Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24032 del 23/10/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 24032 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 16290-2011 proposto da:
ANTOLINI

GIUSEPPE

NTLGPP55A21A285K,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PIETRO BORSIERI 3, presso lo
studio dell’avvocato DONNINI TIZIANA, rappresentato e
difeso dall’avvocato PERRONE CAPANO CARMINE, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2013
2477

contro
INTESA SANPAOLO S.P.A. 00799960158, (già BANCA INTESA
S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO
BERTOLONI 31, presso lo studio dell’avvocato PULSONI

Data pubblicazione: 23/10/2013

FABIO,

che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato RAPONE RAFFAELLA, giusta delega in atti;
– controricorrente avverso la sentenza n. 1425/2011 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 07/04/2011 R.G.N. 6154/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
GIUSEPPE

BRONZINI;

udito l’Avvocato GATTEGNA

RENZO

per delega

CARMINE

PERRONE CAPANO;

udito l’Avvocato RAPONE RAFFAELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udienza del 11/07/2013 dal Consigliere Dott.

Udienza 11.7.2013, causa n.3
R.G. n. 16290/2011

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello di Bari con sentenza del 7.4.2011 accoglieva l’appello proposto
dalla Intesa San Paolo spa avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Trani in data
5.2.2007 con la quale era stato dichiarato illegittimo il licenziamento disciplinare
intimato ad Antolini Giuseppe ( con le conseguenze precisate in sentenza) e
conseguentemente, in riforma della impugnata sentenza, rigettava la domanda
proposta dal detto Antolini. Al lavoratore veniva contestato di avere, dopo una rapina
perpetrata ai danni della Filiale di Andria della Banca Intesa San Paolo spa ove era
addetto come cassiere, denunciato il 2.3.2004 subito dopo l’evento, la sottrazione della
somma di euro 10.000,00 consegnata sotto minaccia di un taglierino ai rapinatori, ma il
18.3.2004 di avere poi riferito alla polizia di Andria di avere ritrovato la stessa somma.
La Corte territoriale osservava che la notifica dell’atto di appello doveva ritenersi
regolare in quanto l’originaria notifica non era inesistente, ma nulla e quindi ben poteva
essere rinnovata. Nel merito osservava ancora che la sentenza di assoluzione in sede
penale ex art. 530 c.p.p. non precludeva l’accertamento di eventuali responsabilità di
natura disciplinare, chiaramente emergenti nel caso in esame. L’Antolini aveva reso dei
fatti tre versioni tra loro contrastanti: una prima il giorno della rapina in cui aveva
affermato di aver consegnato direttamente al rapinatore due mazzette di euro 5.000,00
(ribadita nelle dichiarazioni rese il 18.3.2004 alla polizia), una seconda nella
dichiarazione del 19.3.2004 in cui aveva invece affermato di aver ritrovato le mazzette
nella cassafortina della Banca il 18.3.2004, dopo l’interrogatorio, una terza il 31.3.2004
(ribadita il 16.4.2004) di cui invece sosteneva di aver ritrovato le 2 mazzette sin dal
16.3.2004 e di averle portate poi a casa, indeciso su come giustificare il ritrovamento.
La Corte territoriale osservallae nel tempo trascorso tra l’originaria dichiarazione e le
successive il rapinatore era stato arrestato ed aveva negato di essersi impadronito
anche della somma in parola; inoltre dopo la rapina l’Antolini e il Terlizzi avevano fatto
meticolose ricerche per accertare le somme mancanti senza rinvenire le mazzette di
cui si discute; infine l’Antolini nelle ultime dichiarazioni aveva sostenuto di aver ritrovato
le mazzette il 16, ma aveva nascosto la circostanza il 18 durante l’interrogatorio subito
da parte della polizia ( durante il quale aveva appreso che il rapinatore negava di avere
sottratto anche la somma in parola). Inoltre, per la Corte di appello, appariva
inverosimile che le mazzette fossero state rinvenute nel cestello della cassaforte
bancomat che era stata controllata con le altre cassaforti dopo la rapina ed anomalo il
preteso comportamento tenuto dall’Antolini che, ritrovata la somma in Banca, non
aveva informato i colleghi e l’aveva poi portata a casa, restituendola solo quando
aveva appreso che il rapinatore contestava la sottrazione anche della somma in
discussione. Tali elementi conducevano a ritenere che le dichiarazioni rese dall’Antolini
di aver consegnato sotto minaccia la somma di 10.00,00 euro non erano veritiere.

