Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24049 del 16/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/11/2011, (ud. 04/07/2011, dep. 16/11/2011), n.24049

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31474/2007 proposto da:

THE GREEN PUB MUSIC DI ELMET GIULIANO & C. SAS in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA SAN

LEO 48/C, presso lo studio dell’avvocato BERNARDI ALESSIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CAMPO SALVATORE LORENZO, giusta

delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente con atto di costituzione –

sul ricorso 15236/2008 proposto da:

E.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA SAN LEO 48/C,

presso lo studio dell’avvocato BERNARDI ALESSIA, rappresentato e

difeso dall’avvocato CAMPO SALVATORE LORENZO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 61/2 006 della COMM.TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 25/10/2006 per il n. di r.g. 31474/07, avverso la

sentenza n. 16/2007, depositata il 13/04/2007 per il n. di r.g.

15236/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito per i ricorrenti l’Avvocato CAMPO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A. A seguito di verifica della G.d.F. sulla s.a.s. The Green Pub Music di Elmet Giuliano & C, gerente una discoteca, furono emessi gli avvisi di accertamento n. 825020200208, per maggiori IVA/1998 (81.990,12 Euro) e IRAP/1998 (17.954,62 Euro), e n. (OMISSIS) per maggiori IVA/1999 (83.901 Euro) e IRAP/ 1999 (8.598,99 Euro).

B. La CTP di Verbania (sent. n.58/02/04) respinse le contestazioni della società contribuente in ordine a quattro profili (contabilizzazione delle rimanenze, schede carburanti e per un autoveicolo, spese di rappresentanza, ammortamenti), accogliendo invece altri due rilievi (erronea applicazione dell’aliquota IVA, omessa registrazione dei ricavi).

C. La CTR – Piemonte (sent. 61/12/06 del 23/10/2006), accogliendo in parte il gravame dell’Ufficio, ha “…dichiarato principale l’attività di discoteca e ad essa accessorie le ulteriori svolte” e confermato nel resto la sentenza della CTP. D. I giudici d’appello, nel riformare la pronunzia di prime cure sull’aliquota IVA, hanno motivato la loro decisione ritenendo che la “domanda” dei frequentatori del locale gestito dalla S.a.s. fosse di preminente “intrattenimento” e che la corrispondente “offerta” principale dei gestori fosse solo integrata e completata da “servizio bar”, il che poneva quest’ultimo in rapporto di accessorietà rispetto al primo, il tutto a fini fiscali e secondo i dettami del D.M. 23 dicembre 1981, e della Corte CE (dee. C-76/99 dell’11/01/2001).

E. Diversamente, nel confermare la decisione di prime cure favorevole alla società contribuente circa l’omessa registrazione dei ricavi, hanno ritenuto che le incongruenze e le anomalie contabili rilevate (saldi di cassa negativi, finanziamenti di soci in parte ingiustificati, mancanza di sintonia fra registrazioni, etc.) erano si indici significativi di evasione fiscale, ma l’Ufficio avrebbe dovuto dichiarare inattendibile la contabilità per procedere ad accertamento induttivo ovvero analitico – induttivo, “invece di utilizzare i detti elementi a supporto di precisa presunzione, facilmente smentibile (come avvenuto) in base a documenti, i cui effetti hanno prodotto solo una quantomeno verosimile, con riferimento agli atti, duplicazione di ricavi”.

F. Il 6-7 dicembre 2007, la s.a.s. The Green Pub Music ha proposto ricorso per cassazione, affidato a unico motivo; l’Avvocatura dello Stato ha depositato, per l’Agenzia delle Entrate, atto di costituzione (privo di firma), ai fini della sola discussione ex art. 370 c.p.c..

G. Con altra pronunzia (sent. n.16/22/07 del 13 aprile 2007) la CTR – Piemonte ha accolto, invece, l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate e, in totale riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato legittimo l’avviso di accertamento emesso nei confronti di E.G., quale amministratore e socio per la quota dell’85% della s.a.s. The Green Pub Music, con il quale era stato rettificato, ai fini IRPEF il reddito di partecipazione dichiarato per l’anno 1998 dal contribuente, recuperando una maggiore imposta di Euro 161.005,44 oltre ad accessori vari.

H. Ha motivato la decisione premettendo che: a) in esito alla verifica della G.d.F. nei confronti della S.a.s. erano stati accertati per l’anno 1998 (PVC 28/ 03/2002) maggiori redditi d’impresa (anche ai fini della imputazione ai singoli soci) con emissione nei confronti della società di avviso di accertamento per recupero di maggiori IVA e IRAP; b) l’Ufficio finanziario aveva accertato i maggiori redditi della società in via induttiva ritenendo inattendibili le scritture contabili per le gravi irregolarità riscontrate (omessa trascrizione nella colonna del registro dei corrispettivi delle somme risultanti dalle distinte d’incasso compilate ai fini SIAE) anche in considerazione del sospetto di evasione d’imposta fondato sui perduranti e anomali saldi negativi di cassa (i soci effettuavano continuamente versamenti in contanti per ripianare la costante ed elevata esposizione bancaria, ciò che induceva a ritenere che tali somme costituissero corrispettivi non contabilizzati). In particolare, i maggiori redditi di impresa accertati, ritenuta prevalente la prestazione concernente l’esercizio della discoteca su quella accessoria del servizio bar, consìstevano nella omessa contabilizzazione degli importi corrispondenti al prezzo dei biglietti d’ingresso con prima consumazione, per i quali non veniva emesso scontrino fiscale.

I. Tutto ciò premesso, considerato inoltre che la vertenza sulla S.a.s. era stata decisa prima dei giudizi introdotti dai soci e che non era dato comprendere perchè i giudici di prime cure, pur disponendo del PVC redatto dalla G.d.F., avessero inteso ribaltare la decisione già emessa dalla CTP di Verbania per la S.a.s., la CTR ha ritenuto di accogliere l’appello proposto dall’Ufficio in quanto appariva “logico che la vicenda fondamentale in capo alla società si sia riversata sulle vicende particolari…relative ai singoli soci”.

J. Il 27 maggio 2008, E.G. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi; l’Avvocatura dello Stato ha depositato, per l’Agenzia delle entrate, atto di costituzione, ai fini della sola discussione ex art. 370 c.p.c..

K. In entrambi i giudizi, chiamati all’udienza pubblica odierna, hanno depositato similari memorie congiunte ex art. 378 c.p.c., la s.a.s. The Green Pub Music e i suoi soci ( E.G., E. B. e B.F.).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

01. La società, con unico motivo (ricorso 31474/2007), denuncia la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1973, art. 12, e art. 74, comma 6, nonchè dell’articolo unico e, in particolare del punto a) dell’allegata regolamentazione, D.M. 23 dicembre 1981. Nel quesito di diritto, interroga questa Corte chiedendo: “se, nella particolare fattispecie, avendo la società esercitato la specifica opzione per l’applicazione dell’imposta IVA nei modi ordinari, in conformità al disposto dell’ultimo periodo del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 6, ed in sostituzione del diverso regime disciplinato nei restanti periodi della stessa disposizione, è legittimo che la somministrazione di bevande, effettuata nello stesso locale durante lo svolgimento dell’intrattenimento danzante, non deve essere considerata operazione accessoria, in quanto le prestazioni fornite al bar esistono indipendentemente dallo svolgimento dell’attività spettacolistica e, quindi, ciascuna delle diverse prestazioni è soggetta al regime impositivo proprio; con la conseguenza che il corrispettivo riscosso nelle serate in cui viene scelto il sistema dell’ingresso libero e consumazione obbligatoria deve essere assoggettato al regime impositivo della somministrazione di alimenti e bevande”.

02. Il socio accomandatario, invece, dopo aver precisato (ricorso 15236/2008) di avere impugnato l’avviso di rettifica IRPEF/1998 per gli stessi motivi di fatto e di diritto dedotti dalla società con il ricorso proposto avverso gli avvisi di rettifica IRAP e IVA 1998, denuncia in primo luogo la violazione e falsa applicazione dell’art. 336 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, Nell’invocare il giudicato favorevole alla società in punto di maggior ricavi per l’anno d’imposta 1998, formatosi in forza della sent. CTR – Piemonte n. 61/12/06, ha evidenziato che la società è soccombente, in quel giudizio, esclusivamente sul capo relativo all’applicazione dell’aliquota IVA, oggetto dell’altro odierno ricorso, e che, pertanto, sulla questione inerente ai maggiori redditi a fini IRAP è caduto il giudicato, non essendo stato impugnato tale capo di sentenza dall’Ufficio. Pertanto, con idoneo quesito, invoca ex art. 336 c.p.c., l’effetto espansivo del giudicato predetto sul giudizio introdotto dal socio.

03. Inoltre, con il secondo motivo, E.G. denuncia vizio di contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5. Rileva il ricorrente che i giudici di appello, dopo avere affermato che “la vicenda fondamentale in capo alla società si riverbera sulle vicende particolari dei singoli soci”, hanno immotivatamente disatteso tale conclusione dichiarando legittimo l’avviso di rettifica IRPEF/1998 in danno del socio accomandatario, nonostante il correlato accertamento di rettifica ai fini IRAP relativo al medesimo anno 1998, notificato alla società di persone, fosse stato annullato con sentenza della CTP di Verbania confermata dalla sentenza della CTR – Piemonte n. 61/12/2006.

04. Con altro rilievo, contenuto nelle memorie, la società, il socio accomandatario e i due soci accomandanti invocano congiuntamente “l’effetto espansivo della sentenza n. 61/12/06 emessa dalla CTR di Torino, divenuta irrevocabile per passaggio in giudicato, a seguito di asserita mancata impugnazione sul capo degli annullati, anche in grado di appello, presunti maggiori ricavi accertati ai fini dell’imposta IVA ed IRAP degli anni d’imposta 1998 e 1999”.

05. Ritengono, infatti, che “tale sentenza esplica effetti definitivi non soltanto mediante diretto riferimento al presunto maggior reddito di partecipazione, portato dall’accertamento emesso per l’anno d’imposta 1998 a carico del socio E.G. e deciso con sentenza n. 16/22/07 della CTR di Torino, anche esplica effetti irrevocabili sul capo dei presunti maggiori ricavi accertati, ai fini dell’imposta IVA, ILOR ed IRAP per gli anni dal 1996 al 1999, e confermati con le sentenze n.15-17-18-19 dell’anno 2007, tutte emesse dalla sezione 22 della CTR di Torino e depositate il 13/04/2007”.

06. Preliminarmente i due ricorsi, che presentano evidenti margini d’interferenza, devono essere riuniti.

L’istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall’art. 274 c.p.c., in quanto volto a garantire l’economia ed il minor costo dei giudizi, oltre alla certezza del diritto, risulta comunque applicabile anche in sede di legittimità, in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi, in ossequio al precetto costituzionale della ragionevole durata del processo, cui è funzionale ogni opzione semplificatoria ed acceleratorìa delle situazioni processuali che conducono alla risposta finale sulla domanda di giustizia, ed in conformità dal ruolo istituzionale della Corte di cassazione, che, quale organo supremo di giustizia, è preposta proprio ad assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonchè l’unità del diritto oggettivo nazionale (cfr., in generale, Sez. Un., n.18125 del 2005 e n.18050 del 2010; v., sul processo tributario, Cass. n.3830 del 2010).

07. Ciò posto, va dichiarata l’inammissibilità delle memorie ex art. 378 c.p.c., sia riguardo a tutti i soci nel giudizio su IRAP e IVA societarie, sia riguardo alla società e ai soci accomandanti nel giudizio relativo all’IRPEF del solo socio accomandatario.

08. In entrambi i casi, si tratta di soggetti non presenti nelle precedenti fasi processuali. In proposito, si rileva che è inammissibile nel giudizio di Cassazione l’intervento di terzi non partecipanti al pregresso grado di merito (Sez. U, Sentenza n. 8882 del 29/04/2005). Manca, infatti, un’espressa previsione normativa, indispensabile nella disciplina di una fase processuale autonoma, e riferendosi l’art. 105 c.p.c., esclusivamente al giudizio di cognizione di primo grado (Sez. U, Ordinanza n.1245 del 23/01/2004).

09. Passando all’esame dei ricorsi riuniti e prendendo le mosse dall’esame della sentenza della CTR – Piemonte n. 61/12/06 del 23/10/2006, si rileva che, in effetti, tale pronunzia ha confermato il capo della decisione della CTP di Verbania n. 58/02/2004 nella parte in cui ha annullato il recupero a tassazione di maggiori ricavi societari, negando che, per le annualità 1998 e 1999, ricorresse la ritenuta omessa registrazione di incassi.

10. Il capo non è stato oggetto d’impugnazione da parte dell’Agenzia che, dinanzi al ricorso della società sui soli criteri di determinazione dell’aliquota IVA sui quali era rimasta soccombente in appello, non ha proposto ricorso incidentale. Dunque, sull’esclusione dei maggiori ricavi/incassi della società per l’anno 1998, si è formato il giudicato.

