Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24065 del 26/09/2019

Cassazione civile sez. I, 26/09/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 26/09/2019), n.24065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12201/2018 proposto da:

Autostrade Meridionali Spa – Sam in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Sistina 121

presso lo studio dell’avvocato Giovanna Corrias Lucente e

rappresentata e difesa dall’avvocato Orazio Abbamonte e

dall’avvocato Luigi Maria D’Angiolella, in forza di procura speciale

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.R., elettivamente domiciliato in Roma, Via Vittorio

Emanuele II 18, Studio Grez, e rappresentato e difeso dall’avvocato

Alessandro Marotta, in forza di procura speciale su foglio separato

in calce al controricorso;

– controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1269/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 20/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/07/2019 dal Consigliere UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI;

udito l’Avvocato MARIO SPINELLI in forza di delega dell’avv. ORAZIO

ABBAMONTE, e l’avvocato ALESSANDRO MAROTTA,;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale DE RENZIS

LUISA, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e

l’accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato il 22/6/2012, rubricato a r.g. 2867/12, S.R. ha adito la Corte di appello di Napoli nei confronti della s.p.a. Autostrade Meridionali (di seguito: SAM), proponendo opposizione alla stima avverso la determinazione dell’indennità di acquisizione sanante D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 42 bis fissata nel decreto del 19/4/2012 del Dirigente dell’Ufficio Espropriazioni della società, in quanto ritenuta inadeguata, relativamente ad un’area di 250 m.q. facente parte della particella (OMISSIS), foglio (OMISSIS), inclusa in complesso immobiliare di sua proprietà in (OMISSIS), costituito da diversi fabbricati ed altri manufatti con connesse aree scoperte, confinante con l’autostrada Napoli-Pompei-Salerno.

L’attore faceva presente che la particella 212 era costituita da una villa di particolare pregio su tre livelli, che le particelle 209,210 e 211 costituivano il parco della villa e che le particelle 213 e (OMISSIS) erano costituite da ulteriore fabbricato di civile abitazione su tre livelli al servizio della villa e da un’area giardino; l’acquisizione sanante era conseguita all’occupazione di urgenza della predetta area per la realizzazione della terza corsia autostradale, irreversibilmente occupata e trasformata.

Si è costituita in giudizio SAM, eccependo il difetto del giurisdizione e la tardività dell’opposizione e chiedendo comunque il rigetto della domanda. L’ANAS s.p.a. è invece rimasta contumace.

Con distinto atto di citazione notificato a SAM e ANAS, S.R. ha provveduto a riassumere dinanzi alla stessa Corte napoletana il giudizio proposto innanzi al TAR e avente ad oggetto il risarcimento del danno per illegittima occupazione dell’immobile; in tale giudizio il TAR, in vista dell’emissione nelle more del decreto di acquisizione sanante, preso atto del mutamento della domanda da risarcitoria a indennitaria, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario.

Tale procedimento, rubricato al n. r.g. 5148/2013 era stato riunito al precedente, con la conseguente istruttoria mediante consulenza tecnica d’ufficio.

La Corte di appello di Napoli con sentenza del 20/3/2018 ha accolto l’opposizione, determinando l’indennità D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 42 bis in complessivi Euro 337.108,77, condannando i resistenti al versamento di tali somme, sotto detrazione di quanto già versato, con interessi legali dalla data del decreto e vittoria di spese processuali e degli oneri di consulenza tecnica per l’attore S..

2. Avverso la predetta sentenza del 20/3/2018 ha proposto ricorso per cassazione SAM, con ricorso notificato il 20/4/2018, svolgendo quattro motivi.

Con atto notificato il 15/5/2018 ha proposto controricorso e ricorso incidentale S.R., chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione e instando, a sua volta, con il supporto di due motivi, per la cassazione della sentenza.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I primi due motivi di ricorso principale, ambedue dedicati alla qualificazione del terreno espropriato come pertinenziale, appaiono connessi e possono quindi essere trattati congiuntamente.

1.1. Con il primo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la ricorrente SAM denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 817 e segg. c.c. e si duole di error in iudicando e in procedendo.

Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata aveva errato nel ritenere che la porzione di terreno occupato costituisse pertinenza della casa principale, mentre si trattava di una distinta porzione immobiliare, solo adiacente, la cui ablazione non aveva prodotto un deprezzamento del restante complesso.

