Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24066 del 26/09/2019

Cassazione civile sez. I, 26/09/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 26/09/2019), n.24066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giusep – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12529/2018 proposto da:

Engie Servizi Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliato in Roma Viale B. Buozzi 51 presso lo

studio dell’avvocato Marcello Vernola – Studio Cardi – e

rappresentata e difesa dall’avvocato Mario Spinelli e dall’avvocato

Giacomo Valla, in forza di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Foggia, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Corso

Vittorio Emanuele II 18 presso lo Studio Grez e rappresentato e

difeso dall’avvocato Luigi Follieri e dall’avvocato Simonetta

Mastropieri, in forza di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 284/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 23/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/07/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI;

udito l’Avvocato MARIO SPINELLI e gli Avvocati SIMONETTA MASTROPIERI

e LUIGI FOLLIERI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 27/5/2003 la Cofatech Servizi s.r.l., quale capogruppo mandataria dell’associazione temporanea di imprese (ATI), costituita con la ditta individuale A.L. e la società A.L. s.r.l., ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Foggia l’Azienda Ospedaliera “Ospedali Riuniti” di Foggia, chiedendo di accertare e dichiarare il suo grave inadempimento contrattuale al contratto di appalto del 17/2/2000, risolvere il predetto contratto per fatto e colpa della convenuta e condannarla al risarcimento dei danni, accertare la parziale esecuzione del contratto da parte sua e condannare la convenuta al pagamento dei lavori eseguiti, oltre al 10% del valore dei lavori ineseguiti a titolo di mancato guadagno.

In subordine, per il caso di ritenuta nullità del contratto, l’attrice ha chiesto di accertare l’entità dei lavori svolti e di condannare la convenuta al pagamento del loro valore a titolo di ingiustificato arricchimento o di ripetizione di indebito, oltre al mancato guadagno.

L’attrice a sostegno della domanda ha esposto: che l’ATI si era aggiudicata l’appalto per la realizzazione dei lavori di adeguamento a norma e di consolidamento statico del “Monoblocco – Corpo di Fabbrica A – Al del Plesso Ospedaliero OO.RR.” di (OMISSIS) per un importo di Euro 4.548.772,89, stipulato il 17/11/2000; che l’esecuzione dei lavori era stata ostacolata dalla mancata consegna di tutti i siti interessati;che la stazione appaltante aveva riferito della difficoltà di consegnare l’intera area, ancora occupata da terzi; che il 21/5/2001 era stato redatto il verbale di consegna dei lavori, in cui però si dava atto dell’impossibilità di consegnare le aree di sedime per le differenze fra lo stato attuale dei luoghi e quanto appaltato; che la consegna definitiva non era avvenuta neppure in seguito; che il 9/4/2002 essa aveva costituito in mora la stazione appaltante; che con Delib. D.G. 17 ottobre 2002, n. 177 la stazione appaltante aveva deciso di recedere dal contratto D.P.R. n. 554 del 1999, ex art. 122; che il Consiglio di Stato con sentenza 806/2003 aveva annullato vari atti della procedura di aggiudicazione, invalidando il pubblico incanto;che con Delib. D.G. 23 dicembre 2002, n. 442 la stazione appaltante, a seguito del sopravvenuto giudicato amministrativo, aveva revocato la precedente delibera, limitatamente alla decisione di recedere; che la convenuta era stata ripetutamente inadempiente per la mancata consegna dei lavori e la sopravvenuta non appaltabilità delle opere.

Si è costituita in giudizio l’Azienda convenuta, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, chiedendo il rigetto delle domande e assumendo l’acquiescenza dell’attrice alla situazione oggettiva che si era verificata, alla consegna parziale dei lavori e alla loro sospensione, non essendo stata formulata alcuna riserva.

Esperita consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza non definitiva n. 1382 del 9/9/2008 il Tribunale di Foggia ha dichiarato il difetto di legittimazione attiva della A.L. s.r.l., a spese compensate, e ha condannato la A.O. Ospedali Riuniti di Foggia al risarcimento del danno a favore di Cofatech, da liquidarsi in prosieguo di giudizio.

