Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24039 del 06/09/2021

Cassazione civile sez. II, 06/09/2021, (ud. 01/04/2021, dep. 06/09/2021), n.24039

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19485-2019 proposto da:

H.D., e H.S., rappresentati e difesi dall’avv.

ANTONELLA ARCOLEO, e domiciliati presso la cancelleria della Corte

di Cassazione;

– ricorrenti –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI MESSINA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il

24/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/04/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I ricorrenti, cittadini (OMISSIS), proponevano istanza ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 invocando il rilascio di un permesso di soggiorno, in tesi a tempo indeterminato ed in ipotesi a tempo determinato, in considerazione dei gravi pregiudizi che sarebbero derivati allo sviluppo psicofisico dei loro figli minori Da., nata il (OMISSIS), e E., nato il (OMISSIS), dall’allontanamento dal territorio nazionale.

Il Tribunale dei Minorenni di Messina, con decreto del 31.10.2018, rigettava la domanda.

Interponevano reclamo avverso tale decisione gli odierni ricorrenti e, su parere favorevole del P.G., che aveva concluso per l’accoglimento del reclamo, la Corte di Appello di Messina, con il decreto impugnato, autorizzava la permanenza in Italia dei due genitori, odierni ricorrenti, soltanto fino al 31.7.2019.

Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione H.D. e H.S. affidandosi a tre motivi.

Il P.G. non ha rassegnato conclusioni scritte.

I ricorrenti hanno depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va osservato che il ricorso è stato notificato al Procuratore generale presso la Corte di appello di Messina.

In proposito, questa Corte ha affermato che in materia di autorizzazione all’ingresso o permanenza nel territorio italiano del familiare di un minore di nazionalità straniera in deroga alle disposizioni del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 ai sensi dell’art. 31, comma 3, controparte processuale è il P.M. e dunque “… il contraddittorio è ritualmente instaurato nei confronti del solo procuratore generale presso la corte di appello, atteso che, per un verso, il pubblico ministero deve partecipare al giudizio anche nelle fasi di merito (art. 38 disp. att. c.c., comma 3 e art. 70 c.p.c., comma 1, n. 5) ed è titolare di autonomo potere di impugnazione (art. 740 c.p.c.) e, per altro verso, non è individuabile alcun’altra parte pubblica… chiamata a contraddire” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17194 del 14/11/2003, Rv. 569290; in senso conforme, cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 280 del 09/01/2020, Rv. 656619).

Va peraltro dato atto che in altri casi si è ritenuto che -in analogia a quanto avviene per i due gradi di merito, in cui unico contraddittorio della parte istante e’, rispettivamente, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni e il P.G. presso la Corte di Appello- “… nel giudizio di cassazione promosso dal cittadino straniero avverso il decreto emesso dalla Corte d’appello sul reclamo dinnanzi menzionato, il contraddittorio è ritualmente instaurato nei confronti del solo P.G. presso la suindicata Corte” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14063 del 28/05/2008, Rv. 603412; conf. Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 28778 del 23/12/2011, Rv. 620017).

Non si pone, dunque, alcuna esigenza di rinnovare la notificazione del ricorso introduttivo nei confronti del P.G. presso la Corte di Cassazione.

Passando ai motivi di ricorso, con il primo di essi i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente denegato l’autorizzazione alla permanenza dei genitori dei minori in Italia senza considerare il primario interesse di questi ultimi, la loro frequenza scolastica in Italia, il fatto che essi non conoscono la lingua (OMISSIS) né hanno alcun legame con tale Paese e senza tener conto della relazione dei servizi sociali attestante il buon livello di integrazione raggiunto dal nucleo familiare in Italia ed il rischio di trauma che il ritorno in (OMISSIS) potrebbe causare sui due bambini, con particolare riferimento alla sorella maggiore.

Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e art. 9 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché la Corte siciliana avrebbe omesso di considerare che il minore degli anni 18 non è mai espellibile dal territorio nazionale; di conseguenza, il diniego del permesso di soggiorno ai genitori comportava, di fatto, l’espulsione dei due minori dal territorio nazionale insieme ai genitori, ovvero la loro separazione coatta da questi ultimi, in ogni caso con inaccettabile trauma per il loro sviluppo ed equilibrio psicologico.

Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perché la Corte di Appello non avrebbe tenuto in alcun conto la relazione degli operatori dei servizi sociali, che attestava come il rientro della famiglia in (OMISSIS) avrebbe potuto causare un trauma sull’equilibrio e sullo sviluppo psicologico dei due minori.

Le tre censure, che meritano un esame congiunto, sono fondate.

Per il migliore inquadramento della fattispecie, giova premettere che è certamente “ammissibile il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. avverso il decreto pronunciato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 739 – 742-bis c.p.c. con il quale la corte d’appello, sezione minori, decide in ordine alla domanda di autorizzazione ad entrare o a permanere temporaneamente sul territorio nazionale, proposta, in deroga alle disposizioni generali sull’immigrazione, dal cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione Europea, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico di un familiare minorenne, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3. Sussistono infatti tanto il requisito della decisorietà, atteso che il provvedimento incide sul diritto del minore ad essere assistito da un familiare nel concorso delle condizioni richieste dalla legge e, contemporaneamente, su quello del familiare a far ingresso in Italia e a trattenervisi per prestare la dovuta assistenza; quanto quello della definitività, giacché il decreto, anche di rigetto della domanda, è revocabile solo per fatti sopravvenuti, la richiesta di ingresso del familiare sfornito di permesso di soggiorno potendo essere riproposta solo con la prospettazione di una diversa necessità di assistenza del minore” (principio espresso, in sede di composizione di precedente contrasto di giurisprudenza, da Cass. Sez. U, Sentenza n. 22216 del 16/10/2006, Rv. 592143; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 747 del 15/01/2007, Rv. 593770).

Con questo arresto le Sezioni Unite hanno chiaramente affermato che il provvedimento con cui la Corte di Appello riconosce o nega ai genitori il diritto alla permanenza in Italia ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31 incide direttamente non solo sulla posizione soggettiva dei genitori stessi, ma anche su quella del minore soggetto alla loro potestà. Dal che deriva l’obbligo, per il giudice di merito, di attribuire rilevanza alla condizione di quest’ultimo, nell’ambito della valutazione complessiva che gli è affidata dalla legge.

Le Sezioni Unite hanno anche affermato che “la presenza dei gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minorenne, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3, deve essere puntualmente dedotta nel ricorso introduttivo soltanto nell’ipotesi di richiesta di autorizzazione all’ingresso del familiare nel territorio nazionale in deroga alla disciplina generale dell’immigrazione; allorché, invece, la richiesta autorizzazione riguardi la permanenza del familiare che diversamente dovrebbe essere espulso, la situazione eccezionale nella quale vanno ravvisati i gravi motivi può anche essere dedotta quale conseguenza dello allontanamento improvviso del familiare sin allora presente, ossia di una situazione futura ed eventuale rimessa all’accertamento del giudice minorile” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 22216 del 16/10/2006, Rv. 592144). Enunciando tale principio, le Sezioni Unite hanno ritenuto irrilevante che nel ricorso rivolto al tribunale per i minorenni non fossero stati specificamente indicati i gravi motivi richiesti dalla legge, avendone quel giudice ritenuto certo l’avveramento sulla base delle conclusioni di una consulenza tecnica che aveva accertato il grave pregiudizio che sarebbe derivato al minore dalla perdita improvvisa della figura genitoriale di riferimento.

Può quindi ritenersi che mentre nel caso in cui la famiglia non sia ancora presente sul territorio nazionale la concessione della speciale autorizzazione di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31 è subordinata alla puntuale allegazione e dimostrazione della sussistenza dei gravi motivi per lo sviluppo psicofisico del minore richiesti dalla norma, nella diversa ipotesi in cui il nucleo sia già presente sul territorio nazionale si deve presumere, almeno sino a prova contraria, un radicamento del minore nel suo ambiente nativo, per cui i gravi motivi possono essere collegati all’alterazione di tale ambiente, che consegue, alternativamente, alla perdita della vicinanza con la figura genitoriale, ovvero dal repentino trasferimento in altro contesto territoriale e sociale.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Messina ha riconosciuto la sussistenza dei presupposti di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31 soltanto sino al 31.7.2019, sulla base di quattro considerazioni (cfr. pag. 5 del decreto):

