Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24018 del 23/10/2013
Civile Sent. Sez. 5 Num. 24018 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: MELONI MARINA
Data pubblicazione: 23/10/2013
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGRIMPEX SRL in persona dell’Amministratore Unico,
domiciliata in Roma Via della Balduina 120, presso lo
studio dell’Avv.to Ferruccio Auletta giusta procura
speciale in calce al ricorso
– ricorrente –
Contro
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del direttore pro
tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale
dello Stato in Roma Via dei Portoghesi 12
avverso la
sentenza n.138/15/08 depositata il
7/7/08 della Commissione Tributaria regionale della
Campania;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 8/1/2013 dal Consigliere
Dott.ssa Marina Meloni; udito l’avvocato Ferruccio
Auletta per la ricorrente e l’Avv.to dello Stato
Giuseppe Albenzio presenti in aula; udite le
conclusioni del P.M. in persona del sostituto
Procuratore Generale Pasquale Fimiani che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
A seguito di notifica di otto avvisi di rettifica
emessi dall’Agenzia delle Dogane Direzione di
Napoli, relativi ad operazioni di importazione di
aglio fresco con dichiarazione provenienza dalla
2
-controricorrente-
Cambogia,effettuate
nel periodo maggio
2003 al novembre 2004,
la società importatrice
AGRIMPEX srl presentava ricorso alla Commissione
Tributaria provinciale di Napoli. In particolare la
società, esercente attività di importazione di
dei maggiori diritti doganali richiesti a seguito
dell’accertamento in ordine alla reale provenienza
della merce, di origine cinese e non cambogiana, in
quanto, oltre agli altri motivi, sussistevano le
condizioni di cui all’art. 220 Reg.CEE 2913/92, che
preclude la contabilizzazione a posteriori
dell’obbligazione doganale in presenza di un errore
dell’autorità doganale e della buona fede
dell’operatore.
La Commissione tributaria
provinciale di Napoli
con sentenza nr. 414/01/03 rigettava i ricorsi
riuniti e confermava gli avvisi di rettifica
dell’accertamento emessi nei confronti della
società.
Su ricorso in appello proposto dalla società
importatrice, la Commissione tributaria regionale
della Campania, con sentenza nr.138/15/08
depositata in data 7/7/2008, confermava la sentenza
di primo grado. Avverso la sentenza della
Commissione Tributaria regionale ha proposto
3
prodotti, asseriva che non era tenuta al pagamento
ricorso per cassazione
Agrimpex srl con
tre motivi ed ha resistito l’Agenzia delle Dogane
con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
lamenta nullità della sentenza e del
procedimento in relazione all’art. 112 cpc e 360
n.4 cpc in quanto la CTR avrebbe dovuto motivare
la sentenza sulla base della fondatezza dei
presupposti di validità degli avvisi di
rettifica impugnati e non sulla base di fatti
successivi ed autonomi accertamenti di soggetti
terzi che, data la posteriorità cronologica,
neppure avrebbero potuto determinare l’emissione
degli avvisi.
2.A1 fine di comprendere meglio la vicenda occorre
premettere che la società ricorrente aveva
presentato nell’anno 2003 presso la Dogana di
Napoli otto dichiarazioni per l’importazione
definitiva di aglio fresco di provenienza
cambogiana unitamente ai certificati di origine
preferenziale FORM A rilasciati dal competente
ente di stato cambogiano attestanti l’origine
della merce ed il diritto al trattamento
daziario beneficiato previsto a favore dei paesi
meno sviluppati ex art.9 c.1 Reg. CE 2501/2001.
4
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente
Dopo
pubblicazione
la
in
data 12 agosto 2005 nella G.U. della UE di un
avviso agli importatori in ordine ad un
ragionevole dubbio relativo alla origine
cambogiana dell’aglio oggetto di importazione,
Campania redigeva processo verbale di
constatazione in data 24 marzo 2006 dal quale
risultava l’origine cinese del prodotto
importato anziché cambogiana e venivano avviate
le procedure di emissione di diversi avvisi di
accertamento suppletivi e di rettifica in data
18/4/2006 per la riscossione dei maggiori
diritti doganali dovuti a seguito
dell’accertamento della falsità dei certificati
di origine FORM A. Successivamente, in seguito
ad indagini effettuate dall’OLAF dal 23/1 al
1/2/07, veniva definitivamente stabilito che i
certificati di origine erano stati rilasciati
dall’Autorità cambogiana sulla base di
informazioni scorrette.
