Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24018 del 16/11/2011

Cassazione civile sez. III, 16/11/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 16/11/2011), n.24018

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7665/2006 proposto da:

T.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA G.B. VICO 1, presso lo studio dell’avvocato PROSPERI

MANGILI Lorenzo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

PEZZOTTA GIACOMO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

PONTE NOSSA SPA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato PAFUNDI

Gabriele, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ZONCA

STEFANO, MORELLI GIANCARLO giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 145/2005 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 07/03/2005; R.G.N. 278/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27/10/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;

udito l’Avvocato MANGILLI LORENZO PROSPERI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

T.B. convenne in giudizio davanti al Tribunale di Bergamo la Ponte Nossa s.p.a. per esercitare il diritto di riscatto relativamente ad un fondo che egli asseriva di condurre in affitto quale coltivatore diretto.

Esponeva che tale podere era stato venduto unitamente ad altri poderi alla società convenuta per il prezzo complessivo di L. 43.380.000, senza che egli fosse stato messo a conoscenza del trasferimento.

Esponeva altresì di aver notificato atto stragiudiziale a (OMISSIS) con il quale dichiarava di esercitare il diritto di riscatto.

Concludeva perchè si dichiarasse che tale diritto era stato validamente esercitato.

La società convenuta si costituiva rilevando che il fondo indicato dall’attore era stato acquistato nell’ambito di una complessa operazione finanziaria con la quale la società Enirisorse s.p.a. le aveva venduto il ramo d’azienda consistente nel complesso industriale di (OMISSIS) nel quale si stoccavano scorie inerti. Spiegava che del ramo di azienda oggetto della cessione facevano parte integrante anche alcuni terreni destinati allo stoccaggio delle scorie e che il fondo di cui si discuteva costituiva uno di questi appezzamenti che contribuiva a formare l’unitario oggetto del contratto di vendita.

Quest’ultimo aveva avuto ad oggetto non i singoli cespiti ma il complessivo insediamento produttivo e le sue pertinenze.

La società convenuta eccepiva comunque la decadenza dell’attore dal diritto di esercitare il riscatto essendo irrilevante l’atto stragiudiziale notificato prima dell’instaurazione della causa e l’insussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per il valido esercizio del riscatto stesso.

Il Tribunale rigettava le preliminari eccezioni di decadenza dell’attore dal diritto di riscatto e disponeva consulenza tecnica;

dichiarava che non esistevano le condizioni oggettive per l’insorgere in capo al T. del diritto di prelazione e quindi del diritto di riscatto.

Riteneva infatti decisivo che il fondo fosse stato alienato nell’ambito di un complesso contratto di cessione di ramo d’azienda nel quale anche i terreni agricoli fungevano da beni strumentali all’attività industriale, concorrendo a formare il valore del ramo medesimo.

Il soccombente conveniva la Ponte Nossa s.p.a. davanti alla Corte d’Appello di Brescia censurando la decisione del primo giudice per aver trascurato che il fondo in questione era stato per anni coltivato dall’affittuario ed era in posizione decentrata rispetto al vero e proprio insediamento industriale.

La Ponte Nossa contrastava le avverse deduzioni e insisteva perchè il gravame fosse rigettato.

La Corte distrettuale rigettava l’appello proposto da T. B. contro la sentenza del Tribunale di Bergamo.

Propone ricorso per cassazione T.B. con un unico motivo e presenta memoria.

Resiste con controricorso la Ponte Nossa s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo del ricorso T.B. denuncia “Omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5, e denegato, per l’effetto, il diritto di prelazione e riscatto vantato dal ricorrente attraverso, oltretutto, un eclatante travisamento delle risultanze processuali”.

Sostiene parte ricorrente che l’unità poderale detenuta in affitto dall’appellante è da tempo immemorabile destinata ad esclusivo uso agricolo silvo-pastorale con il tassativo divieto di usi alternativi;

che tale unità poderale è da sempre coltivata in parte a prato, in parte a bosco ceduo, in parte a pascolo e che ha caratteri di “totale distinta autonomia” rispetto alla zona nella quale viene svolta l’attività industriale dell’azienda e quindi non è strumentale a quest’ultima. Si ritiene perciò infondata la tesi che i beni oggetto della compravendita costituirebbero la riserva di spazio per lo stoccaggio di materie prime e scorie.

Nè è corretto sostenere secondo parte ricorrente che dall’esame della planimetria catastale risulterebbe che detti terreni costituiscono una sorta di ampia cintura situata a monte rispetto allo stabilimento.

Il motivo è infondato.

La motivazione della sentenza impugnata è infatti congrua ed immune da vizi logici o giuridici.

La prelazione ed il riscatto agrari da parte del coltivatore diretto, proprietario del fondo confinante con quello posto in vendita sono configurabili anche quando quest’ultimo costituisca parte di un blocco immobiliare più ampio oggetto della vendita, sempre che il suo distacco dal complesso fondiario non menomi un’unità poderale inscindibile od un’unica azienda agraria, ma l’appezzamento costituisca un’unità poderale autonoma e distinta dal resto dei terreni (Cass., 26 luglio 1986, n. 4797).

La Corte d’Appello, con accertamento di merito, ha accertato che il fondo condotto in affitto dal T. non poteva considerarsi disgiunto dagli altri beni che, unitariamente considerati, costituivano il ramo d’azienda oggetto del contratto di vendita stipulato fra Enirisorse e Ponte Nossa.

Non può pertanto ritenersi realizzata nella specie l’alienazione a titolo oneroso di un fondo rustico e non poteva sorgere il diritto di prelazione e quindi di riscatto in capo all’affittuario.

Non si tratta infatti di una vendita di terreni ma dell’alienazione di un ramo d’azienda, del quale i terreni erano parte integrante, costituito dallo stabilimento sito in (OMISSIS) e da tutte le proprietà immobiliari e mobiliari situate in diversi comuni.

Si deve osservare che nel caso in cui si ponga in vendita un complesso di terreni il diritto di riscatto può essere esercitato dall’affittuario di uno di essi in relazione a quei fondi che siano oggetto del contratto di affitto e che abbiano una loro individualità economica e produttiva.

Questo principio non vale nel caso in cui l’atto di vendita non abbia ad oggetto una pluralità di fondi, ma un insieme di immobili unitariamente considerati, come nel caso di specie.

Non si è pertanto verificato un trasferimento della proprietà di un fondo rustico e non è sorto in capo all’affittuario dei terreni compresi nel ramo d’azienda ceduto il diritto di prelazione previsto dalla L. 26 maggio 1965, art. 8.

Nel caso in esame, secondo l’impugnata sentenza, i terreni condotti in affitto da T. sono stati considerati, nell’atto i vendita, quali componenti dell’azienda unitariamente considerata. Pertanto, poichè l’atto traslativo non ha riguardato i detti fondi come autonomo oggetto di disposizione, deve escludersi che parte alienante avesse l’obbligo di notificare all’affittuario l’eventuale preliminare di vendita o comunque la proposta di alienazione, notificazione che, infatti, non avrebbe potuto che essere relativa all’intero ramo di azienda.

Escluso dunque il diritto di prelazione non compete neppure il diritto di riscatto su quei terreni.

In conclusione, parte ricorrente propone una istanza di sostanziale revisione del merito e per tale ragione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2011

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