Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24032 del 12/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 12/10/2017, (ud. 07/06/2017, dep.12/10/2017),  n. 24032

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7910-2012 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS) in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso

dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. CARONCINI

51, presso lo studio dell’avvocato LUCA SIMONETTI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO SLATAPER,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1730/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/03/2011 R.G.N. 8788/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/06/2017 dal Consigliere Dott. CAVALLARO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO;

udito l’Avvocato STEFANO SLATAPER.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 18.3.2011, la Corte d’appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, condannava l’INPS a riliquidare la pensione spettante a G.D. con l’inclusione, nelle fasce di retribuzione convenzionale assunte quale base di calcolo, dell’indennità estero percepita negli anni 1998 – 2002.

La Corte, in particolare, riteneva che l’indennità estero avesse natura retributiva e, come tale, andasse a comporre per intero il trattamento sulla cui base computare l’importo della pensione dovuta.

Contro tale pronuncia ricorre l’INPS, con tre motivi di censura. G.D. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48, comma 8, come modificato dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 3, e del D.L. n. 398 del 1987, artt. 1 e 5, nonchè vizio di motivazione, per non avere la Corte di merito ritenuto che, essendo l’indennità estero parificabile all’indennità di trasferta, doveva essere computata nell’imponibile contributivo relativo agli anni 19982000 solo in misura pari al 50%.

Con il secondo motivo, l’Istituto lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48, comma 8-bis e L. n. 342 del 2000, art. 36, comma 1, per non avere la Corte territoriale ritenuto analogamente anche per gli anni 2001-2002.

Da ultimo, con il terzo motivo, l’Istituto ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione del D.L. n. 317 del 1987, art. 4, cit., nonchè di vizio di motivazione, per non avere la Corte di merito verificato se, per effetto della inclusione dell’indennità estero nella retribuzione percepita, dovesse farsi luogo all’applicazione di una fascia superiore di retribuzione convenzionale su cui calcolare la retribuzione pensionabile. Ritenuto che tale ultima doglianza risulta smentita per tabulas da quanto affermato a pag. 3 della sentenza impugnata, dove si legge testualmente che “secondo quanto affermato dal primo giudice, con affermazione rimasta incontestata, l’attribuzione di una fascia di retribuzione convenzionale inferiore a quella reclamata dall’odierno appellante scaturisce dalla mancata inclusione nella retribuzione di riferimento della indennità estero” percepita dall’odierno controricorrente, i primi due motivi possono essere trattati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure svolte, e sono infondati.

Questa Corte, invero, ha costantemente insegnato che la qualificazione dell’assegnazione di un lavoratore ad una sede estera in termini di trasferta o trasferimento, al pari di quella relativa alla natura retributiva, risarcitoria o mista dei trattamenti economici aggiuntivi attribuiti, è riservata al giudice di merito, la cui, valutazione costituisce giudizio di fatto che, se congruamente motivato, non è censurabile dal giudice di legittimità (cfr. da ult. Cass. n. 18479 del 2014, sulla scorta di Cass. nn. 3278 del 2004 e 6240 del 2006).

Nel caso di specie, la Corte territoriale, dopo aver esaminato i contratti di volta in volta stipulati tra l’odierno controricorrente e il proprio datore di lavoro, dove erano previsti specifici rimborsi spese per i viaggi e/o i trasferimenti autorizzati della famiglia (che implicavano la messa a disposizione gratuita di un alloggio), ha escluso che l’indennità estero, in ragione delle modalità della sua corresponsione, avesse anche solo in parte natura risarcitoria o di rimborso spese, concludendo consequenzialmente che non vi fosse ragione per escluderne la natura retributiva. E poichè l’INPS, pur avendo dedotto al riguardo un vizio di motivazione, non ha tuttavia indicato alcun fatto (anche secondario) decisivo dalla cui considerazione potesse discendere un giudizio differente da quello espresso dai giudici di merito, resta conseguentemente esclusa la violazione o falsa applicazione delle disposizioni citate nella rubrica dei due motivi, tanto più che – come questa Corte ha avuto già modo di precisare, ribadendo il principio secondo cui, ai fini dell’individuazione della base imponibile per la determinazione dei contributi previdenziali dovuti in relazione alla posizione di lavoratori italiani che prestano attività lavorativa all’estero, deve aversi riguardo alla retribuzione effettivamente corrisposta – la natura stessa della delega di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 19, lett. a), in base alla quale l’equiparazione della definizione di reddito di lavoro dipendente ai fini fiscali e previdenziali deve essere operata “ove possibile”, non è tale da determinare la natura recettizia del rinvio alle richiamate disposizioni del D.P.R. n. 917 del 1986 a fini previdenziali, occorrendo esaminare la compatibilità con il sistema previdenziale delle disposizioni di carattere fiscale (Cass. n. 17646 del 2016).

Il ricorso, pertanto, va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 giugno 20017.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2017

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