.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’Antolini con due motivi; resiste la
Intesa San Paolo spa con controricorso; le parti hanno depositato memorie illustrative
ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 330 c.p.c.; la
violazione e falsa applicazione dell’art. 291 c.p.c. Errores in procedendo,
improcedibilità e/o inammissibilità del ricorso in appello. Il ricorso in appello era stato
notificato presso il difensore e non presso la residenza dichiarata; non poteva essere
disposta una nuova notifica ex art. 291 c.p.c. poiché l’originaria notifica era stata
eseguita presso soggetti che non avevano alcun riferimento con il destinatario dell’atto.
Il motivo appare infondato dovendosi sul punto condividere l’opinione della Corte di
appello secondo la quale la originaria notificazione dell’atto di appello era nulla, ma non
inesistente e quindi sanabile o attraverso la costituzione di parte appellata o attraverso
la rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 291 c.p.c. : questa Corte ha infatti
recentemente precisato che ” è nulla e non inesistente la notificazione eseguita in
luogo e a soggetto diversi da quelli indicati nella norma processuale, ma aventi sicuro
riferimento con il destinatario dell’atto, quale la notificazione effettuata al procuratore
costituito presso un indirizzo diverso da quello indicato come domicilio e coincidente
con quello della parte: conseguentemente la nullità è sanabile mediante costituzione
della parte- che non può ritenersi intervenuta con la semplice deduzione della nullità
della notificazione- o in forza della rinnovazione della notifica ex art. 291 C-. P.C.” ( cass.
N. 18238/2012), principio sicuramente applicabile al caso di specie in cui la
notificazione è avvenuta presso il difensore e non nella residenza dichiarata ( pag. 6
della sentenza impugnata), quindi a soggetto avente ” sicuro riferimento con il
destinatario dell’atto”. Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto la mera nullità della
notifica e disposto su istanza di Banca Intesa la sua rinnovazione.
Con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. .
Inesistenza della giusta causa di licenziamento. Violazione e falsa applicazione dell’art.
18 L. n. 300/70 e del principio di immutabilità della contestazione. Violazione e falsa
applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 345 c.p.c. Omessa, insufficiente motivazione
circa un punto decisivo della controversia. Si era contestato all’Antolini un fatto diverso
2

Circa la documentazione medica prodotta diretta ad attestare uno stato confusionale
dell’appellato la Corte territoriale osservava che la documentazione obiettivamente
attestava solo una pressione arteriosa elevata, ma gli allegati disturbi provenivano
dalle stesse dichiarazioni dell’Antolini: in ogni caso non vi erano motivi per ascrivere
l’alterazione emotiva all’episodio della rapina e non anche alla cattura del rapinatore
con conseguente contestazione di aver sottratto la somma in realtà mai consegnata
dall’Antolini. Inoltre l’Antolini si era recato dal neurologo non nell’immediatezza della
rapina, ma a distanza di un mese, quando erano intervenuti i dubbi prima ricordati
sull’effettiva sottrazione della somma. Per la Corte territoriale non sussistevano dubbi
sull’idoneità del grave fatto contestato a ledere il rapporto fiduciario tra le parti, tenuto
anche conto della mansioni di cassiere svolte.

