Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24024 del 30/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/10/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 30/10/2020), n.24024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosaria – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24770-2018 proposto da:

BETON ASFALTI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AREZZO 30 SCALA B INT. 10,

presso lo studio dell’avvocato GIACOMO MERLO, che la rappresenta e

difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore fallimentare,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA, N. 5, presso lo

studio dell’avvocato ERMANNO GATTO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FLAVIA TORRESANI giusta procura allegata al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 89/2018 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 12/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Paola

Vella.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Trento ha rigettato l’impugnazione proposta dalla Beton Asfalti S.r.l. avverso la sentenza con cui il Tribunale di Trento aveva accolto la domanda di inefficacia ex art. 67 L. Fall. proposta dal Fallimento (OMISSIS) S.r.l. con riguardo a tre pagamenti eseguiti dal Comune di Rumo e dal Comune di Cunevo, Cunevo, terzi pignorati, in favore della società impugnante quale creditore pignorante, rispettivamente in data 20/02/2011, 14/03/2011 e 06/06/2011, a fronte del fallimento dichiarato il 10/02/2012 in continuità alla procedura di concordato preventivo cui la stessa società era stata ammessa in data 10/06/2011.

Beton Asfalti ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui il Fallimento ha resistito con controricorso.

A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2. Con il primo motivo si lamenta la violazione dell’art. 67 L. Fall. per avere la corte d’appello ritenuto sufficiente, ai fini della scientia decoctionis, “la prova dell’aver ricevuto comunicazione di un piano di risanamento e dell’aver esperito azione esecutiva (anche se con esito positivo)”, così accedendo ad un concetto di conoscenza potenziale (conoscibilità) piuttosto che di conoscenza effettiva, mentre nel caso di specie “la Beton può al limite essersi resa conto che la (OMISSIS) non era un buon pagatore”, alla luce di “diversi elementi a contrario forniti alla Corte e da questa non considerati”.

2.1. La censura è inammissibile in quanto afferente la valutazione di merito della Corte d’appello circa gli elementi indiziari – tratti in specie dalla corrispondenza intercorsa tra le parti – ritenuti gravi, precisi e concordanti a fini della scientia decoctionis in capo alla odierna ricorrente.

2.2. Invero, sebbene formalmente proposto come vizio di violazione di legge, il motivo maschera in sostanza una censura motivazionale, formulata però senza rispettare i canoni dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – applicabili alle sentenze pubblicate, come quella impugnata, dopo l’11 settembre 2012 (Cass. Sez. U, 07/04/2014 n. 8053; cfr. ex multis Cass. 19761/2016, 27415/2018).

2.3. Inoltre, esso si risolve in una censura di merito sull’apprezzamento delle prove (non legali), non denunciabile in cassazione se non quale anomalia motivazionale ridondante, per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4), in violazione di legge costituzionalmente rilevante, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) (Cass. 23153/2018, 11892/2016), sia perchè la contestazione della persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione (come detto non adeguatamente censurata), sia perchè con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa lettura, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, trattandosi di accertamento di fatto precluso in sede di legittimità (ex plurimis, Cass. 11863/2018, 29404/2017, 16056/2016), dal momento che spetta al giudice del merito “in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultante del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (Cass. 19547/2017, 962/2015, 26860/2014).

2.4. Tali principi, applicati all’elemento soggettivo dell’azione revocatoria fallimentare ex art. 67 L. Fall., comma 2, hanno portato alle seguenti statuizioni: i) la scientia decoctionis in capo al terzo “è oggetto di apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato, potendosi formare il relativo convincimento anche attraverso il ricorso alle presunzioni, alla luce del parametro della comune prudenza ed avvedutezza e della normale ed ordinaria diligenza, con rilevanza peculiare della condizione professionale dell'”accipiens” e del contesto nel quale gli atti solutori si sono realizzati” (Cass. 3081/2018, 8827/2011); li) “la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente, pur dovendo essere elettiva, può essere provata anche mediante indizi e fondata su elementi di fatto, purchè idonei a fornire la prova per presunzioni di tale effettività”; iii) “la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione, così come il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto, costituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità” (ex multis, Cass. 29527/2019, 3854/2019, 3336/2015); iv) ai fini della prova di una effettiva e non meramente potenziale conoscenza dello stato di insolvenza, è sufficiente il riscontro di concreti elementi di collegamento con indizi connotati dai requisiti di gravità, precisione e concordanza, “dai quali possa desumersi che il terzo, facendo uso della sua normale prudenza ed avvedutezza, ed anche in considerazione delle condizioni in cui si è trovato concretamente ad operare, non possa non aver percepito la situazione di dissesto in cui versava il debitore” (Cass. 25635/2017).

3. Il secondo mezzo prospetta la violazione degli artt. 67 e 69-bis L. Fall. nonchè del D.L. n. 83 del 2012, art. 33, convertito in L. n. 134 del 2012, per avere la corte territoriale applicato il principio di consecuzione delle procedure ai fini della retrodatazione del cd. periodo sospetto, sebbene tanto la procedura di concordato preventivo quanto la successiva apertura del fallimento fossero antecedenti l’entrata in vigore della riforma (il 22 giugno per il D.L. il 12 agosto per la L. di conversione) che ha introdotto l’art. 69-bis L. Fall., il cui comma 2, dispone che, ove alla domanda di concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento, “i termini di cui agli artt. 64 e 65, all’art. 67, comma 1 e 2, e all’art. 69, decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese” (norma che si applica alle procedure di concordato preventivo introdotte “dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della L. di conversione”).

3.1. La censura è infondata, in quanto il principio della consecutio tra concordato preventivo e fallimento è stato ripetutamente affermato da questa Corte ancor prima della menzionata riforma del 2012 (v. Cass. 8970/2019, 15724/2019, 6045/2016), discutendosi semmai se la retrodatazione valesse con riguardo alla data della domanda di concordato (Cass. 25728/2016, 7324/2016, 5924/2016, 6031/2014, 8439/2012, 8437/2010) o della sua apertura (Cass. 13838/2019, 7324/2016, 21900/2013, 13445/2011, 28445/2008, 5527/2006).

3.2. In particolare, anche di recente è stato affermato che, “nel regime vigente prima dell’introduzione dell’art. 69 bis, comma 2, per effetto del D.L. n. 83 del 2012, art. 33, comma 1, conv. con modif., dalla L. n. 134 del 2012, i termini per la proposizione dell’azione revocatoria fallimentare decorrono dalla data del decreto di ammissione alla procedura di concordato e non da quella del deposito della relativa domanda, attesa l’omogeneità tra sentenza di fallimento e decreto di ammissione al concordato e considerato che gli effetti giuridici riconducibili alla detta domanda sono indicati tassativamente nell’art. 169 L.Fall.” (Cass. 8970/2019).

4. Con il terzo motivo ci si duole della violazione dell’art. 92 c.p.c., sotto un duplice profilo: i) l’errata inclusione nella revocatoria delle spese della procedura esecutiva; b) la mancata compensazione delle spese processuali.

4.1. I due profili di censura sono l’uno infondato – poichè oggetto dell’azione revocatoria è l’intero esborso del debitore in bonis, a prescindere dal titolo – l’altro inammissibile, poichè la compensazione delle spese è un potere discrezionale del giudice di merito sottratto a sindacato di legittimità (Cass. 11329/2019, 24502/2017 e 8421/2017; Cass. Sez. U, 14989/2005).

5. Segue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo.

6. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019; Cass. sez. U, 4315/2020).

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 100,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2020

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA