Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2407 del 01/02/2011

Cassazione civile sez. I, 01/02/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 01/02/2011), n.2407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.F. ((OMISSIS)) in proprio e quale legale

rappresentante della SOCIETA’ MERCATALI FRANCO E C. SNC, P.

L., M.M., ME.MA., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 58, presso lo studio

dell’avvocato BECCACECI GAIA, rappresentati e difesi dall’avvocato

LEONARDI RICCARDO, giusta procura speciale a margine;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ((OMISSIS));

– intimato –

avverso il decreto n. 428/07 E.R. della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA

del 7/05/08, depositato il 22/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIETRO ABBRITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p. 1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: “1.- Con il decreto impugnato la Corte di appello di L’Aquila ha accolto la domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 proposta contro il Ministero della Giustizia da M.F., in proprio e quale legale rappresentante della s.n.c. Marcatali Franco & C, P. L., M.M. e Me.Ma. in relazione all’irragionevole durata di un processo civile iniziato il 27.11.1990 dinanzi al Tribunale di Macerata e definito in appello il 22.4.2 006, liquidando per danno patrimoniale Euro 6.500,00 per ciascun ricorrente, con il favore delle spese processuali, liquidate in Euro 1.000,00 oltre accessori.

Contro il decreto gli attori hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero intimato non ha svolto difese.

2. – Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 6 CEDU) e vizio di motivazione formulando il seguente quesito: “Dica l’Ecc.ma Corte se, in base alla L. n. 89 del 2001, art. 2 ed all’art. 6, par.

1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della L. 4.8.1955 n. 848, la irragionevole durata del processo debba essere calcolata tenendo conto dei parametri temporali fissati dai Giudici di Strasburgo (tra tutte, CEDU, Sez. 1^, 10/11/2004, ric. 64890/01 Apicella c/Italia, CEDU Sez. 1^, 10/11/04, ric. 62361/00 Riccardi Pizzati c/ Italia e CEDU Sez. 1^, 10/11/2004, ric. 65075/01 Giuseppina e Orestina Procaccini c/ Italia) a cui il giudice nazionale deve uniformarsi, determinando in tal modo la base di calcolo per la liquidazione della prevista indennità che, garantendo un effettivo ed adeguato ristoro per il dichiarato pregiudizio subito (Cass., Sez. Unite, n. 1340/2004; Cassazione civile, sez. 1^, 03 aprile 2008, n. 8521; Cassazione civile, sez. 1^, 10 aprile 2008, n. 9328), non sia inferiore ad Euro 1.000/1.500,00 per ogni anno di ritardo”.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano “Omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 75 disp. att. c.p.c. del D.M. 8 aprile 2004 n. 127, della L. n. 794 del 1942, art. 23” e formulano il seguente quesito:

“Dica l’Ecc.ma Corte se, in base all’art. 75 disp. att. c.p.c. al D.M. 8 aprile 2004, n. 127 nonchè alla L. n. 794 del 1942, art. 23, il giudice di merito, ove intenda escludere alcune voci previste dalla tariffa professionale, ne debba dare motivato conto non potendo, comunque, andare al di sotto dei minimi tabellari”.

3. – Il ricorso appare manifestamente inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

Infatti, secondo la giurisprudenza della S. Corte, invece, il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico- giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. In altri termini, “il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito;

b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie” (Sez. 3, ordinanza n. 19769 del 17/07/2008).

E’, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge perchè, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366 bis, si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (Sez. U, Sentenza n. 26020 del 30/10/2008).

Quanto alla formulazione dei motivi nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, la giurisprudenza di questa Corte ha sottolineato che la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (che svolge l’omologa funzione del quesito di diritto per i motivi di cui all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 1, 2, 3 e 4) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (v. S.U. sent. n. 20603/2007 e, successivamente, le ordinanze della sez. 3 n. 4646/2008 e n. 16558/2008, nonchè le sentenze delle S.U. nn. 25117/2008 e n. 26014/2008): per questo il relativo requisito deve sostanziarsi in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato quando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (ord., sez. 3, n. 16002/2007; ord., sez. 3, nn. 4309/2008, 4311/2008 e 8897/2008, cit. , nonchè sent. S.U. n. 11652/2008). In altri termini, si richiede che l’illustrazione del motivo venga corredata da un momento di sintesi dei rilievi attraverso il quale poter cogliere la fondatezza della censura (v.

sentenza, S.U., n. 16528/2008).

I quesiti formulati di ricorrenti non rispondono ai requisiti innanzi evidenziati e il ricorso può essere deciso ex artt. 375 e 380 bis c.p.c.”.

Parte ricorrente ha depositato memoria difensiva.

2 . – Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano – non scalfite dal contenuto della memoria, con la quale è criticata la giurisprudenza della Corte in ordine al quesito – e che conducono alla declaratoria di inammissibilità del ricorso. Nulla va disposto in ordine alle spese stante la mancata difesa da parte dell’Amministrazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2011

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