1) il fatto che dagli atti emergesse che i due minori avevano manifestato “… soltanto la paura per un nuovo cambio di ambiente e l’idea di avere in (OMISSIS) minori prospettive di socializzazione e peggiore qualità di vita”;

2) il fatto che “… E. andrà a concludere nel prossimo mese di giugno il ciclo della scuola primaria”;

3) lo “… stato di reattività emotiva manifestato da Da. (che quest’anno frequenta il 1 anno dell’Istituto Industriale a (OMISSIS)) in rapporto al rischio di un rientro della famiglia in (OMISSIS)”;

4) la considerazione che “Un’autorizzazione per un periodo di due anni (o comunque più lungo) non farebbe che rendere più intenso il radicamento dei minori in Italia e maggiore il disagio nel trasferimento nel paese di origine”.

Nessuno di tali elementi, tuttavia, è sufficiente ad escludere la sussistenza dei requisiti previsti dalla norma in esame.

Le Sezioni Unite hanno infatti chiarito che i gravi motivi idonei ai fini dell’autorizzazione temporanea di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31 non richiedono “… necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto. Deve trattarsi tuttavia di situazioni non di lunga o indeterminabile durata e non caratterizzate da tendenziale stabilità che, pur non prestandosi ad essere catalogate o standardizzate, si concretino in eventi traumatici e non prevedibili che trascendano il normale disagio dovuto al proprio rimpatrio o a quello di un familiare” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 21799 del 25/10/2010, Rv. 614300; conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7516 del 31/03/2011, Rv. 616840; nonché, per un caso avente ad oggetto un minore in età prescolare del tutto simile a quello oggetto del presente giudizio, Cass. Sez. 6-1, Sentenza n. 15191 del 20/07/2015 Rv. 636213).

Nell’ambito della complessiva valutazione sugli effetti che il diniego dell’autorizzazione – in questo caso, un’autorizzazione limitata nel tempo – potrebbe avere sullo sviluppo del minore, demandata al giudice di merito, si deve tener conto anche del contesto del Paese di origine del nucleo familiare e della possibilità, per i genitori, di conseguire la regolarizzazione della loro posizione lavorativa in Italia (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 17739 del 07/09/2015, Rv. 636197); nonché dello sforzo compiuto dai genitori per inserirsi in Italia e del pregiudizio che i minori potrebbero subire, per effetto dell’allontanamento dal loro luogo natio, a causa dell’insufficiente grado di sviluppo della loro personalità, che ne potrebbe rendere problematico l’adattamento a condizioni di vita e ad usanze profondamente diverse (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 25419 del 17/12/2015, Rv. 638177, con la quale è stato cassato il decreto che, escludendo l’inevitabilità della separazione dei genitori dai loro figli minorenni, nati in Italia ed in età prescolare, aveva omesso di svolgere i predetti accertamenti sui minori).

Il giudice di merito è quindi chiamato a svolgere una verifica, caso per caso, circa la “sussistenza di gravi motivi basati su una situazione oggettiva attuale o futura dedotta, attraverso un giudizio prognostico, quale conseguenza dello allontanamento improvviso del familiare” tenendo peraltro conto che “tale autorizzazione, concessa a tempo determinato, è revocabile ove vengano meno le sue ragioni giustificative, giacché la condizione psico-fisica del minore è una situazione suscettibile di mutare ed evolversi nel tempo” (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 17861 del 19/07/2017, Rv. 645052, con la quale è stato cassato il decreto con cui la Corte di Appello aveva genericamente escluso che l’allontanamento del familiare avrebbe pregiudicato in modo irreparabile la serenità del minore, senza svolgere un effettivo esame della sussistenza delle condizioni previste dalla norma) e considerando altresì che la norma non prevede un periodo minimo di durata, né esclude l’eventuale reiterazione dell’autorizzazione (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 10930 del 07/05/2018, Rv. 648577), che quindi può ben essere rilasciata anche per un tempo limitato.