Il motivo proposto è infondato e deve essere
respinto. Infatti il ricorrente lamenta che il
giudice di appello ha ritenuto legittimi gli
avvisi di accertamento sulla base di fatti
successivi e motivazioni diverse da quelli
5
il Nucleo Regionale di Polizia Tributaria della
contenuti
nel
provvedimento
della P.A. nonché sulla base di documenti
prodotti solo in sede giurisdizionale. In realtà
la sentenza risulta motivata in modo adeguato e
sufficiente, anche se in forma succinta, in
Dogana di Napoli emettere gli avvisi di
rettifica con riferimento alle risultanze
investigative al momento in suo possesso”.
Appare quindi evidente che il giudice d’appello
ha ritenuto fondati gli avvisi di rettifica in
data 18 aprile 2006 già sulla base delle
indagini e del verbale redatto dal Nucleo di
Polizia Tributaria in data 24 marzo 2006, e non
sulla base di fatti o documenti successivi, come
le indagini effettuate dall’OLAF dal 23/1 al
1/2/07, le quali hanno comunque definitivamente
confermato che i certificati di origine erano
stati rilasciati dall’Autorità cambogiana sulla
base di informazioni scorrette e quindi ben
avrebbero potuto essere indicate dalla CTR come
ulteriori elementi di prova a carico della
società, pur se intervenuti in epoca successiva
all’emissione degli avvisi di rettifica.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente
denuncia
violazione e falsa applicazione
6
quanto testualmente riporta:”.., ben poteva la
dell’art.220
codice
CDC
doganale
comunitario Reg. Consiglio CE n.2913 del
12/10/1992 anche in relazione all’art.94 DAC,
nonché nullità della sentenza per omessa
motivazione circa un fatto controverso e
360 n.3 e n.5 cpc, in quanto la CTR ha omesso
del tutto qualsivoglia motivazione in ordine ai
motivi di appello esposti dalla ricorrente nelle
pagine da 22 a 43 del ricorso in appello e
riguardanti l’applicazione al caso specifico
dell’art. 220 comma 2 lett.B) CDC e la
sussistenza delle tre condizioni richieste per
l’applicazione.
3. Il secondo motivo è infondato e deve essere
respinto. In ordine alla violazione e falsa
applicazione dell’art. 220 CDC occorre
premettere che “in tema di imposizione fiscale
delle importazioni, l’esenzione prevista
dall’art. 220, secondo comma, lett. b), del Reg.
CEE n. 2913 del 1992 (cosiddetto Codice doganale
comunitario), che preclude la contabilizzazione
a posteriori dell’obbligazione doganale in
presenza di un errore dell’autorità doganale e
della buona fede dell’operatore, intende
7
decisivo per il giudizio in relazione all’art.
tutelare
il
legittimo
affidamento del debitore circa la fondatezza
degli elementi che intervengono nella decisione
di recuperare o meno i dazi. Per essere
applicata, essa richiede un compiuto esame da
parte del giudice sulla ricorrenza della buona
fede che deve essere dimostrata dal soggetto che
intende avvalersi dell’agevolazione, attraverso
la prova della sussistenza cumulativa di tutti i
presupposti indicati dalla norma perchè resti
impedito il recupero daziario, ed in
particolare: a) un errore imputabile alle
autorità competenti; b) un errore di natura tale
da non poter essere riconosciuto dal debitore in
buona fede, nonostante la sua esperienza e
diligenza, ed in ogni caso determinato da un
comportamento attivo delle autorità medesime,
non rientrandovi quello indotto da dichiarazioni
inesatte dell’operatore; c) l’osservanza da
parte del debitore di tutte le disposizioni
previste per la sua dichiarazione in dogana
dalla normativa vigente. (Sez. 5, Sentenza n.
15297 del 10/06/2008). A tale proposito la
sentenza della CTR non ha ravvisato nella
fattispecie un errore commesso in via autonoma
.
dalle
Doganali locali in
Autorità
quanto, nel caso in esame, l’errore è stato
indotto dalle inesatte indicazioni ( scoperte in
un momento successivo all’assoggettamento
daziario) fornite nei documenti consegnati alle
comunque responsabile l’importatore che li ha
prodotti, nel caso in cui se ne accerti la
mancata corrispondenza al vero del contenuto.
4. Osserva altresì il collegio che, in tema di
tributi doganali, le Autorità doganali devono
procedere alla contabilizzazione a posteriori
dei dazi doganali, a meno che sussistano
contemporaneamente tutte le condizioni poste
dall’art. 220, n.
