Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24030 del 12/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 12/10/2017, (ud. 07/06/2017, dep.12/10/2017),  n. 24030

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3478-2012 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS)

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso dagli

avvocati VINCENZO TRIOLO, EMANUELE DE ROSE, ANTONIETTA CORETTI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CIPRO 77,

presso lo studio dell’avvocato GERARDO RUSSILLO, rappresentato e

difeso dall’avvocato SEVERINO NAPPI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 972/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 17/02/2011 R.G.N. 2664/10;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/06/2017 dal Consigliere Dott. MANCINO ROSSANA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

udito l’Avvocato VINCENZO STUMPO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Napoli rigettava, per intervenuta prescrizione, la domanda dell’attuale intimato intesa ad ottenere la condanna dell’I.N.P.S. al pagamento della somma di Euro 1.232,57, oltre accessori, a titolo di differenze sulle ultime tre mensilità di retribuzione dell’anno 2002 dovute dai Fondo di garanzia presso l’Istituto medesimo, come conseguenza dell’amministrazione straordinaria dell’Istituto di Vigilanza Partenopea Combattenti e Reduci s.r.l., alle cui dipendenze il predetto aveva lavorato.

2. La decisione veniva riformata dalla Corte di appello di Napoli che, con sentenza del 17 febbraio 2011, riconosceva il predetto credito in favore del summenzionato lavoratore.

3. Preliminarmente rigettata l’eccezione di decadenza, versandosi in ipotesi di richiesta di adeguamento di una prestazione riconosciuta in importo inferiore, ed affermata la natura retributiva della prestazione a carico del Fondo, per la Corte di merito, sussistendo una obbligazione solidale tra l’I.N.P.S. ed il datore di lavoro, non poteva ritenersi decorso il termine di prescrizione per la ragione che, al momento della presentazione del ricorso giudiziario nei confronti dell’I.N.P.S., la procedura concorsuale riguardante la società datrice era ancora in corso.

4. Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’I.N.P.S., affidandosi a due motivi, ulteriormente illustrato con memoria.

5. F.M. ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo l’Inps deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4, comma 1, convertito in L. 14 novembre 1992, n. 438, lamentando che il Giudice d’appello non si sia avveduto del fatto che all’accoglimento della domanda ostava anche, nella specie, l’intervenuta decadenza sostanziale dall’azione prevista dal D.P.R. 639 del 1970, art. 47 essendo trascorso, tra la presentazione della domanda amministrativa (in data 12 maggio 2004) e la data di deposito del ricorso in giudizio (il 26 giugno 2007), un termine superiore ad un anno e trecento giorni, e che tale principio doveva applicarsi, nella specie, pur venendo in considerazione una domanda di riliquidazione.

7. Con il secondo motivo l’Istituto deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1992, art. 1, comma 1 e art. 2, nonchè della L. n. 297 del 1982, art. 2,comma 2, censurando la decisione della Corte territoriale nella parte in cui ha rigettato l’eccezione di prescrizione.

8. Il primo motivo è infondato.

9. Come già ritenuto in molteplici decisioni di questa Corte (v., fra le più recenti, Cass. 7 marzo 2017, n. 5724 e i numerosi precedenti ivi richiamati), in tema di decadenza dalle azioni giudiziarie volte ad ottenere la riliquidazione di una prestazione pensionistica parzialmente riconosciuta, la novella del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 1, lett. d), conv. in L. 15 luglio 2011, n. 111 – che prevede l’applicazione del termine decadenziale di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47anche alle azioni aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito – detta una disciplina innovativa che, anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 69 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del predetto D.L. n. 98 del 2011, art. 38,comma 4, non trova applicazione ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, per i quali vale il generale principio dell’inapplicabilità del termine decadenziale (cfr. Cass. n. 1071 del 2015 e più recentemente n. 21700 del 2016).

10. Nella specie, trattandosi di un ricorso depositato in data 26 giugno 2007, non era applicabile la normativa invocata dall’Istituto ricorrente ma la disciplina previgente, nell’interpretazione data dalle Sezioni unite della Corte (v., Cass., Sez. U., 29 maggio 2009, n. 12720) nel senso che la decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166, – non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo, come nella specie, l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene peraltro nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale.

11. Il secondo motivo è fondato alla luce dei numerosi precedenti di questa Corte, ai quali va data continuità, resi in casi analoghi (cfr. da ultimo, Cass. 10 maggio 2016, n. 9495; Cass. 13 ottobre 2015, nn. 20547 e 20548; Cass. 9 settembre 2013, n. 20675; Cass. 8 maggio 2013, n. 10875; Cass. 23 luglio 2012, n. 12852).