La casa insistente sulla proprietà S. era dotata di varie aree pertinenziali (giardino, accessi, piscina, garages, fontane) e con essa confinante si trovava una distinta proprietà, autonoma sul piano catastale e urbanistico, su cui era avvenuta l’acquisizione della porzione di 220 m.q., affittata a terzi. L’unità di fatto tra le due proprietà non era stata motivata, come pure la volontà effettiva del proprietario di istituire un nesso di complementarietà.

Inoltre, la nozione di pertinenza applicata era erronea perchè la sentenza aveva rilevato l’esistenza dell’elemento oggettivo della contiguità e aveva colto l’elemento soggettivo nella volontà del proprietario, senza indicare da dove questo fosse stato ricavato.

Era chiara invece la volontà del proprietario di non destinare quel bene al servizio della casa principale perchè il terreno occupato era diviso dalla proprietà principale da un muro realizzato dallo stesso proprietario e faceva parte di un complesso affittato a terzi.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso principale (indicato erroneamente come terzo), proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione a precise disposizioni fiscali e tributarie e error in iudicando e in procedendo.

La ricorrente osserva che l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 38/2005 e la risoluzione 16/2/2006 n. 32, ha ritenuto che un’area scoperta autonomamente censita a catasto terreni non potesse essere considerata pertinenza di un fabbricato urbano anche se durevolmente destinata a servizio o ornamento del bene principale; aggiunge inoltre che le regole fiscali, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte, di appello, rilevano ai fini dell’attribuzione di una risorsa pubblica qual è l’indennizzo per espropriazione per pubblica utilità.

1.3. A quest’ultimo proposito, la violazione di legge denunciata non è neppure ipotizzabile con riferimento a circolari amministrative, nè si scorge quale sarebbe il fatto che il giudice del merito avrebbe omesso di esaminare.

In ogni caso, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la natura pertinenziale di un’area rispetto ad un fabbricato deve essere valutata anche ai fini tributari sulla base della sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi di cui all’art. 817 c.c., mentre resta irrilevante, in detta ipotesi, il regime di edificabilità attribuito dallo strumento urbanistico a tale area (Sez. 6-5, 24/01/2019, n. 2128).

1.4. La valutazione espressa dal giudice del merito circa la sussistenza del rapporto pertinenziale fra un bene principale e uno accessorio, correttamente declinata secondo i principi che astrattamente governano la materia, non può essere sindacata in sede di legittimità, se non per vizi di motivazione.

Nel rapporto pertinenziale il collegamento tra la res principale e quella accessoria è preso in considerazione dalla legge non già come connessione materiale, ma come relazione economico-giuridica di strumentalità e complementarietà funzionale.

Ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale, in particolare, è necessaria la presenza sia del requisito soggettivo, consistente nella effettiva volontà del titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni collegati, di destinare uno al servizio o all’ornamento dell’altro, sia di quello oggettivo della contiguità, anche solo di servizio, tra i due cespiti, con la precisazione che il bene accessorio deve arrecare una utilità al bene principale e non (o almeno non solo), al proprietario dello stesso (Sez.3, 08/02/2016, n. 2372; Sez. 2, 20/01/2015, n. 869).

L’accertamento in ordine alla sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi che caratterizzano il rapporto pertinenziale fra due immobili e consistenti nella volontaria e permanente destinazione di uno di essi al servizio dell’altro comporta un giudizio di fatto che, come tale, è incensurabile in sede di legittimità se espresso con motivazione adeguata ed immune da vizi logici (Sez.1, 16/05/2018, n. 11970; Sez. 3, 04/03/2014, n. 502; Sez. 2, 02/03/2006, n. 4599; Sez. 1, 11/11/1996, n. 9845).

1.5. Ovviamente tale vizio motivazionale deve essere dedotto nel rispetto delle regole che attualmente disciplinano tale mezzo di censura e nel caso, quindi, nel rispetto del testo novellato dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Tale disposto, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv., con modificazioni, in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. Un., 22/09/2014, n. 19881; Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053).

Secondo le Sezioni Unite, la predetta riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, permette tuttora di denunciare in cassazione l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 – 01).

