Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24045 del 30/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/10/2020, (ud. 09/07/2019, dep. 30/10/2020), n.24045

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAGDA Cristiano – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18904-2014 proposto da:

CONSORZIO ARTIGIANI ROMAGNOLO SOC. COOP., elettivamente domiciliato

in ROMA VIA ORTIGARA 3, presso lo studio dell’avvocato AURELI

MICHELE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

BONTEMPI ETTORE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 28/2013 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 27/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/07/2019 dal Consigliere Dott. D’AURIA GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La vicenda giudiziaria trae origine dalla emissione dell’avviso di accertamento nr 812o3T5o0997/ 07 emesso da parte della Agenzia delle Entrate nei confronti del Consorzio Artigiani Romagnolo con cui era determinata una maggiore imposta IVA di Euro 64833,06 oltre sanzioni, in quanto ad alcune prestazioni era stata applicata l’aliquota inferiore del io% invece del 20%.

Proponeva ricorso il Consorzio assumendo che la aliquota era corretta essendo stata indicata dal committente, nell’esecuzione di appalti pubblici.

La Commissione Tributaria Provinciale di Rimini riteneva corretto l’operato dell’Agenzia delle Entrate per il recupero iva, mentre annullava la parte relativa alle sanzioni lin quanto l’errore in cui era in-corso il prestatore dei servizi era stato determinato proprio dalla Pubblica amministrazione.

All’esto dell’appello principale proposto dalla Agenzia delle Entrate, e dell’appello incidentale del contribuente, con sentenza n. 28 del 2013 la Ctr di Bologna confermava in toto la sentenza di primo grado.

Propone ricorso in Cassazione la contribuente deducendo, con un unico motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 in relazione all’art. 360 c.p.c.., comma 1, n. 3.

Si costituiva l’Agenzia delle Entrate con controricorso chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con unico motivo di gravame la ricorrente deduce il vizio violazione di legge.

Il motivo è inammissibile. Non può certamente negarsi il potere dell’Amministrazione Finanziaria di operare una valutazione della natura delle opere realizzate dal contribuente, posto che una tale valutazione è insita, nel potere di accertamento quando si ritenga che una norma sia stata violata. Considerato che, in materia di IVA, le norme che prevedono aliquote agevolate costituiscono un’eccezione rispetto alle disposizioni che stabiliscono quelle ordinarie in via generale, era all’attuale ricorrente. (che voleva far valere circostanze – le quali, pur non escludendola, riducono sul piano quantitativo la pretesa del fisco), provare l’esistenza dei presupposti per la loro applicazione, e cioè dei fatti costituenti il fondamento della sua eccezione, come sopra accennato (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 7124 del 09/05/2003, n. 14904 del 2001). In definitiva le norme agevolative sono eccezionali e quindi di stretta interpretazione, ed ove si pretenda di avere diritto all’aliquota agevolata su determinate operazioni, spetta al contribuente dichiarare e provare di averne diritto. Sul punto la sentenza impugnata, quindi risulta motivata in modo giuridicamente corretto, avendo prima affermato che l’aliquota inferiore rispetto a quella ordinaria costituisce una eccezione, con onere probatorio a carico di chi la propone e successivamente dato dato di aver valutato i documenti prodotti, che data la loro genericità non permettevano di ritenere provati i presupposti dell’eccezione. Ne deriva che il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto mediante il vizio di violazione di legge surrettiziamente richiede una nuova valutazione delle prove, che spetta esclusivamente al giudice del merito. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado di Cassazione liquidate in Euro 7000pper onorari oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma, 1-quarter, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il riorso principale a norma del dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2020

 

 

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