Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24028 del 12/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 12/10/2017, (ud. 23/05/2017, dep.12/10/2017),  n. 24028

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1500-2012 proposto da:

P.V., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PANAMA 74, presso lo studio dell’avvocato GIANNI EMILIO

IACOBELLI, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

verso la sentenza n. 7641/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 07/01/2011 R.G.N. 8640/2007.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che con sentenza n. 7641/2010, depositata il 7 gennaio 2011, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale il Tribunale di Napoli aveva respinto la domanda di P.V. per la dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto stipulato dallo stesso e dalla società Poste Italiane S.p.A., relativamente al periodo dall’8 ottobre 2003 al 15 gennaio 2004, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 “per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale inquadrato nell’Area Operativa e addetto al servizio recapito presso l’Ufficio di recapito di (OMISSIS) assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro”;

– che a sostegno della propria decisione la Corte ha osservato, da una parte, come la causale del contratto contenesse elementi che rendevano sufficientemente specifiche le ragioni giustificative dell’assunzione a termine e, dall’altra, come l’effettiva sussistenza di tali ragioni fosse dimostrata dai dati risultanti dal prospetto delle assenze/presenze del personale addetto al Servizio Recapito dell’Ufficio di (OMISSIS), nei mesi da ottobre 2003 a gennaio 2004, prodotto dalla società nel giudizio di primo grado;

– che nei confronti di tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore con tre motivi, illustrati da memoria;

– che la società ha resistito con controricorso;

rilevato che con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e della Direttiva CEE n. 70/99 in relazione agli artt. 1362 c.c. e segg. nonchè contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia e violazione degli artt. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c., il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte di merito ritenuto legittimo il contratto pur a fronte di una causale priva dei requisiti minimi richiesti dalla legge e, in particolare, dell’indicazione di elementi che consentissero di stabilire il numero dei lavoratori a tempo indeterminato da sostituire e le ragioni della loro assenza: indicazione peraltro possibile per una unità produttiva, come quella dell’Ufficio di (OMISSIS), non rientrante tra le realtà aziendali complesse e, pertanto, estranea al campo di applicazione della giurisprudenza (Cass. n. 1576/2010) richiamata dal giudice di appello;

– che con il secondo motivo, deducendo la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 2727 c.c. e segg. in relazione agli artt. 2697 c.c. e segg. ed al D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1 e 2, nonchè vizio di motivazione ed error in procedendo, il ricorrente si duole che la Corte di merito abbia considerato prova idonea il prospetto delle assenze/presenze prodotto dalla società, nonostante che a tale documento non potesse riconoscersi alcuna valenza probatoria, in quanto di provenienza unilaterale del datore di lavoro e privo di qualunque ulteriore indicazione circa la causa e il periodo delle assenze del personale di ruolo e le mansioni dallo stesso svolte; – 1 che con il terzo motivo, deducendo la violazione dell’art. 2110 c.c. in relazione al D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1 e 2, nonchè violazione dell’art. 2697 c.c., il ricorrente si duole che la Corte di merito abbia ritenuto specifica la causale dell’assunzione a termine, nonostante che nel contratto stipulato dalle parti non vi fosse l’indicazione del nominativo del lavoratore o dei lavoratori da sostituire (in contrasto con quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 214/2009); ed inoltre che abbia ritenuto dimostrate le ragioni poste a giustificazione dell’assunzione, pur non avendo la società provato nè che il ricorrente avesse sostituito lavoratori aventi diritto alla conservazione del posto, nè quali fossero tali lavoratori e le ragioni che ne avevano determinato l’assenza, nè i motivi che avevano escluso di poter fronteggiare i temporanei vuoti di organico con l’utilizzo di personale già in forza;

osservato che il primo e il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati;

– che, infatti, il giudice di appello si è uniformato al consolidato principio di diritto, per il quale “in tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità”: Cass. n. 23119/2010 (ord.); conformi: n. 1576/2010; n. 1577/2010;

– che, d’altra parte, l’appartenenza o meno dell’Ufficio postale di (OMISSIS) alla categoria delle situazioni aziendali complesse è questione di fatto, estranea, come tale, al presente giudizio di legittimità;

– che il secondo motivo di ricorso è, in primo luogo, inammissibile, dovendosi in proposito rilevare che – come più volte precisato da questa Corte – “il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative”: Cass. n. 17915/2010;

– che il motivo in esame è comunque infondato, posto che “il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (cfr., fra le molte conformi, Cass. n. 27197/2011);

ritenuto conclusivamente che il ricorso deve essere respinto;

– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2017

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