Il motivo appare infondato. La Corte di appello, ricostruendo analiticamente le varie
dichiarazioni rese dall’Antonini dal giorno della rapina, ha solo accertato la reale
sussistenza del fatto addebitato e cioè l’ avere ( il lavoratore) prima dichiarato di avere
consegnato al rapinatore sotto minaccia la somma di euro 10.000,00 e poi a distanza
di pochi giorni di aver sostenuto di aver ritrovato la detta somma. La complessa e
molto attenta ricostruzione dell’accaduto sulla base delle dichiarazioni rese dall’Antolini
stesso e di alcune prove testimoniali hanno portato, come detto, a ritenere fondate le
contestazioni e non ad acclarare ulteriori fatti. Premesso che è pacifico in
giurisprudenza che un’eventuale assoluzione in sede penale ( peraltro come osserva la
Corte di appello ex art. 530 c.p.c.) non esclude che i fatti per i quali si è svolto il
processo penale possano integrare una responsabilità disciplinare, parte ricorrente non
dimostra e spiega in alcun modo come la sentenza penale si ponga in contrasto con
quella oggi impugnata posto che la stessa sentenza non è stata prodotta ( né si indica
l’incarto processuale ove la stessa sia eventualmente disponibile ), né si citano
passaggi ed accertamenti della stessa che escludano quanto invece ritenuto dai
Giudici di appello nella controversia civile. Parte ricorrente deduce solo che in sede
penale si sarebbe stabilito che l’Antolini non sarebbe un ladro, ma tale contestazione
non è stata mai mossa alla parte intimata. Le altre censure appaiono di merito, dirette
ad una rivalutazione del fatto e pertanto sono inammissibili in questa sede. La Corte di
appello ha congruamente e logicamente motivato in ordine alla sussistenza dei fatti
addebitati indicando sicuri e solidi elementi in gran parte incentrati sulle stesse
dichiarazioni rese nel tempo dall’Antolini che dimostrano la non veridicità della prima
versione dei fatti, dovendosi escludere che sia mai stata consegnata al rapinatore la
somma di 10.000,00 euro, e che portano a giudicare non credibile la tesi di un
rinvenimento successivo ” occasionale ” ed in buona fede della detta somma ( cfr.
pagg. 9-12 della sentenza impugnata), dovendosi ascrivere la successiva dichiarazione
dell’intimato di aver trovato causalmente la somma alla consapevolezza che nel
frattempo era stato arrestato il rapinatore che aveva recisamente negato di avere
sottratto anche tale somma. La Corte di appello ha poi congruamente e logicamente
valutato la documentazione medica ed ha escluso che la stessa potesse giustificare un
comportamento così anomalo dell’intimato. Circa la gravità del fatto la stessa è stata
attentamente esaminata e la Corte territoriale ha ricordato le mansioni comportanti per
natura una particolare affidamento sulla correttezza e lealtà del dipendente di cassiere
svolte dall’Antolini. Si tratta anche in questo caso di una valutazione riservata al
Giudice di merito che è stata correttamente ed adeguatamente motivata.

3

rispetto a quello accertato dalla Corte di appello. La sentenza emessa in sede e
passata in cosa giudicata accertava definitivamente che l’Antolini non aveva sottratto la
somma di 10.000,00 euro, mentre tale accertamento era stato del tutto trascurato dai
Giudici di appello. Non erano stati considerati elementi importanti che dimostravano
l’estraneità dell’Antolini rispetto ai fatti contestati come il comportamenti tenuto durante
la rapina, le dichiarazioni rese dai testi Liso e Terlizzi. Avere reso due dichiarazioni
diverse non può integrare un fatto così grave da ledere il rapporto fiduciario ex art.
2119 c.c. Inoltre era emerso uno stato di grave choc e di perdurante alterazione
psichica dell’Antolini che era stato gravemente minacciato in dipendenza della rapina e
non era stata considerata la notevole anzianità lavorativa ( 25 anni senza alcuna
sanzione disciplinare).

Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese di lite del giudizio di legittimitàliquidate come al dispositivo- seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle

nonché in euro 4.500,00 per compensi oltre accessori.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del ~13

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2″5

dcÌ….

spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 50,00 per spese,

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