Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24017 del 23/10/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24017 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 24994-2007 proposto da:
SCICOLONE SOFIA, elettivamente domiciliata in ROMA
VIA SARDEGNA 70, presso lo studio dell’avvocato
DESIDERI GIOVANNI, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ROBERTO ALOISIO giusta delega
a margine;
– ricorrente –

2012
2568

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del
Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 23/10/2013

domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta
e difende ope legis;
– controri correnti nonchè contro

intimato

avverso la decisione n. 10540/2006 della COMM.
TRIBUTARIA CENTRALE di ROMA, depositata il
21/12/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2012 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato ALOISIO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato ZERMAN che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

AGENZIA DELLE ENTRATE SEDE CENTRALE;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Scicolone Sofia presentava dichiarazione redditi per il 1974 e, nel relativo quadro 740/E, escludeva per il
detto anno l’esistenza di proventi e spese; al riguardo chiariva che per i films ai quali stava lavorando erano
si previsti compensi ma da erogarsi negli anni successivi al 1974, in quanto per gli stessi era stata
concordata una retribuzione pari al 50% dei ricavi provenienti dalla distribuzione dei films.
In data 31-12-1980 veniva notificato alla contribuente avviso di accertamento, con il quale veniva
determinato in lire 920.000.000 il reddito complessivo netto assoggettabile all’Irpef per il 1974, con
La contribuente, avvalendosi del condono fiscale di cui alla L. 516/1982, rendeva la prevista dichiarazione
integrativa facendo riferimento ad un imponibile di lire 552.000.000 (pari al 60% del reddito accertato), così
come disposto dal comma 1 dell’art. 16.
L’Ufficio delle II.DD. di Roma iscriveva tuttavia a ruolo un imponibile maggiore (lire 644.000.000, pari al
70% del reddito accertato) rispetto a quello come integrato dalla Scicolone (lire 552.000.000); ciò in quanto
sosteneva che la dichiarazione mod. 740 presentata dalla Scicolone per il 1974, in quanto priva degli
elementi attivi e passivi necessari alla determinazione dell’imponibile, doveva considerarsi omessa (ai sensi
dell’art. 1, comma 2, dpr 600/73); ne conseguiva che, ai fini del condono, doveva applicarsi il secondo
comma dell’art. 16, e quindi la percentuale del 70% ivi prevista.
Scicolone Sofia proponeva ricorso dinanzi alla Commissione di primo grado di Roma avverso avviso di mora (che
la ricorrente sosteneva essere il primo atto notificatole) recante la detta iscrizione a ruolo, e chiedeva, quindi, lo
sgravio della maggiore imposta iscritta.
L’adita Commissione accoglieva il ricorso; al riguardo osservava che l’Ufficio era incorso in errore nella
liquidazione del condono, in quanto, ritenendo che non fosse stata presentata la dichiarazione dei redditi per
l’anno 1974, aveva effettuato un’iscrizione a ruolo in relazione al 70% del reddito accertato, anzichè al 60%
previsto dal comma 1 della L. 516/1982.
La Commissione di secondo grado confermava la decisione di primo grado.
Con sentenza 10540/2006, depositata il 21-12-2006, la Commissione Tributaria Centrale di Roma accoglieva il
ricorso dell’Ufficio e riformava l’impugnata decisione; in particolare la CTC rilevava che la dichiarazione mod.
740 per l’anno 1974, presentata dalla ricorrente congiuntamente al marito Ponti Carlo, era totalmente priva
degli elementi attivi e passivi, e doveva quindi essere equiparata -ex art. 1, comma 2, dpr 600/73- ad omessa
dichiarazione; di conseguenza doveva ritenersi legittima la liquidazione del condono effettuata dall’Ufficio, in
quanto, come previsto dall’art. 16, comma 2, L. 516/1982, in caso di omessa dichiarazione (come appunto nel
caso di specie), l’imponibile automaticamente definito doveva essere pari al 70% (e non 60%) del reddito
accertato.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione la contribuente affidato ad un motivo; resistevano
l’Agenzia ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze con controricorso; la contribuente presentava anche
memorie ex art. 378 cpc.
MOTIVI DELLA DECISIONE

conseguente determinazione di imposta.

