Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24065 del 24/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24065 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: ACIERNO MARIA

Data pubblicazione: 24/10/2013

ORDINANZA
sul ricorso 2403-2013 proposto da:
MARK PETER, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
VATICANO 48, presso lo studio dell’avvocato MARIELLA
STEFANO, rappresentato e difeso dagli avvocati GIOSUE’
CATALDO, MICHELETTA TITA’ DANIELE, giusta procura in
calce al ricorso;

ricorrente –

,

contro

.9-2(

MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585;

– intimato avverso la sentenza n. 113/2012 della CORTE D’APPELLO di
TORINO del 21.2.2012, depositata il 17/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/04/2013 dal Consigliere Relatore Doti MARIA ACIERNO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.

k
Ric. 2013 n. 02403 sez. MI – ud. 23-04-2013
-2-

IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA
DECISIONE

Con la pronuncia impugnata, la Corte d’appello di Torino,
confermando la decisione del giudice di primo grado ha respinto la

Mark Peter di nazionalità liberiana.
A sostegno della decisione assunta, la Corte ha affermato che i fatti
narrati dal richiedente, presentavano gravi incongruenze cronologiche
in ordine alle dedotte persecuzioni e violenze perpetrate nei confronti
suoi e dei familiari, nelle diverse versioni dal medesimo fornite.
Inizialmente tali fatti venivano ricondotti al 2005 quando il Mark Peter
si trovava già in Italia. Inoltre le condizioni obiettive della Liberia
erano cambiate nel tempo trascorso tra la collocazione (2004-2005) dei
fatti e la proposizione della domanda di protezione internazionale
(5/11/2009). I fatti narrati (persecuzione dovuta al rifiuto di
assassinare esseri umani a fine di sacrifici rituali) si manifestavano,
peraltro, intrinsecamente esorbitanti ed inattendibili. Infine, le cicatrici
riscontrate sul corpo del richiedente non erano verosimilmente
riconducibili ai fatti narrati soprattutto in considerazione
dell’intempestiva richiesta di protezione internazionale.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino
straniero affidandosi ad un unico motivo nel quale ha censurato, sotto
il profilo della violazione dell’art. 8 del d.lgs n. 25 del 2008 e dell’art. 3
d.lgs n. 251 del 2007, l’omesso esercizio da parte del giudice del merito
dei propri poteri istruttori officiosi al fine di verificare la credibilità
delle dichiarazioni da esso rese sui fatti di persecuzione e violenza
subiti.

Ric. 2013 n. 02403 sez. MI – ud. 23-04-2013
-3-

domanda di protezione internazionale proposta dal cittadino straniero

Ti motivo è infondato. Il richiamo degli orientamenti, ormai
consolidati, della giurisprudenza di legittimità relativa ai poteri-doveri
d’integrazione officiosa istruttoria del giudice del merito nei
procedimenti relativi alle domande di protezione internazionale,
viene svolto dal ricorrente in via astratta senza alcuna concreta

ricorrente così come svolta dalla Corte d’Appello né della situazione
oggettiva attuale della Liberia in correlazione con quella descritta al
momento della collocazione cronologica dei fatti.
Nella specie, la Corte d’Appello ha messo radicalmente in dubbio la
credibilità delle dichiarazioni del richiedente, applicando in concreto gli
indici stabiliti nell’art. 3 del d.lgs n. 251 del 2007. E’ stato infatti
riscontrato uno iato temporale di quattro anni tra l’ingresso in Italia e
la proposizione della domanda, peraltro in mancanza di una valida
giustificazione in ordine alla non tempestività (art. 3, quinto comma,
lettere c,d,e,d.lgs n. 251 del 2007) della sua proposizione. E’ stata,
inoltre, contestata la grave incoerenza temporale nella collocazione
cronologica dei fatti, con particolare riferimento alla prima versione
fornita dal cittadino straniero, nella quale si riferiscono fatti di
persecuzione e violenza come accaduti nel 2005 quando il cittadino
straniero era già nel nostro territorio ponendosi in evidenza l’intrinseca
non credibilità della tipologia di circostanze narrate. Su tali specifiche
critiche relative alla veridicità delle dichiarazioni del ricorrente peraltro
prospettate secondo i parametri di credibilità stabiliti nell’art. 3
sopracitato, nel ricorso viene solo genericamente dedotta la necessità
di provvedere all’integrazione officiosa delle informazioni relative alla
situazione generale della Liberia. Ma la specificità delle censure relative
all’attendibilità delle dichiarazioni, ed in particolare quelle riguardanti il
ritardo ingiustificato nella richiesta e l’incoerenza cronologica rispetto
Ric. 2013 n. 02403 sez. M1 – ud. 23-04-2013
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contestazione della ricostruzione della credibilità delle dichiarazioni del

all’arrivo in Italia non possono in alcun modo venire superate
dall’integrazione istruttoria richiesta. Ciò che è stato radicalmente
posto in dubbio con valutazione di merito, incensurabile in sede di
giudizio di legittimità, peraltro in assenza della formulazione del vizio
ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., è l’effettivo verificarsi delle persecuzioni

Risultano, pertanto, pienamente rispettati i principi indicati da Codesta
Corte secondo i quali :
“In tema di protezione internazionale, la valutazione della credibilità
soggettiva del richiedente deve essere svolta alla stregua dei criteri
stabiliti nell’art. 3, quinto comma, del d.lgs. n. 251 del 2007 (verifica
dell’effettuazione di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la
domanda; deduzione di un’idonea motivazione sull’assenza di riscontri
oggettivi; non contraddittorietà delle dichiarazioni rispetto alla
situazione del paese; presentazione tempestiva della domanda;
attendibilità intrinseca), non sulla base della mera mancanza di riscontri
oggettivi,”(Cass. 16202 del 2012).
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso.
Così deciso nella camera di consiglio del 24 aprile 2013

Il presi

e violenze narrate a causa delle precise incongruenze evidenziate.

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