Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24037 del 16/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 16/11/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 16/11/2011), n.24037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

ASSID ASSICURATRICE ITALIANA DANNI SPA IN LCA (OMISSIS), (in

seguito anche “Assid”) in persona del Commissario Liquidatore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANDREA VESALIO 22, presso lo

studio dell’avvocato ALBANESE GINAMMI LORENZO, che la rappresenta e

difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MEDAGLIE D’ORO

143, presso lo studio dell’avvocato BRACAGLIA EMANUELE, rappresentato

e difeso dall’avvocato BARATTELLI STEFANO giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

L.N., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso la sentenza n. 365/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI del

3/03/2010, depositata il 23/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato Albanese Ginammi Lorenzo difensore della ricorrente

che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO che si riporta

alla relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, Letti gli atti depositati osserva:

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Il fatto che ha originato la controversia è il seguente: è stato chiesto il risarcimento del danno per il decesso di E. L.M., verificatosi a seguito di sinistro stradale.

Con sentenza depositata in data 23 marzo 2010 la Corte d’Appello di Bari, in riforma della sentenza del Tribunale di Foggia che aveva rigettato la domanda, ha applicato la presunzione di cui all’art. 2054 c.c., comma 1 e conseguentemente condannato la RAS S.pA., quale impresa designata FGVS, e G.R. a corrispondere varie somme agli eredi del L..

2 – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. 3. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 27 ora del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 109, art. 140. La ricorrente assume che la sentenza impugnata ha errato nel ritenere che il massimale minimo di legge fosse attribuibile a ciascuno dei danneggiati anzichè costituire il limite invalicabile con conseguente riduzione proporzionale di quanto spettante a ciascuno.

Il secondo motivo lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, sempre con riferimento al massimale come misura massima del risarcimento da liquidarsi in favore di ciascuna vittima.

Le due censure, che stante l’evidente connessione richiedono trattazione congiunta, sono fondate.

Infatti il D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 109, art. 140, comma 1 prescrive che “Qualora vi siano più persone danneggiate nello stesso sinistro e il risarcimento dovuto dal responsabile superi le somme assicurate, i diritti delle persone danneggiate nei confronti dell’impresa di assicurazione sono proporzionalmente ridotti fino alla concorrenza delle somme assicurate”. Non vale ad inficiare la censura la tesi del resistente secondo cui il D.P.R. 19 aprile 1993, rimasto in vigore sino all’11 giugno 2007 e, quindi, applicabile ratione temporis alla fattispecie (il sinistro mortale si verificò il (OMISSIS)) ha stabilito che “A decorrere dal 1 maggio 1993 i minimi di garanzia per l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti sono stabiliti per ciascun sinistro, indipendentemente dal numero delle vittime o dalla natura dei danni, per somme non inferiori alle seguenti: A) Per i veicoli del settore 1^ (Autovetture in servizio privato, autovetture da noleggio con conducente) e del settore 2^ (Autotassametri): L. 1.5000.000.000”, che corrispondono ad Euro 774.685,35.

Infatti tale importo è inferiore a quello (Euro 200.000,00 in favore della moglie, Euro 150.000,00 in favore di ciascuno dei quattro figli, Euro 100.000,00 in favore della madre e, quindi, complessivi Euro 900.000,00, oltre interessi) liquidati dalla sentenza impugnata.

Il terzo motivo lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, cioè la scelta dei parametri tabellari utilizzati, i criteri in astratto applicabili, la descrizione dell’applicazione degli stessi al caso concreto.

La censura è manifestamente infondata poichè nella liquidazione del danno la Corte territoriale doveva necessariamente ricorrere al criterio equitativo.

In tale ambito ha ritenuto di fare riferimento a tabelle comunemente utilizzate e ha personalizzato il risarcimento ancorandolo alle peculiarità della fattispecie.

Il quarto motivo adduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 190, nonchè 1227 e 2054 c.c. La censura, prospettata con esclusivo riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4 è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1 poichè non dimostra che la sentenza impugnata abbia deciso le questioni di diritto in modo difforme dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione. In realtà essa, pur formalmente formulata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione di norme di diritto, sottopone all’esame della Corte considerazioni che attengono al merito imponendo esame e valutazione delle risultanze processuali, peraltro senza rispettare il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Il quinto motivo ipotizza omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 1227 c.c. e all’esame del concorso di colpa della vittima.

La censura è inammissibile per mancanza di specifiche argomentazioni a sostegno.

Il sesto motivo adduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. in relazione agli artt. 1227 e 2054 c.c. La censura è inammissibile per le medesime ragioni indicate con riferimento al quarto motivo (art. 360-bis c.p.c., n. 1 e carattere fattuale della argomentazioni a sostegno.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La ricorrente ha presentato memoria ed ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che le argomentazioni addotte con la memoria dalla Assid con riferimento ai motivi di cui è stato proposto il rigetto non sono condivisibili e non inducono a statuizione diversa;

che, pertanto, i primi due motivi del ricorso debbono essere accolti per manifesta fondatezza, mentre gli altri quattro vanno rigettati essendo manifestamente infondati; spese rimesse; visti gli artt. 380- bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Accoglie il primo e secondo motivo del ricorso, rigetta gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Bari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile – 3, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2011

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