L’Azienda convenuta ha formulato riserva di appello e il Tribunale, previo supplemento di c.t.u., con sentenza definitiva n. 1445 del 23/9/2010 ha condannato la A.O. Ospedali Riuniti di Foggia al pagamento in favore di Cofatech della somma di Euro 1.384.028,14, oltre interessi e spese processuali.

2. Avverso la sentenza non definitiva e quella definitiva di primo grado ha proposto appello la A.O. Ospedali Riuniti di Foggia, a cui ha resistito l’appellata, proponendo altresì appello incidentale.

La Corte di appello di Bari con sentenza del 23/3/2017, ha accolto l’appello principale e rigettato l’appello incidentale; in riforma delle sentenze appellate, ha dichiarato la nullità della sentenza parziale e conseguentemente di quella definitiva nella parte in cui era stata condannata la A.O. Ospedali Riuniti di Foggia al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità extracontrattuale per difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato; ha confermato la pronuncia di inefficacia del contratto di appalto stipulato tra le parti a seguito dell’annullamento della procedura di aggiudicazione e conseguentemente il rigetto della domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento e di risarcimento dei danni per responsabilità contrattuale; ha dichiarato infine che si era formato il giudicato sulla pronuncia di rigetto della domanda di ingiustificato arricchimento proposta in primo grado da Cofatech; ha infine posto le spese del doppio grado di giudizio a carico di Cofatech.

3. Avverso la predetta sentenza del 23/3/2017, non notificata, con atto notificato il 17/4/2018 ha proposto ricorso per cassazione la Engie Servizi s.p.a., nuova denominazione di Cofely Italia s.p.a., già Cofatech Servizi s.p.a., svolgendo due motivi.

Con atto notificato il 22/5/2018 ha proposto controricorso la A.O. Ospedali Riuniti di Foggia, chiedendo il rigetto dell’avversaria impugnazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente denuncia nullità della sentenza e violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 112,113,163 e 345 c.p.c.

1.1. La sentenza impugnata ha ritenuto che il Giudice di primo grado, accogliendo la domanda di danni per responsabilità extracontrattuale, fosse incorso in ultrapetizione; secondo la ricorrente, invece, il Tribunale si era limitato ad esercitare il suo potere-dovere di qualificazione sotto il profilo giuridico della domanda risarcitoria, accolta perchè la Pubblica Amministrazione aveva concluso un contratto inefficace per effetto dell’annullamento in sede giurisdizionale da parte del Giudice amministrativo dell’atto di aggiudicazione dell’appalto.

1.2. Il motivo è fondato.

Il Giudice di primo grado, interpretando il contenuto dell’atto introduttivo del giudizio e in particolare la domanda subordinata proposta da Cofatech, con la quale l’attrice aveva chiesto il ristoro del pregiudizio relativo ai lavori eseguiti, opportunamente quantificati, e del mancato guadagno, per il caso, concretamente verificatosi, che il vincolo contrattuale fosse considerato nullo o annullato con effetto ex tunc, ha ritenuto che tale domanda configurasse una domanda di risarcimento del danno per responsabilità extracontrattuale e l’ha accolta, nonostante il riferimento, piuttosto generico, contenuto nelle conclusioni all’ingiustificato arricchimento o alla ripetizione di indebito.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il giudice di merito, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, non è condizionato dalle espressioni adoperate dalla parte ma deve accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non esclusivamente dal tenore letterale degli atti ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla medesima parte e dalle precisazioni da essa fornite nel corso del giudizio, nonchè dal provvedimento concreto richiesto, con i soli limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella proposta. Il relativo giudizio, estrinsecandosi in valutazioni discrezionali sul merito della controversia, è sindacabile in sede di legittimità unicamente se sono stati travalicati i detti limiti o per vizio della motivazione (Sez. 3, n. 13602 del 21/05/2019, Rv. 653921 – 01; Sez. 2, n. 7322 del 14/03/2019, Rv. 652943 – 01; Sez. 1, n. 29609 del 16/11/2018, Rv. 651655 – 02).

