Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24029 del 06/09/2021

Cassazione civile sez. lav., 06/09/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 06/09/2021), n.24029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7546-2015 proposto da:

I.N. P. S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN;

– ricorrente –

contro

L.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato ANDREA DE ROSA, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2268/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/03/2014 R.G.N. 8084/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/03/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con sentenza del 12 marzo 2014, la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza del tribunale della stessa sede che aveva accolto la domanda della sig.ra L.L. alla riliquidazione della pensione di vecchiaia in godimento, nella misura corrispondente all’anzianità contributiva di 35 anni, secondo le previsioni della L. n. 11 del 1996, art. 4.

In particolare, ritenuto pacifico l’ammontare della retribuzione annua pensionabile e controversa solo la quota alla quale riferire l’anzianità convenzionale al fine di individuare l’aliquota di rendimento relativa, la Corte territoriale ha applicato la quota B in relazione alla anzianità contributiva maturata al 31.12.94.

Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per un motivo, cui resiste la pensionata con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con unico motivo si deduce violazione del D.Lgs. n. 414 del 1996, art. 3,D.L. n. 501 del 1995, art. 4 conv. in L. n. 11 del 1996, per avere la sentenza impugnata trascurato che, essendo la maggiorazione figurativa, essa va calcolata solo dopo la formazione della graduatoria e l’individuazione degli aventi diritto sulla base dello stanziamento, e quindi solo dopo l’approvazione del prepensionamento (sebbene poi tale maggiorazione andasse riferita al momento di cessazione del rapporto di lavoro).

Il ricorso è fondato.

Nel contesto di un processo di riorganizzazione e risanamento del settore, si è previsto un incentivo al prepensionamento dei lavoratori addetti ai pubblici servizi di trasporto disciplinato dal D.L. n. 501 del 1995, attraverso l’accredito di una contribuzione figurativa in aggiunta al periodo effettivamente lavorato in relazione ad un’anzianità virtuale, al fine di accelerare la maturazione del diritto a pensione (ma con effetto altresì sulla misura della prestazione), a valere naturalmente nel momento dell’effettiva cessazione dell’attività lavorativa.

Questa Corte ha già chiarito in proposito che, mentre la contribuzione effettiva al 31 dicembre 1994 è considerata solo al fine di predisporre i piani di pensionamento anticipato da sottoporre all’approvazione, il pensionamento non può che avvenire successivamente, per cui la maggiorazione va ad aggiungersi alla totale contribuzione effettiva, compresa quella successiva, accreditata nelle more dell’approvazione del piano e fino alla sua attuazione; dunque, l’incremento figurativo deve essere collocato al momento della cessazione del lavoro, necessariamente compreso tra il 10 gennaio 1995 e il 31 dicembre 1997, cioè quando si sarebbe appresa la reale misura della maggiorazione in relazione alla platea degli aventi diritto.

Ne deriva che la maggiorazione contributiva deve essere imputata alla quota di pensione maturata successivamente al 31.12.1994, onde ad essa deve essere applicata l’aliquota annua di rendimento del 2 per cento, prevista dalla normativa in vigore a tale momento, e non invece l’aliquota del 2,5 per cento applicabile sulla contribuzione maturata fino al 31 dicembre 1994 (Cass. nn. 20496 del 2017, 11242 del 2019, 19401/2020, 18170/20).

Non essendosi la Corte territoriale attenuta a detto principio, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2021

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