1.6. Il ricorrente sostiene che la Corte di appello non ha preso in considerazione alcuni elementi decisivi che impedivano di considerare l’area in questione come pertinenza del fabbricato di civile abitazione al servizio della villa e quindi pertinenza della villa stessa, nel contesto di un unico complesso padronale: ossia che il fabbricato di civile abitazione su tre livelli era di tipo economico, ed era affittato a terzi, senza alcun accordo con costoro ed inoltre che esisteva una divisione effettiva con un muro che separava la proprietà adiacente dalla casa principale.

Il fatto che l’immobile di civile abitazione sia affittato a terzi sarebbe “evidente in giudizio”, ma tale circostanza, che avrebbe indubbiamente un peso molto significativo, se non anche decisivo, non risulta dalla sentenza impugnata nè la ricorrente indica specificamente quale evidenza probatoria lo conforterebbe.

1.7. La Corte di appello ha dato atto della diversità dei dati catastali e ha fatto riferimento alla relazione peritale, affermando che il Consulente ha riconosciuto l’esistenza di un compendio intero, caratterizzato da una unitarietà di fatto attraverso un collegamento funzionale e materiale fra le varie unità che lo compongono.

In particolare la porzione ablata svolgerebbe, secondo il C.t.u. e la sentenza che ne ha recepito le valutazioni, una funzione pertinenziale rispetto al fabbricato su tre piani, a sua volta posto al servizio della villa padronale.

La Corte di appello assume così che le due porzioni immobiliari adiacenti, ossia la villa con terreni circostanti e volumi accessori e il fabbricato su tre livelli di tipo economico, sono unificate di fatto in un intero compendio grazie a un “collegamento materiale e funzionale”, con affermazione priva di ogni concretezza e capacità esplicativa: non è dato cioè comprendere in quali strutture e manufatti si concretizzi il predetto “collegamento materiale”; nè, ancor meno, quali funzioni siano state assegnate alle specifiche strutture, manufatti ed aree, sì da potersi apprezzare il ravvisato “collegamento funzionale” che in tal modo si risolve nell’attribuzione di una etichetta vacua di contenuto.

Dalla sentenza impugnata risulta inoltre che il fabbricato di civile abitazione su tre livelli è di tipo economico (pag.5, terzo capoverso) e che esiste un muro di separazione tra area occupata e fabbricato (pag.6, quarto capoverso).

Tale circostanza, piuttosto specifica, se non è incompatibile con la funzione pertinenziale dell’area separata dal muro, perlomeno appare conciliabile solo attraverso una concreta analisi della situazione di fatto, e viene superata dalla Corte partenopea con una motivazione meramente apparente; la Corte territoriale osserva cioè che il nesso pertinenziale opera “sul piano funzionale e non materiale”, senza spiegare, cioè, per quali ragioni una porzione immobiliare separata da un muro può assolvere – e assolva nel caso concreto – la funzione di servizio rispetto al bene principale (fabbricato di tipo economico, a sua volta ritenuto, senza migliori delucidazioni, genericamente al servizio della villa) e tantomeno quale sia la funzione di servizio assolta.

Trattasi di formula vuota e mera clausola di stile, sprovvista di un reale contenuto motivazionale, capace cioè di spiegare perchè un’area adiacente ad un fabbricato di civile abitazione di tipo economico, non edificabile, prossima all’autostrada e pertanto gravata dal vincolo di fascia di rispetto, possa essere considerata collegata intimamente ad una villa padronale di prestigio al punto da riflettere parzialmente della sua valutazione e di determinare ripercussioni sul valore di mercato del bene immobiliare di prestigio.

2. Con il terzo motivo di ricorso principale (indicato erroneamente come quarto), proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 4 e art. 32, comma 1, e error in iudicando e in procedendo.

La sentenza, secondo SAM, non ha affrontato un tema decisivo trattato in giudizio, ossia la collocazione dei terreni in questione in fascia di rispetto autostradale, cosa che rendeva il terreno legalmente inedificabile e incideva sulla sua valutazione; di ciò non era stato tenuto conto dalla Corte che aveva valutato il terreno ben 264 Euro al m.q. ossia un valore congruo per terreni edificabili.

Il motivo resta assorbito, poichè la decisione impugnata non ha ritenuto che l’area in questione fosse edificabile e ne ha stimato il potenziale valore economico quale area pertinenziale al servizio del complesso immobiliare, come componente del potenziale valore economico di compravendita della villa, prescindendo dalla destinazione urbanistica del terreno.