In tale ambito, il giudice di merito deve considerare la condizione di abbandono in cui si verrebbe a trovare il minore nel caso di rimpatrio dei soli genitori, nonché le difficoltà di ambientamento del minore stesso, nato o vissuto in Italia, nell’opposta ipotesi in cui, per evitare il distacco dai genitori, lo stesso fosse trasferito nel paese di origine di questi ultimi, dove potrebbe non godere di relazioni affettive e sociali, né delle forme di assistenza garantite nel nostro ordinamento (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 29795 del 12/12/2017, Rv. 646198). Inoltre, deve tener conto che i gravi motivi di cui al citato art. 31 “non si prestano ad essere catalogati o standardizzati, spettando al giudice di merito valutare le circostanze del caso concreto con particolare attenzione, oltre che alle esigenze di cure mediche, all’età del minore, che assume un rilievo presuntivo decrescente con l’aumentare della stessa, e al radicamento nel territorio italiano, il cui rilievo presuntivo e’, invece, crescente con l’aumentare dell’età, in considerazione della prioritaria esigenza di stabilità affettiva nel delicato periodo di crescita” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4197 del 21/02/2018, Rv. 648136, che ha cassato il decreto con il quale la Corte di Appello aveva, di fatti, ridotto i gravi motivi ad esigenze determinate, specifiche e temporanee del minore, escludendole, ed aveva altresì svalutato il rapporto affettivo tra il predetto ed il padre, ipotizzando la strumentalizzazione dell’interesse del minore per aggirare le regole sul soggiorno degli stranieri).

E’ opportuno precisare che la norma non richiede, ai fini del giudizio prognostico affidato al giudice di merito in relazione ai danni che potrebbero verificarsi per il minore a causa del rimpatrio, che il danno o il pericolo di danno debbano essere per forza temporanei e transeunti (Cass. Sez.1, Ordinanza n. 20645 del 31/07/2019, Rv. 654670, con la quale è stato cassato il provvedimento che aveva negato l’autorizzazione ad una cittadina (OMISSIS) madre di tre minori, con lavoro precario, coadiuvata solo dalla madre affetta da patologia ingravescente, senza valutare la situazione dei minori in caso di rimpatrio, ma soltanto la limitatezza temporale del soggiorno in Italia e l’intento della madre di far crescere e studiare i minori in Italia).

In conclusione, va ribadito che la valutazione del giudice di merito dev’essere ispirata al principio per cui “In tema di immigrazione e di diritto all’unità familiare, la norma d’indirizzo generale di cui all’art. 3 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo (ratificata dalla L. n. 176 del 1991 e richiamata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 28), secondo cui “l’interesse del fanciullo deve essere una considerazione preminente”, prescrive che gli Stati vigilino affinché il minore non sia separato dai genitori, facendo salva, tuttavia, l’ipotesi in cui la separazione sia il risultato di provvedimenti legittimamente adottati da uno Stato-parte, sicché, ove lo straniero sia colpito da un provvedimento di espulsione, le esigenze di legalità e sicurezza sottese a tale provvedimento non sono di per sé recessive rispetto all’interesse, pur preminente, del fanciullo” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26831 del 21/10/2019, Rv. 655629). Ne discende che “Nel giudizio avente ad oggetto l’autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero… la sussistenza di comportamenti del familiare medesimo incompatibili con il suo soggiorno nel territorio nazionale deve essere valutata in concreto attraverso un esame complessivo della sua condotta, al fine di stabilire, all’esito di un attento bilanciamento, se le esigenze statuali inerenti alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale debbano prevalere su quelle derivanti da gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, cui la norma conferisce protezione in via primaria” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14238 del 04/06/2018, Rv. 648936). Tale disamina va condotta considerando che “… il diniego non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero; nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario ma non assoluto” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 15750 del 12/06/2019, Rv. 654215).