2,
lett. b), del Regolamento
CEE n. 2913/1992 del Consiglio del 12 ottobre
1992, come sopra richiamate; in particolare,
detto errore non può consistere nella mera
ricezione di dichiarazioni inesatte
dell’esportatore, dato che l’Amministrazione non
deve verificarne o valutarne la veridicità, ma
richiede un comportamento attivo, perché il
legittimo affidamento del debitore è protetto
solo se le autorità competenti hanno determinato
9
predette autorità, della cui regolarità resta
i presupposti su cui
si basa la sua
fiducia, mentre la Comunità non è tenuta a
sopportare le conseguenze pregiudizievoli di
comportamenti scorretti dei fornitori degli
importatori (Cass. 2012/4022). Inoltre
220,
secondo
comma, lett. b), del Codice doganale
comunitario, che preclude la contabilizzazione a
posteriori dell’obbligazione doganale in
presenza di un errore dell’autorità doganale e
della buona fede dell’operatore, presuppone la
genuinità del certificato di origine, cioè la
sua regolarità formale e sostanziale. Di
conseguenza spetta all’importatore che intende
usufruire dell’esenzione dimostrare l’origine
della merce che importa e, in ogni caso, il suo
stato soggettivo di buona fede, mediante la
prova della sussistenza cumulativa di tutti i
presupposti indicati dalla citata norma, mentre
all’Autorità doganale incombe esclusivamente
l’onere di dare dimostrazione delle irregolarità
delle certificazioni presentate, atteso che
qualsiasi certificato che risulti inesatto
autorizza il recupero a posteriori, senza
necessità di alcun procedimento intermedio che
10
l’esenzione prevista dall’art.
convalidi
la
autenticità,
non
provvedendo gli stessi organi dell’esecutivo
comunitario a fornire tramite le disposte
commissioni di inchiesta le conclusioni cui
debbono attenersi le Autorità nazionali (Cass.
5. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente
denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art.7 comma l legge 27/7/2000 n.212 ed 11
comma 5-bis d.lgs. 8/11/1990 n.374 ai sensi
dell’art. 360 nr.3 cpc, in quanto la CTR avrebbe
dovuto dichiarare la nullità dell’avviso di
rettifica per omessa indicazione dei presupposti
di fatto ed omessa allegazione di atto al quale
si riferisce. Il motivo risulta infondato,
oltreché inammissibile, e deve essere respinto.
Infatti, premesso che nel ricorso non risulta
trascritta la motivazione integrale degli avvisi
di accertamento e ciò impedisce alla Corte di
valutare, dalla sola lettura del ricorso, la
sussistenza del vizio denunciato, in ogni caso,
nel regime introdotto dalla legge 27 luglio
2000, n. 212, art. 7, l’obbligo di motivazione
degli atti tributari può essere adempiuto anche
11
2009/13680).
”per
relationem”,
cioè mediante il
riferimento ad elementi di fatto risultanti da
altri atti o documenti; se questi ultimi non
sono stati allegati all’atto notificato è
sufficiente che questo ne riproduca il contenuto
contribuente
per
effetto
di
precedente
notificazione, come nella fattispecie risulta
avvenuto
per
il
processo
verbale
di
constatazione redatto dalla G.diF. la cui copia
risulta sia stata sottoscritta e consegnata alla
società ricorrente. E’ stato poi affermato, con
specifico riferimento al pagamento di diritti
doganali che “l’atto teso al recupero dei
diritti doganali, ai sensi degli art. 81 e 82
del
d.P.R.
23
gennaio
1973,
n.
43,
congruamente motivato con la sola indicazione
della causale e della somma richiesta. (Nella
specie,
motivato
la S.C.
un
ha ritenuto congruamente
avviso
di
dichiarazione doganale
causale
le
falsità
che
dei
rettifica
della
indicava quale
certificati
di
importazione utilizzati ai fini della
dichiarazione doganale ed il ruolo assunto dal
destinatario nell’operazione doganale medesima)
12
essenziale ovvero siano già conosciuti dal
tseNTEDAREGMTLux~
AI SENSI DEL D.P.R. 2(m9d1.906
N. 3 TAS. ALL.
N.5
IA
1574
(Sez. 5, Sentenza n.
del
03/02/2012).
6. Per quanto sopra il ricorso proposto è infondato
e deve essere respinto con condanna alle spese
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto e condanna la
ricorrente alle spese di giudizio a favore
dell’Agenzia delle Dogane che si liquidano in
e
15.000,00 oltre spad.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della
V sezione civile il 8/1/2013
Il consigliere estensore
Il Presidente
della società ricorrente.