Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24046 del 24/11/2016

Cassazione civile sez. VI, 24/11/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 24/11/2016), n.24046

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4098-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.A.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 89/44/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, emessa l’11/06/2012 e depositata il

22/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. IOFRIDA Giulia.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di M.A.M. (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 89/44/2012, depositata in data 22/06/2012, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del diniego opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza del contribuente (esercente “attività di commercio al dettaglio di prodotti del tabacco”) di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2006 al 2008 – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame del contribuente, hanno sostenuto che lo stesso aveva dimostrato di avere svolto la “propria autonoma attività” senza alcuna componente organizzativa e senza utilizzo di lavoro dipendente, con modeste quote di ammortamento e costi non elevati.

seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, comma, avendo erroneamente la C.T.R. escluso la sussistenza della soggettività passiva ai fini IRAP, pur trattandosi di attività di natura imprenditoriale e non di lavoro autonomo-professionale.

2. La censura è infondata.

In tema di IRAP, presupposto per l’applicazione dell’imposta, secondo la previsione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, il cui accertamento spetta al giudice di merito e che ricorre quando il contribuente: sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse: b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

Ora, al fine di evitare l’assoggettamento ope legis all’IRAP di soggetti diversi dagli “imprenditori”, per i quali ultimi, ai sensi dell’art. 2082 c.c., l’elemento “organizzazione” è connaturato alla nozione di impresa, nella quale l’organismo produttivo assume rilievo prevalente (salvo, ovviamente, quanto osservato dalle Sezioni unite limitatamente alle attività ausiliarie di cui all’art. 2195 c.c., comma 1, n. 5, collocate in un “area grigia” tra “territorio dell’impresa” e “territorio del lavoro autonomo), questa Corte ha precisato (Cass. 21122, 21123, 21124 del 9010) che “l’esercizio dell’attività di piccolo imprenditore (nella coltivatore diretto, tassista ed artigiano) è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata” (cfr. anche Cass. 4490/2012, con riguardo ad esercente “attività di fornitura di software e di consulenza informatica” e Cass. 16340/2011, con riguardo ad attività di commercio ambulante).

Giova rammentare che nella categoria dei “piccoli imprenditori”, ai sensi dell’art. 2083 c.c., rientrano appunto “i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio o dei componenti della famiglia”. Con il motivo proposto, si assume che i redditi derivanti da attività commerciale di cui all’art. 2195 c.c., n. 2, – svolgendo il contribuente l’attività di commercio al dettaglio di prodotti del tabacco -, per questa sola circostanza, sono qualificabili come redditi d’impresa e che, come tali, sono idonei a produrre IRAP tassabile.

Tuttavia, come sopra precisato, in tema di IRAP, l’esercizio dell’attività di piccolo imprenditore è escluso dall’applicazione dell’imposta qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata.

Correttamente i giudici della C.T.R. hanno dunque ritenuto che l’attività imprenditoriale, laddove svolta da piccolo imprenditore o piccolo commerciante, non contenga in sè l’autonoma organizzazione, ma che la stessa vada accertata in concreto. Nella specie, sulla base dell’esame della documentazione in atti, in assenza di collaboratori e dipendenti, stante l’utilizzo di modesti beni strumentali, la C.T.R., con congrua motivazione, ha escluso la ricorrenza dell’autonoma organizzazione.

La decisione è conforme ai principi di diritto sopra richiamati.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Non v’è luogo a provvedere sulle sperse processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poichè il disposto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, non si applica all’Agenzia delle Entrate (Cass. SS.UU 9938/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2016

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