorevole modalità di liquidazione del danno, diversa da quella adottata dal Giudice di merito, atteso che l’esercizio, in concreto, del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa (artt. 2056 e 1226 c.c.) non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità quando la motivazione della decisione dia adeguatamente conto dell’uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito (Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8213 del 04/04/2013; id. Sez. 1, Sentenza n. 16222 del 31/07/2015; id. Sez. 1, Sentenza n. 5090 del 15/03/2016), dovendo al riguardo tenere in considerazione il Giudice, ove allegati specificamente dal danneggiato, quelle circostanze rilevanti, attinenti alle condizioni soggettive della persona danneggiata ed alla gravità del fatto.

Una volta che il Giudice di merito ha esternato nella motivazione della sentenza il criterio di liquidazione applicato in concreto, rimane preclusa ogni critica alla scelta del metodo – salvo che la stessa non possa ritenersi del tutto illogica e manifestamente arbitraria -, atteso che in tal caso la censura non prospetta una violazione della norma attributiva del potere ex art. 2056 c.c., ma intende invadere in modo inammissibile l’ambito discrezionale ed insindacabile riservato al Giudice ex art. 2056 c.c..

Nella specie il Giudice di appello, da un lato, ha escluso che il danneggiato avesse allegato e dimostrato circostanze fattuali rilevanti non considerate dal primo giudice; dall’altro, ha dato atto del criterio di liquidazione applicato, ritenendo di determinare il danno morale in misura proporzionale pari ad un quarto del danno biologico da invalidità permanente: tale modalità di calcolo, che è stata per lungo tempo inserita nei criteri tabellari uniformi di liquidazione del danno, elaborati dal Tribunale di Milano e diffusamente adottati dagli Uffici di merito, non può ritenersi violativa del principio giuridico di effettività del ristoro integrale del danno (Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 702 del 19/01/2010), laddove il danneggiato non adduca – come nel caso di specie – la omessa considerazione di elementi concreti di personalizzazione del danno morale allegati e provati in giudizio, che il Giudice di appello ha espressamente ritenuto indimostrati.

Il quarto motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.) con il quale il ricorrente impugna la statuizione di parziale compensazione delle spese di lite contenuta nella sentenza di appello, richiedendo la condanna della società assicurativa e degli altri coobbligati solidali alla integrale rifusione delle spese dell’intero giudizio, rimane assorbito, in quanto la censura è espressamente condizionata alla asserita fondatezza dei precedenti motivi del ricorso per cassazione, nella specie ritenuti inammissibili od infondati.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato, non dovendo provvedersi in ordine al regolamento delle spese del giudizio di legittimità, in difetto di difese svolte dagli intimati.

PQM

 

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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