Con unico motivo la ricorrente deduceva -ex art. 360 n. 3 e 5- violazione e falsa applicazione degli artt. 1 dpr
600/73, 16 d.l. 429/82 (convertito in L. 516/82), 12 e 14 disp. sulla legge in generale, nonchè omessa,
insufficiente e contradditoría motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Al riguardo, in primo luogo, rilevava che la CTC, nell’adottare la decisione impugnata, si era limitata a riportare il
contenuto delle norme denunciate e ad aderire alla tesi prospettata dall’Amministrazione, senza esplicitare il
procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, ed era quindi incorsa in un insanabile vizio della
motivazione su un punto decisivo della controversia.

erroneamente equiparato l’ipotesi della omessa dichiarazione (prevista dal secondo comma) a quella (prevista
dal primo comma) della dichiarazione regolarmente presentata nei termini anche se priva dei requisiti necessari;
rilevava, inoltre, che la dichiarazione presentata dalla ricorrente per l’anno 1974 (nella quale quest’ultima aveva
assunto di non avere percepito alcun reddito e di non avere quindi alcun attivo o passivo da dichiarare) non
poteva comunque essere equiparata a dichiarazione omessa, in quanto, ai sensi dell’art. 1 dpr 600/73, ciò che
poteva essere considerato omesso non era l’adempimento fiscale (presentazione della dichiarazione nei termini
di legge) bensì il singolo reddito di categoria (fondiario, di impresa, di lavoro autonomo), per la cui
determinazione era necessaria l’indicazione di tutti gli elementi attivi e passivi (in caso contrario, cioè in caso di
mancata indicazione, il reddito era considerato “non dichiarato”).
Il motivo è fondato.
Questione principale per cui è causa è stabilire se, nel caso in cui il contribuente (pur presentando la
dichiarazione dei redditi) abbia tuttavia escluso nel relativo quadro l’esistenza di proventi e spese, sia
applicabile, ai fini del condono ex art. 16 L. 516/82, il primo o il secondo comma della detta disposizione, con le
differenti percentuali ivi previste.
Per una migliore comprensione della detta questione, appare opportuno riportare il testo delle su indicate
norme, nella parte che rileva ai fini di causa.
art 16 L 516/1982: “Per i periodi d’imposta relativamente ai quali anteriormente alla data di presentazione della
dichiarazione integrativa è stato notificato accertamento in rettifica o d’ufficio, la controversia si estingue se la
dichiarazione integrativa reca un imponibile non inferiore alla somma del sessanta per cento dell’imponibile
accertato dall’ufficio e del quindici per cento dell’imponibile dichiarato dal contribuente. Se nella dichiarazione
originaria, ancorché tardiva oltre il mese, non sono stati indicati redditi imponibili relativamente ad una o più
imposte cui la dichiarazione si riferiva, la controversia si estingue se la dichiarazione integrativa reca imponibili
non inferiori al 60 per cento di quello accertato dall’ufficio relativamente alle medesime imposte…
Le disposizioni del comma precedente non danno in nessun caso diritto alla riduzione dell’imposta ad un
ammontare inferiore al venti per cento della differenza tra l’imposta corrispondente all’imponibile accertato e
quella corrispondente all’imponibile dichiarato. Nei casi di omessa dichiarazione, la controversia si estingue se la
imposta risultante dalla dichiarazione integrativa non è inferiore a quella determinata riducendo l’imponib* e
accertato dall’ufficio di un importo pari al trenta per cento.

Sosteneva, altresì, che la CTC, con interpretazione non conforme alla lettera del citato art. 16, aveva

Art l dpr 600/73, comma 2: “La dichiarazione è unica agli effetti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche o
sul reddito delle persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi e deve contenere l’indicazione degli elementi
attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili secondo le norme che disciplinano le imposte
stesse. I redditi per I quali manca tale indicazione si considerano non dichiarati ai fini dell’accertamento e delle
sanzioni”.
Orbene, rileva innanzitutto questa Corte che il primo ed il secondo comma dell’art. 16 vanno valutati
unitariamente, in quanto entrambi stabiliscono le duplici condizioni necessarie per giungere alla definizione

il primo comma fissa l’importo minimo dell’imponibile da indicare nella dichiarazione integrativa; importo
minimo diverso nell’ipotesi di imponibile originariamente dichiarato dal contribuente (importo che non
deve essere inferiore alla somma del sessanta per cento dell’imponibile accertato dall’ufficio e del quindici
per cento dell’imponibile dichiarato dal contribuente) rispetto all’ipotesi in cui nella dichiarazione originaria
non sono indicati redditi imponibili (importo non inferiore al 60% dell’imponibile accertato dall’ufficio);