3. Con il terzo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 98 e 92 c.p.c. e error in iudicando e in procedendo. Secondo la ricorrente la condanna alle spese era erronea perchè la domanda dell’attore era stata accolta solo parzialmente e ridotta dell’80% in sentenza.

Il motivo resta assorbito per effetto dell’accoglimento del ricorso principale.

4. Con il primo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360,n. 3, c.p.c., il ricorrente S.R. denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, commi 1, 5 e 3 e art. 50.

4.1. Il ricorrente si lamenta che la decisione della Corte partenopea abbia riconosciuto l’indennizzo per il pregiudizio non patrimoniale e quello per l’occupazione senza titolo in misura inferiore a quella dovuta, con riferimento cioè al solo valore dell’area occupata e quindi senza considerare il deprezzamento del valore degli altri immobili residui, contestualmente riconosciuto.

4.2. Il predetto profilo del motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso principale, che rimette in discussione il vincolo pertinenziale fra la porzione di terreno acquisita e il resto del complesso immobiliare e in particolare la villa padronale.

4.3. Il ricorrente incidentale osserva inoltre che anche il periodo di durata dell’occupazione senza titolo, dopo la scadenza del periodo di occupazione legittima, era stato calcolato dal C.t.u. e quindi dalla Corte di appello in modo erroneo, perchè esso avrebbe dovuto comprendere il periodo dal 31/5/2006 al 19/4/2012 (data del provvedimento di acquisizione sanante prodotto in giudizio da entrambe le parti) e non già quello solo sino al 23/9/2010 (data di un decreto emesso dalla SAM e fondato sul D.P.R. n. 327 del 2001, art. 43 dichiarato incostituzionale).

4.4. In effetti la Corte Costituzionale, con sentenza 8/10/2010, n. 293 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 43 per eccesso dall’ambito dei principi e criteri direttivi stabiliti dalla legge-delega, che aveva conferito, sul punto, al legislatore delegato il potere di provvedere soltanto ad un coordinamento “formale” relativo a disposizioni “vigenti”.

L’art. 42 bis prevede che le sue disposizioni trovino altresì applicazione ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore ed anche se vi è già stato un provvedimento di acquisizione successivamente ritirato o annullato, ma che debba essere comunque rinnovata la valutazione di attualità e prevalenza dell’interesse pubblico a disporre l’acquisizione; in tal caso, le somme già erogate al proprietario, maggiorate dell’interesse legale, sono detratte da quelle dovute ai sensi del nuovo articolo.

Quindi è alla data del provvedimento del 19/4/2012 che occorreva far riferimento per determinare il momento dell’acquisizione del bene.

Il primo motivo di ricorso incidentale merita quindi accoglimento in limitato riferimento a questo secondo profilo.

5. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 50.

5.1. La Corte di appello aveva omesso di liquidare l’indennità di occupazione legittima per il periodo febbraio 2002 (data di immissione in possesso) – maggio 2006 (data di dichiarazione di pubblica utilità), date incontroverse e puntualmente indicate nel provvedimento del 19/4/2012.

5.2. Il motivo, configurato come violazione di legge, in sostanza deduce vizio di omessa pronuncia su di una domanda proposta in giudizio, ex art. 360 c.p.c., n. 4 e art. 112 c.p.c..

Il ricorrente incidentale dà conto con precisione degli atti processuali con cui aveva proposto la relativa domanda (atto di opposizione r.g.2867/2012, pag.7, docomma 1 del fascicolo di parte; atto di citazione in riassunzione r.g. 5148/2013, pag.8, lett. a), docomma 1 del fascicolo di parte).

La Corte di appello, in violazione del dovere di pronunciare su tutte le domande propostegli ha omesso di esaminare tale richiesta.

Il motivo di ricorso, così riconfigurato alla luce del suo tenore sostanziale, va pertanto accolto.

6. L’accoglimento del primo motivo di ricorso principale e del secondo profilo del primo motivo e del secondo motivo di ricorso incidentale determina la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e il rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso principale, respinto il secondo e assorbiti il terzo e il quarto, nonchè il primo motivo, nei sensi di cui in motivazione, assorbito nel resto, e il secondo motivo del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA