Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24028 del 16/11/2011

Cassazione civile sez. III, 16/11/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 16/11/2011), n.24028

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15529/2010 proposto da:

EMILOS SRL (OMISSIS) in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 180, presso

lo studio dell’avvocato BRASCHI Francesco, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FERRARI CRISTIANO, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 675/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

22.5.09, depositata il 04/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito per il ricorrente l’Avvocato Francesco Braschi che si riporta

agli scritti e insiste per l’accoglimento.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO

BASILE che si riporta alla relazione scritta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 4/6/2009 la Corte d’Appello di Bologna respingeva il gravame interposto dalla società Emilos s.r.l. in relazione alla pronunzia Trib. Reggio Emilia 21/7/2008 di accoglimento della domanda nei suoi confronti monitoriamente dal sig. B.V. a titolo di pagamento somme concernenti contratto di locazione, nonchè di rigetto della spiegata domanda riconvenzionale.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Emilos s.r.l. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 645, 647 c.p.c., artt. 1366, 1428 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1331, 1372, 1218, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3 motivo denunzia omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366 bis c.p.c., dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108)-, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Orbene, nel caso i motivi con i quali si denunzia violazione di norme di diritto non recano invero il prescritto quesito di diritto.

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c., rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso il motivo con il quale si denunzia vizio di motivazione non reca invero la chiara indicazione – nei termini più sopra indicati – delle ragioni delle doglianze, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza.

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che la ricorrente ha presentato memoria;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, non infirmate da quanto osservato dal difensore della ricorrente nella memoria, ove si sostiene l’idoneità dei formulati quesiti e motivi;

considerato che è manifestamente infondata è la adombrata questione di legittimità dell’art. 366 bis c.p.c., in relazione all’art. 24 Cost., non sussistendo una limitazione del diritto di accesso al giudice, giacchè il requisito di contenuto – forma (consistente nel ridurre a sintesi il complesso degli argomenti critici sviluppati nella illustrazione del motivo) costituisce un mezzo di esercizio di detto diritto nell’ambito di un giudizio di impugnazione concepito primariamente come mezzo di verifica della legittimità della decisione, sicchè il requisito medesimo si accorda intrinsecamente con lo scopo e con la funzione del giudizio per il quale è stato imposto come onere a carico della parte (v. Cass., 29/4/2010, n. 10277; Cass., 4/2/2008, n. 2652);

ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile;

considerato che non è a farsi luogo a provvedimento in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2011

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