11. Ciò si riverbera anche a favore del socio accomandatario E. G., quanto alla maggiore IR-PEF/1998 pretesa dal fisco. Egli, pur impropriamente richiamando l’art. 360 c.p.c., n. 3, in luogo dell’art. 336 c.p.c., n. 4, nella sostanza del primo mezzo e nel contenuto non equivoco del relativo que-sito mira a conseguire, così come col secondo mezzo, gli effetti del giudicato favorevole per la società.

12. La questione non involge il tema ben noto dei tributi imputati per trasparenza, non risultando che all’ILOR si sia inteso sostituire l’IRAP. L’art. 5 T.U.I.R., il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40, e il D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 1 e 2, e art. 36, comma 1 – lett. b), non offrono spunti in tal senso.

13. Più semplicemente, riprendendo una felice formula dottrinaria, “in qualsiasi tassazione analitico aziendale occorre un coordinamento tra la tassazione dei redditi della società e quella dei soci, perchè la stessa capacità economica si presente varie volte, in questi casi, sotto forme giuridiche diverse”.

14. L’IRAP, secondo gli economisti, è una sorta di imposta sui redditi. In effetti, il suo imponibile è costituito, in estrema sintesi, dalla differenza tra i ricavi dell’attività imprenditoriale e i costi per l’acquisto di materie prime, beni strumentali e servizi professionali e d’impresa. Si è detto, in altri termini, che quello tassato altro non è che il “…valore aggiunto economico rispetto ai fattori della produzione, cioè le vendite meno le spese per materie prime, beni strumentali (ammortamenti) e altri servizi d’impresa”.

15. La ricostruzione dottrinaria trova riscontro nella giurisprudenza comunitaria. La Corte di Giustizia, con la sent. 3 ottobre 2006 in causa C-475/03 (30), afferma: “…l’IRAP è…un’imposta calcolata sul valore netto della produzione dell’impresa nel corso di un certo periodo. La sua base imponibile è, infatti, uguale alla differenza che risulta, in base al conto economico, tra il “valore della produzione” e i “costi della produzione”, come definiti dalla legislazione italiana”.

16. Se, dunque, il fisco per calcolare l’IRAP accerta un maggior “valore netto della produzione”, e ciò per effetto del maggior “valore della produzione”, in ragione d’incassi non contabilizzati, e se tale assunto scompare dal mondo giuridico per effetto di giudicato che esclude incassi non contabilizzati, viene meno, in radice, il dato storico, economico e fattuale di partenza dei maggiori ricavi della S.a.s., imputati di riflesso anche al socio ai fini IRPEF e, quindi, viene meno la fonte giustificativa stessa del maggior reddito tassato in danno del socio.

17. I principi costituzionali di uguaglianza, legalità, imparzialità amministrativa e capacità contributiva, stabiliti dagli artt. 3, 97 e 53 Cost., impongono, al fisco, anche in difetto di un’espressa previsione legislativa, un vincolo rispetto ad accertamenti definitivi sul valore degli stessi fatti economici effettuati ai fini dell’applicazione di altro tributo, quando le singole leggi d’imposta non stabiliscano differenti criteri di valutazione. In sintesi e nella specie, o vi sono incassi non contabilizzati dalla società o non vi sono, e se, quanto alla società, si accerta giudizialmente e definitivamente che non vi sono, manca il fatto economico per la ripresa a tassazione in danno del socio.

18. Detto riconoscimento, pertanto, pur non essendo oggetto di statuizione assistita dall’efficacia assoluta del giudicato nei confronti di soggetto rimasto estraneo al giudizio promosso dalla società, ben può essere utilizzato, una volta definitivo, come prova primaria dal giudice tributario nel giudizio sulla legittimità dell’accertamento derivato nei confronti del socio e, in Cassazione, anche con pronunzia immediata nel merito ex art. 384 c.p.c..

19. Ne consegue, nella specie, l’accoglimento del ricorso del socio E.G. e, cassata la sentenza d’appello n.16/22/07, l’accoglimento anche del suo ricorso introduttivo.

20. Va, invece, disatteso il ricorso della S.a.s. avverso la sentenza n.61/12/06 riguardo all’unico punto ancora controverso, cioè la parte in cui, pronunziando sulla misura dell’aliquota IVA, “dichiara principale l’attività di discoteca e ad essa accessorie le ulteriori svolte”.