Dalla complessiva elaborazione giurisprudenziale di questa Corte si ricava quindi che il giudice di merito è tenuto ad eseguire un bilanciamento in concreto, nell’ambito del quale va dato valore preminente – ancorché non assoluto – alle esigenze del fanciullo. Nel caso di specie, questo bilanciamento è mancato, poiché la Corte di Appello ha completamente omesso di tener conto del principio posto da Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4197 del 21/02/2018, Rv. 648136, secondo cui l’età del minore “assume un rilievo presuntivo decrescente con l’aumentare della stessa”; ergo, in presenza di un minore prescolare la sussistenza del grave danno, alternativamente derivante dalla sua separazione dai genitori naturali o dal suo sradicamento e trasferimento insieme ad essi nel Paese di origine, va presunta sino a prova contraria. Del pari, va considerato che anche il minore radicato in Italia evidenzia -per ragioni esattamente contrarie- un profilo di vulnerabilità, posto che la permanenza sul territorio nazionale, la frequenza scolastica, l’acquisizione delle abitudini e dei modi di vivere tipici della società italiana, ne evidenziano l’inserimento nel relativo contesto delle relazioni sociali ed affettive. Il collegio ritiene dunque di dare continuità al principio, già affermato da questa Corte, secondo cui la vulnerabilità del minore è oggetto di presunzione, tanto con riferimento al minore in età prescolare, in base al principio della rilevanza decrescente dell’età, quanto con riguardo al minore radicato in Italia, con riguardo al criterio della rilevanza crescente del radicamento socio-territoriale (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18188 del 01/09/2020, Rv. 659093; nonché Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4197 del 21/02/2018, Rv. 648136).

Ne consegue che la Corte messinese avrebbe dovuto attribuire primaria rilevanza alla condizione dei minori in Italia ed alle conseguenze negative che per essi potrebbero derivare in caso di rimpatrio insieme ai genitori – conseguenza che, nel caso di specie, risultano adeguatamente certificate dalla relazione dei servizi sociali, che evidenziava una condizione di disagio e timore, soprattutto in capo alla sorella maggiore Da. -, valutando con minor rigore il secundum comparationis, rappresentato dall’esigenza di riaffermare la validità delle norme in tema di ingresso e soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale. Sotto tale profilo, è illuminante la considerazione conclusiva contenuta nel decreto impugnato, secondo cui il riconoscimento di un permesso di durata più ampia di quello in concreto assentito dalla Corte isolana “… non farebbe che rendere più intenso il radicamento dei minori in Italia e maggiore il disagio nel trasferimento nel paese di origine”. Tale passaggio, che indirettamente conferma l’esistenza di un forte radicamento dei due minori in Italia, evidenzia l’errore prospettico commesso dalla Corte d’Appello: quest’ultima infatti, anziché considerare la condizione dei minori in vista del loro inserimento in Italia -manifestato, tra l’altro, dal loro percorso scolastico, tutt’ora in corso- e valutare la sussistenza, in concreto, di un’esigenza di assicurarne la permanenza in Italia, in vista del completamento del percorso formativo della loro personalità, ha dato per scontato che la loro permanenza in Italia debba essere necessariamente temporanea, in tal modo frustrando lo spirito della norma, che – come detto – è quello di assicurare al minore il più ordinato e adeguato sviluppo della loro personalità individuale. In definitiva, la Corte siciliana ha totalmente rovesciato la prospettiva ermeneutica tracciata da questa Corte, secondo la quale va data primaria rilevanza, da un lato, al livello di integrazione dei minori e dei loro genitori sul territorio nazionale e, dall’altro lato, al rischio che lo sradicamento comporterebbe per l’equilibrio psicologico dei minori stessi. L’età dei due minori, il loro percorso scolastico e la relazione degli assistenti sociali costituivano fattori idonei ad evidenziare il predetto rischio; la loro oggettiva sottovalutazione da parte del giudice di merito finisce, in concreto, per porsi in conflitto con il già richiamato principio secondo cui l’interesse del minore, pur non avendo valore assoluto, deve sempre essere ritenuto preminente.

A tale conclusione si giunge attraverso un bilanciamento ipotetico tra la condizione attuale del minore e quella che gli potrebbe derivare dal suo rientro nel Paese di origine. In tale opera di esegesi il giudice di merito è vincolato a compiere un apprezzamento funditus, da una parte in considerazione della presunzione di vulnerabilità che accompagna la minore età della persona che sarebbe coinvolta nell’eventuale rimpatrio, e dall’altra in aderenza al principio – affermato in materia di protezione umanitaria, ma certamente estensibile anche alla presente fattispecie, caratterizzata pur sempre dal rilievo della natura vulnerabile della persona interessata – secondo cui è necessario “… procedere a valutazioni soggettive ed individuali, condotte caso per caso (onde impedire che il giudice di merito si risolva a declinare valutazioni di tipo “seriale”, improntate ai più disparati quanto opinabili criteri, altrettanto seriali, a mò di precipitato di una chimica incompatibile con valori tutelati dalla Carta costituzionale e dal diritto dell’Unione)”. In relazione ai diritti del minore, quindi, come del resto nel caso della protezione umanitaria, “… va nuovamente riaffermato il principio secondo il quale… oggetto del giudizio è pur sempre la persona, i suoi diritti fondamentali, la sua dignità di essere umano” (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 8819 del 12/05/2020, non massimata, in particolare alle pagg. 17 e s.).

