Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24055 del 26/09/2019
Cassazione civile sez. I, 26/09/2019, (ud. 24/06/2019, dep. 26/09/2019), n.24055
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11231/2014 proposto da:
M.M., in proprio e nella qualità di procuratore
generale di M.V., elettivamente domiciliata in Roma,
Via C. Colombo n. 436, presso lo studio dell’avvocato Caruso
Biancamaria, rappresentata e difesa dagli avvocati Mancuso Calogero,
Mancuso Marcello, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Comune di San Cataldo, in persona del Commissario straordinario pro
tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria
Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso
dall’avvocato Lo Presti Giacomo, giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 239/2013 della CORTE D’APPELLO di
CALTANISSETTA, depositata il 25/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
24/06/2019 dal Cons. Dott. MELONI MARINA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
I signori M.M. e M.V. proprietari di un terreno sito nel Comune di (OMISSIS) sottoposto a occupazione d’urgenza ed espropriazione da parte del Comune per la realizzazione di area adibita a parcheggio, a verde e verde attrezzato, proposero opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione. A seguito dell’opposizione la Corte di Appello di Caltanissetta ritenne infondata la domanda di pagamento di una maggiore somma, in considerazione della natura non edificatoria del suolo e della congrua ed adeguata determinazione della stima già effettuata e versata.
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Caltanissetta, hanno proposto ricorso per cassazione M.M. e M.V. affidato a due motivi e memoria. Il Comune di San Cataldo resiste con controricorso e memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 37 e 40, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello ha ritenuto che l’area espropriata avesse natura non edificabile e che il vincolo a verde attrezzato e parcheggi fosse conformativo come afferma il Comune e non invece vincolo espropriativo.
Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la Corte di Appello non ha considerato che il Comune aveva offerto di acquistare il bene al valore di mercato nonchè la mancata rispondenza tra vincolo imposto e le caratteristiche obiettive del bene in contesto edificato a saturazione nel pieno centro urbano della città di (OMISSIS) e che in base allo strumento urbanistico vigente, l’area era suscettibile di destinazioni edificatorie.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Occorre premettere (Sez. 1 Ordinanza n. 16084 del 18/06/2018) che in riferimento alla edificabilità del suolo “La distinzione tra vincoli conformativi ed espropriativi cui possono essere assoggettati i suoli, non dipende dal fatto che siano imposti mediante una determinata categoria di strumenti urbanistici, piuttosto che di un’altra, ma deve essere operata in relazione alla finalità perseguita in concreto dell’atto di pianificazione: ove mediante lo stesso si provveda ad una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, il vincolo ha carattere conformativo, mentre, ove si imponga solo un vincolo particolare, incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un’opera pubblica, lo stesso deve essere qualificato come preordinato alla relativa espropriazione e da esso deve, pertanto, prescindersi nella qualificazione dell’area, e ciò in quanto la realizzazione dell’opera è consentita soltanto su suoli cui lo strumento urbanistico ha impresso la correlativa specifica destinazione, cosicchè, ove l’area su cui l’opera sia stata in tal modo localizzata abbia destinazione diversa o agricola, se ne impone sempre la preventiva modifica.
In ordine alla natura non edificatoria dell’area in questione, la Corte ha accertato che “la destinazione a verde, a parcheggio o verde attrezzato è stata disciplinata in via generale dal PRG del Comune sicchè il fondo non può essere considerato edificabile solo perchè altri fondi nelle vicinanze sono stati edificati”.
Pertanto, la censura relativa alla qualificazione dell’area come edificabile è infondata oltre che inammissibile in quanto la Corte ha motivato congruamente in modo immune da vizi logici e giuridici.
In ordine al secondo motivo di ricorso occorre considerare che l’area è stata valutata secondo il metodo di stima sintetico-comparativo, cioè quello che più di ogni altro risponde ai criteri di legge, a norma dei quali occorre accertare quale sarebbe stato presumibilmente il prezzo del bene espropriato alla data di riferimento, in base al punto di incontro della domanda e dell’offerta di beni similari, quale che ne fossero le ragioni.
Alla luce delle modalità applicative in concreto del criterio di stima sintetico-comparativo applicabile sia ai beni edificabili che a quelli inedificabili, il giudice di merito ha valutato le caratteristiche specifiche del bene espropriato e dei beni assunti a termine di paragone (per estensione, posizione, collegamenti con reti viarie, esistenza di infrastrutture, ecc.) con accertamento di fatto insindacabile e congruamente motivato, non adeguatamente censurato dal ricorrente, il quale ha impropriamente invocato in questa sede una diversa valutazione delle risultanze probatorie e, in sostanza, ha criticato la sufficienza del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base della decisione, ipotesi integrante un vizio motivazionale ormai estraneo all’ambito applicativo dell’art. 360, n. 5 citato.
Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere respinto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore dei controricorrenti che si liquidano in Euro 5.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 24 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2019