12. Va ricordato come questa Corte, con riferimento al TFR, ma affermando principi di diritto relativi al Fondo in questione e alle obbligazioni a carico dello stesso, che, dunque, possono trovare applicazione anche con riguardo agli altri crediti di lavoro non corrisposti, ha ribadito (Cass. n. 16617 del 2011, n. 8265 del 2010) che, mutando il precedente indirizzo, il diritto del lavoratore di ottenere dall’I.N.P.S., in caso di insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del T.F.R. a carico dello speciale fondo di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2, ha natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale ed è perciò distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro (restando esclusa, pertanto, la fattispecie di obbligazione solidale), diritto che si perfeziona (non con la cessazione del rapporto di lavoro ma) al verificarsi dei presupposti previsti da detta legge (insolvenza del datore di lavoro, verifica dell’esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all’esito di procedura esecutiva).

13. Invero,il Fondo di garanzia costituisce attuazione di una forma di assicurazione sociale obbligatoria (con relativa obbligazione contributiva posta ad esclusivo carico del datore di lavoro), con la sola particolarità che l’interesse del lavoratore alla tutela è conseguito mediante l’assunzione, da parte dell’ente previdenziale, in caso d’insolvenza del datore di lavoro, di un’obbligazione pecuniaria il cui quantum è determinato con riferimento al credito di lavoro nel suo ammontare complessivo.

14. Il diritto alla prestazione del Fondo nasce non in forza del rapporto di lavoro, ma del distinto rapporto assicurativo – previdenziale, in presenza dei presupposti previsti dalla legge: insolvenza del datore di lavoro e accertamento del credito nell’ambito della procedura concorsuale, secondo le regole specifiche di queste; formazione di un titolo giudiziale ed esperimento non satisfattivo dell’esecuzione forzata.

15. D’altronde, la natura previdenziale dell’obbligazione assunta dal Fondo è stata affermata dalla Corte avuto riguardo all’applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c.(Cass. n. 23930/2004), alla necessità del previo esperimento del procedimento amministrativo e alla conseguente sospensione della prescrizione durante il suo svolgersi (Cass. n. 21595/2004).

16. Insomma, la Corte è pervenuta alla conclusione che non si tratta di un’unica obbligazione con pluralità di debitori, ma di distinte obbligazioni di diversa natura (Cass. n. 5663/2001), il che esclude l’applicabilità dell’art. 1310 c.c..

17. Il complesso delle considerazioni svolte e il richiamo ai più recenti arresti della giurisprudenza della Corte giustificano l’abbandono degli orientamenti in precedenza espressi sulla questione, secondo i quali, l’accollo ex lege avrebbe comportato l’aggiunta del Fondo al datore di lavoro per l’adempimento della medesima obbligazione, con applicazione di tutte le regole delle obbligazioni solidali.

18. Si è, quindi, consolidato il principio per cui il diritto del lavoratore di ottenere dall’INPS, in caso d’insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del TFR a carico dello speciale Fondo di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2, ha natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale, che si perfeziona (non con la cessazione del rapporto di lavoro, ma) al verificarsi dei presupposti previsti da detta legge (insolvenza del datore di lavoro, verifica dell’esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all’esito di procedura esecutiva), con la conseguenza che, prima che si siano verificati tali presupposti, nessuna domanda di pagamento può essere rivolta all’INPS, e, pertanto, non può decorrere la prescrizione del diritto del lavoratore nei confronti del Fondo di garanzia (conf. Cass. n. 12971/2014; Cass. n. 20675/2013; Cass. n. 10875/2013; Cass. n. 12852/2012).

19. In definitiva, il termine di prescrizione di un anno non resta interrotto nei confronti del Fondo finchè si protrae la procedura concorsuale a carico del datore di lavoro (cfr. Cass. n. 12852/2012) e, d’altronde, l’esecutività dello stato passivo già accerta l’esistenza del credito del lavoratore e gli consente di rivolgersi subito all’INPS.

20. Ebbene, avendo l’odierno intimato presentato domanda all’I.N.P.S. in data 12 maggio 2004 (successivamente al deposito dello stato passivo, reso esecutivo in data 29 gennaio 2004), all’epoca dell’instaurazione del giudizio (la domanda in primo grado veniva proposta con ricorso del 26 giugno 2007), il termine annuale di prescrizione dei crediti azionati era da ritenere ormai spirato, non essendo intervenuti altri atti interruttivi.

21. Il ricorso va, pertanto, accolto, con la cassazione dell’impugnata sentenza e, non essendo necessari accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda azionata dal lavoratore.

22. Il travagliato sviluppo giurisprudenziale sulla natura del credito per cui è causa e sulle sue conseguenze in tema di prescrizione, consiglia la compensazione tra le parti delle spese dell’intero processo.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassata la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’azionata domanda; spese compensate dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2017

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