21. In tema di IVA, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 12, comma 1, le “prestazioni accessorie ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuate direttamente dal cedente o prestatore ovvero per suo conto o a sue spese, non sono soggetti autonomamente all’imposta nei rapporti fra le parti dell’operazione principale”, ma, secondo il comma successivo del medesimo articolo, “se la cessione o prestazione principale è soggetta all’imposta, i corrispettivi delle cessioni, prestazioni accessorie imponibili concorrono a formarne la base imponibile”.

22. Tale disposizione va letta alla luce della Sesta Direttiva come interpretata dalla Corte CE (sent. 25.2.99, in causa C-349/96, 29-30- 31; 22.10.1998, in cause riunite C-308/96 e C-94/97; 11.1.2001 in causa C-76/99), secondo cui “una prestazione devè essere considerata accessoria ad una prestazione principale quando essa non costituisce per la clientela un fine a sè stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore”.

23. Tale affermazione, contenuta nella sent. 11 gennaio 2001 in causa C-76/99 (27), è diffusamente spiegata nella precedente sent. 25 febbraio 1999 in causa C-349/96 ( 29,30), dove si legge: “A questo riguardo, tenuto conto della duplice circostanza che, da un lato, dall’art. 2, n. 1, della sesta direttiva, discende che ciascuna prestazione di servizio dev’essere considerata di regola come autonoma e indipendente e che, dall’altro, la prestazione costituita da un unico servizio sotto il profilo economico non dev’essere artificialmente divisa in più parti per non alterare la funzionalità del sistema dell’IVA, occorre individuare gli elementi caratteristici dell’operazione di cui trattasi per stabilire se il soggetto passivo fornisca al consumatore, considerato come consumatore medio, più prestazioni principali distinte o un’unica prestazione. Va sottolineato che si configura una prestazione unica in particolare nel caso in cui uno o più elementi devono essere considerati nel senso che costituiscono la prestazione principale, mentre uno o alcuni elementi devono essere considerati come una prestazione accessoria o alcune prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale. Una prestazione dev’essere considerata accessoria ad una prestazione principale quando essa non costituisce per la clientela un fine a sè stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore”.

24. Concetti analoghi si ritrovano anche nella sent. 22 ottobre 1998, in cause riunite C-308/96 e C-94/97 (24), richiamata nella decisione del 1999.

25. In sintesi, per la giurisprudenza comunitaria, la prestazione accessoria deve essere, dunque, strumentale a quella principale e avere il fine di permettere l’effettuazione o la migliore fruizione della prestazione principale; cioè, con altre parole, l’elemento decisivo è rappresentato dal fatto che l’operazione accessoria si configuri essenzialmente come un mezzo per il completamento o la realizzazione della operazione principale (così anche in dottrina).

26. Slmilmente nelle fonti secondarie nazionali si afferma che possono essere considerate accessorie “…le operazioni poste in essere dal medesimo soggetto in necessaria connessione con l’operazione principale alla quale accedono e che hanno di norma la funzione di integrare, completare o rendere possibile la prestazione o cessione principale” (R.M. n.6/E dell’11/ 02/1998).

27. Inoltre, la Corte di Giustizia, nelle citate decisioni del 1998 e del 1999, ha precisato che la previsione di un prezzo unico è un indizio che “può militare a favore dell’esistenza di una prestazione unica”.

28. Così chiarito il quadro normativo di riferimento e ribadita la necessità di una interpretazione comunitariamente orientata per la struttura armonizzata dei tributi sulla cifra d’affari, l’interrogativo al quale la CTR era chiamata a dare esauriente risposta era quello se, ai fini dell’applicazione dell’aliquota IVA, le consumazioni obbligatorie, comunque denominate, nella discoteca della società intimata si dovessero, o meno, considerare accessorie alle attività d’intrattenimento e/o di spettacolo ivi svolte.

29. La risposta, nel regime fiscale vigente dal 2006, sarebbe inequivocabilmente positiva atteso che il D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, comma 1, convertito con modificazioni nella L. 4 agosto 2006, n. 248, ha aggiunto al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74 quater, (introdotto, a decorrere dal 1 gennaio 2000, dal D.Lgs. n. 60 del 1999, art. 18) il comma 6 bis che risolve testualmente la questione nel senso della accessorietà delle somministrazioni di alimenti e bevande rispetto alla prestazione spettacolistica di ballo, musica, etc..