Occorre pertanto estendere, anche in relazione al diritto del minore alla stabilità dei legami familiari fondamentali ed al rapporto con il contesto socio-territoriale in cui esso è nato ed ha avviato il suo processo di formazione personale e crescita individuale, il criterio – già posto da questa Corte in materia di protezione internazionale sussidiaria e di protezione umanitaria (cfr. ancora Cass. n. 8819 del 2020, cit.; ma anche Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 1104 del 20/01/2020, non massimata) – della cosiddetta “comparazione attenuata”, che si risolve in una relazione di proporzionalità inversa tra fatti giuridicamente rilevanti ed impone un peculiare bilanciamento tra condizione soggettiva della persona interessata e situazione oggettiva che deriverebbe dal suo eventuale rimpatrio.

Merita pertanto di essere ribadito il seguente principio di diritto (già affermato da Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18188 del 01/09/2020, Rv. 659093): “Va presunta la vulnerabilità dei minori nati in Italia che siano integrati nel tessuto socio-territoriale e nei percorsi scolastici, in applicazione dei criteri di rilevanza decrescente dell’età, per i minori di età prescolare, e di rilevanza crescente del grado di integrazione, per i minori in età scolare, entrambi affermati da questa Corte con Ordinanza n. 4197 del 2018. Il giudice di merito è pertanto tenuto ad applicare alla posizione dei minori eventualmente coinvolti in provvedimenti di rimpatrio interessanti i loro genitori, o uno di essi, il criterio della comparazione attenuata, in base al quale va ritenuta, sino a prova contraria, la prevalenza della condizione di vulnerabilità del minore rispetto alle norme regolanti il diritto di ingresso e soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale, e va quindi dato primario rilievo al danno che deriverebbe, sulla persona del minore e sulle sue aspettative di vita in Italia, per effetto del rimpatrio in un contesto socio-territoriale con il quale il minore stesso non abbia in concreto alcun rapporto” (in termini, cfr. anche Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22832 del 20/10/2020, Rv. 659373).

Peraltro, va anche dato atto che questa Corte ha ritenuto che, in applicazione del principio di cui anzidetto, la presenza di uno o più figli minori costituisca elemento da valutare, necessariamente, ai fini del riconoscimento del diverso istituto della protezione umanitaria, accordabile ai genitori ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19. Tale elemento, infatti, evidenzia una condizione familiare idonea a dimostrare, da un lato, una peculiare fragilità, tanto dei genitori che della giovane prole, e dunque della famiglia nel suo complesso e, dall’altro lato, uno specifico profilo di radicamento del nucleo familiare nel territorio nazionale, in dipendenza dell’inserimento dei figli nei percorsi sociali e scolastici esistenti in Italia, e quindi della loro naturale tendenza ad assimilare i valori ed i concetti fondativi della società italiana. Il decreto impugnato avrebbe dovuto considerare, nell’ambito della ponderazione della situazione di fatto affidata al giudice di merito, anche gli aspetti appena evidenziati, poiché la presenza dei due figli minori, il loro oggettivo inserimento in Italia, la loro frequenza scolastica, la condizione di disagio da essi manifestata in relazione all’ipotesi di un rientro in (OMISSIS), ed in generale l’inserimento ed il radicamento del nucleo familiare nel contesto socio-lavorativo e relazionale italiano, costituivano altrettanti elementi idonei ad evidenziare una condizione di fragilità dei minori, e – più in generale – dell’intero nucleo familiare, nell’ipotesi di rimpatrio.

Il ricorso va quindi accolto, con cassazione del decreto impugnato e rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Messina, in differente composizione, la quale avrà cura di conformarsi ai principi di diritto espressi in motivazione.

PQM

la Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Messina, in differente composizione.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 1 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA