Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24050 del 12/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 12/10/2017, (ud. 19/05/2017, dep.12/10/2017),  n. 24050

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16380-2016 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ASIAGO 8,

presso lo studio dell’avvocato GUIDO ALFONSI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

P.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 128/2016 del TRIBUNALE di PESCARA, depositata

il 28/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Preso atto che il Consigliere relatore Dott. Scalisi A. ha proposto

che la controversia fosse trattata in Camera di Consiglio non

partecipata della Sesta Sezione Civile di questa Corte, ritenendo il

ricorso infondato perchè la decisione impugnata ha adeguatamente

valutato i dati processuali ed applicata correttamente la normativa

richiamata.

La proposta del relatore è stata notificata alle parti.

Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe.

Il Collegio:

Fatto

PREMESSO IN FATTO E IN DIRITTO

Che:

S.F. con ricorso del 22 giugno 2016 ha chiesto a questa Corte, la cassazione della sentenza n. 128 del 2016, con la quale il Tribunale di Pescara confermava la sentenza del Giudice di Pace di Pescara il quale aveva rigettato la domanda proposta dall’attuale ricorrente in ordine al preteso illegittimo uso da parte di P.M. dell’area cortilizia comune, con la sosta prolungata del proprio furgone Ape rosso. Secondo il Tribunale di Pescara S. non aveva fornito alcuna prova nè di una utilizzazione dell’area comune che escludesse l’altro comunista nè della circostanza allegata delle difficoltà di manovra, da parte dell’appellante, nell’accesso alla rimessa a causa della presenza in sosta dell’Ape.

La cassazione è stata chiesta per due motivi: a) Insufficiente ovvero contraddittoria motivazione della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. B) per violazione e falsa applicazione di una norma di diritto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e art. 1102 c.c..

P.M. in questa fase non ha svolto attività giudiziale.

In prossimità dell’udienza camerale il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

1.1 – Entrambi i motivi, che vanno esaminati congiuntamente per l’innegabile connessione che esiste tra gli stessi, sono infondati.

Va qui precisato che il ricorrente pur denunciando un omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione, sostanzialmente censura un’errata valutazione delle prove acquisite al processo non proponibile nel giudizio di cassazione. Senza dire che l’ordinanza del Tribunale di Pescara n. 1683/13 RG. di parziale accoglimento di un ricorso possessorio cui si riferisce il ricorrente, non appare in contrasto con quanto deciso dalla sentenza impugnata posto che quell’ordinanza ordinava al P. di rimuovere i blocchi di cemento indicati in ricorso (…) e facendo altresì divieto di occupazione della medesima area con apposizione di laterizi in modo stabile, mentre il giudizio per cui è causa riguarda il parcheggio stabile dell’Ape Piaggio di colore rosso presso il cortile comune.

In ordine alla denunciata insufficiente e contraddittoria motivazione, va qui detto che il ricorrente non tiene conto che il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. ha limitato la possibilità della denuncia dei vizi di motivazione che consentono l’intervento della Corte di Cassazione al solo al caso di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Il cambiamento operato dalla novella è netto, dal momento che dal previgente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, viene eliminato non solo il riferimento alla “insufficienza” ed alla “contraddittorieta”, ma addirittura la stessa parola “motivazione”. Può quindi affermarsi che la nuova previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, legittima solo la censura per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, non essendo più consentita la formulazione di censure per il vizio di “insufficiente” o “contraddittoria” motivazione. Nè a diverso opinamento può pervenirsi nella considerazione che la censura per “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, potrebbe trovare ingresso, dando prevalenza all’aspetto sostanziale più che a quello letterale e formale del mezzo e quindi prescindendo dalla inidoneità della, formulazione, ostandovi l’evidente prospettiva della novella, introdotta dal Legislatore al fine di ridurre l’area del sindacato di legittimità sui “fatti”, escludendo in radice la deducibilità di vizi della logica argomentazione (illogicità o contraddittorietà), che non si traducano nella totale incomprensibilità dell’argomentare.

Piuttosto il Tribunale di Pescare ha chiarito che “(….) correttamente il primo giudice aveva valutato le risultanze istruttorie (in particolare della prova testimoniale) concludendo che il S. non aveva fornito alcuna prova nè di una utilizzazione dell’area comune che escludesse l’altro comunista nè della circostanza allegata della difficoltà di manovra da parte dell’appellante nell’accesso alla rimessa a causa della presenza, in sosta, dell’Ape (…)”. Appare di tutta evidenza, dunque che il Tribunale ha rigettato la domanda del S. perchè questi non ha dimostrato i fatti posti a fondamento della propria domanda e considerato che neppure in questa sede il S. indica prove non valutate dal Tribunale che avrebbero potuto determinare una decisione diversa, tanto basta per escludere le violazioni di legge (in particolare la violazione della norma di cui all’art. 1102 c.c. denunciate dal ricorrente.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere al regolamento delle spese posto che la parte intimata, in questa sede non ha svolto attività giudiziale. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1-bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso, dà atto che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso le a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2017

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