1.3. Nella fattispecie i fatti costitutivi rappresentati dalla Cofatech (nullità o annullamento retroattivo del vincolo contrattuale, dipendente da responsabilità della Pubblica amministrazione; parziale esecuzione dei lavori appaltati da parte dell’appaltatore confidante sulla validità del vincolo e del contratto di appalto; mancato guadagno; pregiudizi ulteriori) giustificavano la configurazione della sua domanda subordinata come volta ad ottenere una condanna della Pubblica Amministrazione per responsabilità precontrattuale ex art. 1338 c.c., a ciò non ostando il non vincolante e generico riferimento contenuto nelle conclusioni all’ingiustificato arricchimento ovvero alla ripetizione di indebito Occorre tener presente infatti il pertinente richiamo della ricorrente all’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, in progresso di tempo consolidatosi, secondo il quale l’erronea scelta del contraente di un contratto di appalto, divenuto inefficace e tamquam non esset per effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione da parte del giudice amministrativo, espone la P.A. a dover corrispondere il risarcimento dei danni per le perdite e i mancati guadagni subiti dal privato aggiudicatario; tale responsabilità non è qualificabile nè come aquiliana, nè come contrattuale in senso proprio, sebbene a questa si avvicini poichè consegue al contatto tra le parti nella fase procedimentale anteriore alla stipula del contratto, ed ha origine nella violazione del dovere di buona fede e correttezza.

Pertanto, il risarcimento del danno dovuto all’appaltatore va parametrato non già alla conclusione del contratto, bensì al c.d. interesse contrattuale negativo che copre sia il danno emergente, ovvero le spese sostenute, che il lucro cessante, da intendersi, però, non come mancato guadagno rispetto al contratto non eseguito ma in riferimento ad altre occasioni di contratto che la parte allega di avere perso (Sez.1, 25/07/2018, n. 19775; Sez. 1, 27/10/2017, n. 25644; Sez.1, 21/11/2011, n. 24438).

2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione degli artt. 112,345,333 e 346 c.p.c. e art. 2909 c.c.

2.1. La Corte barese ha ritenuto che il Tribunale avesse accolto una domanda risarcitoria da illecito aquiliano non proposta e avesse rigettato la domanda di ingiustificato arricchimento; viceversa il Tribunale non ha affatto richiamato l’art. 2043 c.c. ma ha qualificato la domanda come di responsabilità precontrattuale ex art. 1338 c.c.. In ogni caso l’attrice, vittoriosa in primo grado, non aveva l’onere di proporre appello incidentale o di riproporre la questione ex art. 346 c.p.c..

2.2. La doglianza resta assorbita.

Appare superfluo quindi osservare che secondo la stessa Corte territoriale, la domanda subordinata proposta da Cofatech per il caso di ritenuta nullità del contratto di appalto intercorso con l’Azienda Ospedaliera era una domanda di ingiustificato arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c., dovendosi attribuire dirimente rilievo al riferimento a tale istituto contenuto nelle conclusioni dell’attrice (che, per vero, si riferivano alternativamente anche alla ripetizione di indebito).

La Corte territoriale assume che tale domanda sarebbe stata rigettata dal Tribunale, laddove questo ha affermato che tale domanda non era prospettabile, sicchè sul punto si sarebbe formato il giudicato.

In realtà, il Tribunale di Bari – mal interpretando la domanda subordinata in questione, secondo l’opinione della Corte di appello – l’ha qualificata come domanda di risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale e l’ha accolta, accordando alla Cofatech il bene della vita che essa aveva richiesto con lo strumento processuale.

La domanda subordinata non è stata rigettata ma reinterpretata e riqualificata e accolta.

3. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazione all’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, con rinvio anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte di appello di Bari in diversa composizione.

P.Q.M.

LA CORTE

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2019

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