Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24027 del 23/10/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 24027 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: FILABOZZI ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 28838-2010 proposto da:
I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I
DIPENDENTI

DELLA

AMMINISTRAZIONE

97095380586, in persona del e

e

PUBBLICA
P9-9€47

TO

ttemporT7 elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA n. 29 presso AVV. MARINUZZI DARIO,
2013

che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2356
contro

PARISI ANGELO PRSNGL34S24F158E, domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE

Data pubblicazione: 23/10/2013

SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso

dall’avvocato MOBILIA FABRIZIO, giusta delega in
atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 921/2010 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/06/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
FILABOZZI;
udito l’Avvocato MOBILIA FABRIZIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di MESSINA, depositata il 07/07/2010 R.G.N. 761/2008;

r.g. n. 28838/10
udienza del 27.6.2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
,

Angelo Parisi, ex dipendente dell’Amministrazione comunale di Messina, ha chiesto che venisse
riconosciuto il proprio diritto al ricalcolo dell’indennità premio di servizio sulla base di una

monetaria sulle somme corrisposte in ritardo dall’ente previdenziale.
Il Tribunale di Messina ha accolto la domanda con sentenza che, sull’appello dell’Inpdap, è stata
confermata dalla Corte d’appello di Messina, che ha rigettato il gravame osservando, quanto
all’eccezione di prescrizione, che, essendo il termine applicabile quello decennale, la prescrizione
era stata interrotta dalle lettere raccomandate prodotte in atti e, quanto al secondo motivo di
gravame, che interessi legali e rivalutazione monetaria sui crediti previdenziali vanno riconosciuti
sulle somme dovute al lordo e non al netto delle ritenute fiscali e contributive, atteso che il
meccanismo di tale ritenute inerisce ad un momento successivo a quello dell’accertamento e della
liquidazione del credito e si riferisce invece al distinto rapporto di imposta.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Inpdap affidandosi a due motivi di ricorso
cui resiste con controricorso Angelo Parisi, che ha depositato anche memoria ai sensi dell’art. 378
c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 19 R.D. 2 novembre 1933, n. 2418, della
legge n. 152 del 1968, nonché dell’art. 2946 c.c., sostenendo che il termine di prescrizione
applicabile alla fattispecie è quello quinquennale, che decorre dalla data di collocamento a riposo,
sicché, essendo il Parisi cessato dal servizio in data 30.6.1995, il termine, al momento della lettera
interruttiva del 18.10.2000, era già decorso.
2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 16 della legge n. 412 del 1991 e 22,
comma 36, della legge n. 724 del 1994, nonché del regolamento del Ministero del tesoro n. 352 del
t- 1.9.98, relativamente alla statuizione con cui la Corte territoriale ha riconosciuto che gli interessi
legali e la rivalutazione monetaria devono essere calcolati sulle somme dovute al lordo anziché al
netto delle ritenute fiscali e previdenziali.

i

maggiore anzianità di servizio, nonché al pagamento degli interessi legali e della rivalutazione

3.- Il primo motivo, con il quale si ripropone la questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame
del termine di prescrizione quinquennale, è fondato quanto all’applicabilità del detto termine, ma
non per quanto riguarda l’individuazione del dies a quo del predetto termine prescrizionale, onde
l’accoglimento (parziale) del motivo, per quanto si dirà, non può determinare la cassazione della
sentenza impugnata – atteso che il dispositivo in essa contenuto deve ritenersi comunque conforme a
diritto – ma solo la parziale correzione della motivazione della stessa sentenza, ai sensi dell’art. 384,

E’ stato, infatti, affermato (cfr. ex multis Cass. n. 29916/2011, Cass. n. 78/2006, Cass. n.
14589/2002, Cass. n. 12618/2001, Cass. n. 1730/98, Cass. n. 5044/94) che il termine prescrizionale
relativo al diritto all’indennità premio di servizio corrisposta dall’Inadel (o alla sua riliquidazione o
al suo aggiornamento nel tempo), come pure alla rivalutazione monetaria relativa al suddetto diritto
– la quale, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 156 del 1991, costituisce una
componente essenziale del credito previdenziale, ovvero un tutt’uno con questo – è quello
quinquennale ai sensi dell’art. 19 del R.D. 2 novembre 1933 n. 2418, norma che non è stata
abrogata né espressamente né tacitamente dalla legge n. 152 del 1968. Il dies a quo dell’indicata
prescrizione quinquennale è il medesimo – sia per l’indennità premio di servizio che per la sua
rivalutazione – e va individuato, ai sensi dell’art. 2935 c.c., nel primo giorno successivo all’inutile
decorso dei centoventi giorni (previsti dall’art. 7 della legge n. 533 del 1973) dalla data del
collocamento a riposo dell’interessato; dallo stesso dies a quo costituito dal conto ventunesimo
giorno dal collocamento a riposo decorre la prescrizione, anch’essa quinquennale, ai sensi dell’art.
2948 n. 4 c.c., degli interessi (compensativi), che costituiscono oggetto di un’obbligazione
accessoria autonoma, anche se necessaria.
4.- Nella specie, la cessazione dal servizio era del 30.6.1995, i centoventi giorni scadevano il
28.10.1995, mentre il primo atto interruttivo era del 13.10.2000, onde il quinquennio non era
scaduto, né era scaduto alla data della seconda lettera interruttiva del 5.10.2005.
5.- Il primo motivo deve essere pertanto respinto, non essendo comunque decorso il termine di
prescrizione quinquennale, applicabile alla fattispecie in esame.
6.- Anche il secondo motivo è infondato. Questa Corte ha già affermato (cfr. ex multis Cass. n.
4224/2012, Cass. n. 12265/2003, Cass. n. 5363/2001, Cass. n. 10942/2000, Cass. n. 816/88) che gli
interessi legali e la rivalutazione monetaria sui crediti previdenziali – al pari degli interessi e della
rivalutazione monetaria sui crediti di lavoro (ex art. 429 c.p.c.) – vanno riconosciuti sulle somme
dovute al lordo, non già al netto delle ritenute fiscali e contributive, atteso che il meccanismo di tali
ritenute inerisce ad un momento successivo a quello dell’accertamento e della liquidazione delle
somme spettanti all’assicurato e si riferisce invece al distinto rapporto d’imposta, sul quale il

2

secondo comma, c.p.c.

giudice chiamato all’accertamento e alla liquidazione del credito previdenziale non ha il potere di
interferire.
La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di tale principio e non merita dunque le
censure che le sono state mosse dall’Istituto ricorrente.
7.- In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da
dispositivo, facendo riferimento alle disposizioni di cui al d.m. 20 luglio 2012, n. 140 e alla tabella

la distrazione in favore del difensore del resistente, avv. Fabrizio Mobilia, che ne ha fatto richiesta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio
liquidate in € 50,00 oltre € 2.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge, con
distrazione a favore dell’avv. F. Mobilia, antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2013.

A ivi allegata, in vigore al momento della presente decisione (artt. 41 e 42 d.m. cit.), disponendone

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