il secondo comma pone ulteriori condizioni e fissa l’importo minimo dell’imposta conseguente a detto
imponibile; ai sensi di tale disposizione, invero, anche nel caso di dichiarazione integrativa che (in ordine
all’imponibile) rispetti le condizioni previste dal primo comma, non si ha “in nessun caso” diritto alla
definizione della controversia:

nell’ipotesi in cui vi sia stata dichiarazione originaria, se, calcolando l’imposta rispetto a tale imponibile
originariamente dichiarato, l’imposta stessa si viene a ridurre ad un ammontare inferiore al 20% della
differenza tra l’imposta corrispondente all’imponibile accertato e l’imposta corrispondente all’imponibile
dichiarato (es. imponibile accertato 200; imposta 20; imponibile dichiarato 100; imposta 10; differenza tra
imposte: 20 meno 10 uguale 10; 20% di 10 uguale 2; l’imposta deve essere superiore a 2);

nell’ipotesi in cui non vi sia stata dichiarazione originaria, se l’imposta risultante dalla dichiarazione
integrativa è inferiore a quella determinata riducendo l’imponibile accertato dall’Ufficio di un importo pari al
30% (es, imponibile accertato 200; ridotto del 30% uguale 140; corrispondente imposta 14; importo
risultante dalla dichiarazione integrativa 100; corrispondente imposta 10; in tal caso la controversia potrà
essere definita perché 14 è maggiore di 10).
Ciò posto, appare evidente, dato anche il tenore letterale delle disposizioni su esaminate, che l’Ufficio ha
illegittimamente applicato il secondo comma dell’art. 16, e ciò sia perche, come detto, tale comma si riferisce
al calcolo dell’importo dell’imposta e non alla determinazione dell’imponibile, sia perché il comma
medesimo prevede l’ipotesi (non ricorrente nella specie) dell'”omessa dichiarazione” dei redditi;
correttamente, invece, il contribuente, che aveva presentato originariamente la dichiarazione dei redditi pur
non indicando redditi imponibili, ha fatto riferimento, nel presentare ai fini del condono la dichiarazione
integrativa, al primo comma dell’art. 16 (ed alla percentuale ivi indicata), atteso che quest’ultima norma
prevede espressamente l’ipotesi (quale quella in questione) di presentazione della dichiarazione originaria
nella quale “non sono stati indicati redditi imponibili relativamente ad una o più imposte cui la dichiarazione
si riferiva”.

della controversia nel caso in cui sia intervenuto un accertamento in rettifica o d’ufficio; in particolare:

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A conforto di tale soluzione, e (in particolare) della distinzione tra assoluta omessa presentazione della
dichiarazione e mancata dichiarazione di redditi imponibili nella presentata originaria dichiarazione, soccorre,
tra l’altro, anche il tenore letterale del su riportato art. 1, comma 2 dpr 600/73; siffatta norma, invero, nel
disciplinare il contenuto della dichiarazione dei redditi, prevede espressamente che la stessa debba contenere
l’indicazione degli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili…” e che “i redditi
per i quali manca tale indicazione si considerano non dichiarati ai fini dell’accertamento e delle sanzioni”; in tal
modo statuendo esplicitamente che, nell’ipotesi (cui può essere ricondotta quella in questione) in cui non sono
indicati gli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili, la dichiarazione si deve
non dichiarati.
In conclusione, quindi, va accolto il ricorso della contribuente e, per l’effetto, va cassata la gravata sentenza;
non essendo state sollevate altre eventuali questioni e non essendo, pertanto, necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito ex art. 384, comma 2, cpc, con raccoglimento del ricorso
introduttivo proposto dalla contribuente.
In considerazione delle contrastanti decisioni susseguitesi nei gradi di merito, si ritiene sussistano giusti
motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese di lite relative ai detti gradi.
Le spese ed i compensi di lite relativi al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso
introduttivo proposto dalla contribuente; dichiara compensate tra le parti le spese dei gradi di merito;
condanna i resistenti al pagamento dei compensi di lite relativi al presente giudizio di legittimità, che si
liqu’clano in coni essivi euro 7.000,00, oltre euro 200,00 per spese ed oltre accessori di legge.
C deciso in Ro a in data 17-12-2012 nella Camera di consiglio della sez. tributaria.

ritenere presentata e solo i singoli redditi (fondiario, di impresa, di lavoro autonomo), si devono considerare

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