30. Nella specie, secondo la normativa vigente ratione temporis negli anni 1998/1999 e alla luce della giurisprudenza comunitaria sul legame mezzo/fine tra prestazione accessoria e principale, la previsione di un prezzo unico, comunque denominato, per l’accesso al locale (es. ingresso libero e consumazione obbligatoria, etc.) e il collegamento causale tra somministrazione di bevande e prestazione spettacolistica (ballo, musica, intrattenimento, etc.) assumono rilievo decisivo.

31. Nel caso della somministrazione di bevande fornite al bar durante l’attività di discoteca, sarebbe semplicistico affermare che le prestazioni fornite al bar esistono indipendentemente dallo svolgimento dell’attività spettacolistica. Nel ricorso per cassazione prevale una lettura atomistica delle prestazioni fornite con “ingresso e consumazione obbligatoria” nel locale gestito dalla società intimata. Non è in dubbio che il singolo avventore possa recarsi nel locale e scegliere di consumare al bar e non ballare, ovvero di ballare e non consumare, oppure di fare entrambe le cose, o di non farne nessuna delle due e ascoltare la sola musica e/o guardare l’intrattenimento. Però, questo attiene ai motivi che inducono l’avventore a recarsi nel locale e non alla causa mista del negozio con il gestore.

32. Nell’ipotesi del contratto con causa mista, occorre avere riguardo non già alla prevalenza del valore economico, bensì alla comune volontà delle parti, verificando se esse hanno voluto cedere un bene (consumazione) contro una somma di denaro, compensando una parte di essa, per ragioni di opportunità, anche l’accesso al locale di spettacolo. Ovvero, hanno concordato lo scambio contro danaro di un servizio complesso, ricorrendo il fornitore all’integrazione tra prestazioni collegate che prospettano all’avventore un’offerta articolata: accesso in spazi collettivi d’intrattenimento, fruizione di musica, spettacolo danzante, consumazione di ristoro, il tutto approntato in una struttura che, in tesi generale, è finalisticamente orientata all’intrattenimento globale, più che alla mera somministrazione di bevande, che di esso è solo componente normalmente minusvalente per il consumatore medio.

33. In proposito, va precisato che il D.M. 23 dicembre 1981 (G.U. n. 356 del 30/12/1981), nel regolare il regime forfetario nei trattenimenti danzanti con o senza numeri di attrazione, stabilisce che la base imponibile netta ai fini del calcolo dell’IVA è determinata in misura percentuale del “prezzo lordo del biglietto d’ingresso e/o del prezzo delle consumazioni” e, quanto all’ipotesi specifica di “ingresso libero e consumazione obbligatoria”, specifica che “la quota imponibile netta unitaria deve essere commisurata al prezzo unico o medio della consumazione obbligatoria”. Il che, da un lato conferma l’unitarietà causale e fiscale delle prestazioni, dall’altro rimette alla normativa ordinaria la determinazione dell’aliquota. Inoltre, rende evidente come non rilevi in alcun modo la circostanza che la società intimata abbia fatto ricorso all’applicazione dell’imposta sulla stessa base imponibile dell’imposta sugli spettacoli o abbia, invece, optato per l’applicazione dell’imposta in modo normale, ai sensi del D.P.R. n. 633, art. 74, u.c., (nel testo vigente ratione temporis), atteso che, in entrambi i casi, ciò che conta è l’applicazione, nel caso di specie scorretta, del ridetto art. 12 secondo interpretazione comunitariamente orientata.

34. Da tali principi, come sopra enunciati, la CTR non si è discostata, sia pure con succinta motivazione, e questo comporta, in punto di diritto, il rigetto dell’unico motivo di ricorso della società contribuente.

35. Nella complessità della materia e nell’evoluzione delle articolate vicende processuali si ravvisano giusti motivi per compensare tutte le spese di legittimità, nonchè anche quelle dei gradi merito quanto al ricorso di E.G..

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi n. 31474/07 e n.15236/08; rigetta il ricorso della s.a.s. The Green Pub Music di Elmet Giuliano & C. avverso la sentenza della CTR – Piemonte n.61/12/06; accoglie il ricorso del socio E.G. avverso la sentenza della CTR- Piemonte n.16/22/07 e, cassata la sentenza da lui impugnata, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente; compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2011

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