Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24016 del 23/10/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24016 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 1228-2012 proposto da:
APREA ANTONIO in proprio, elettivamente domiciliato in
ROMA PIAZZA DELLA LIBERTA’ 10, presso lo studio
dell’avvocato PATERNOSTRO GEMMA, rappresentato e
difeso dall’avvocato APREA ANTONIO con studio in BARI
VIA TREVISANI 106 (avviso postale);
– ricorrente –

2012
2561

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 23/10/2013

STATO, che lo rappresenta e difende ape legis;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 155/2011 della COMM.TRIB.REG.
di BARI, depositata il 26/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

VALITUTTI;
udito per il controricorrente l’Avvocato ZERMAN che ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 17/12/2012 dal Consigliere Dott. ANTONIO

PREMESSO IN FATTO.
1. Con sentenza n. 155/9/11, depositata il 26.9.11, la
Commissione Tributaria Regionale della Puglia accoglieva
l’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate – Ufficio
di Bari avverso la decisione di primo grado, con la quale
era stato accolto il ricorso proposto dall’avv. Antonio
Aprea nei confronti dell’avviso di accertamento, emesso
dall’Ufficio ai fini IRPEF, IRAP ed IVA per l’anno di imposta 2005.
2. La CTR – in riforma della decisione di prime cure riteneva, invero, del tutto legittimo l’atto impositivo,
emesso dall’Amministrazione finanziaria sulla base degli
studi di settore e tenuto conto delle ragioni esposte dal
contribuente, poiché pienamente conforme al disposto degli artt. 42 d.P.R. 600/73 e 7 1. 212/00.
3. Per la cassazione della sentenza n. 155/9/11 ha proposto ricorso il contribuente affidato a tre motivi, ai
quali l’Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso ha replicato con controricorso.
OSSERVA IN DIRITTO.
1. Con il primo motivo di ricorso, l’Aprea denuncia la
violazione degli artt. 101, 184 bis c.p.c., 36 d.lgs.
546/92 e 111 Cost. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
1.1. La sentenza di appello sarebbe, invero, a parere del
ricorrente, affetta da nullità per violazione del principio del contraddittorio previsto dagli artt. 101 c.p.c. e
111 Cost., nonché per omessa pronuncia ai sensi degli
artt. 36 d.lgs. 546/92 e 112 c.p.c., per non essersi la
CTR pronunciata affatto sull’istanza di rimessione in
termini, proposta dall’Aprea in data 12.7.11, dopo la celebrazione dell’udienza di discussione del ricorso in appello dell’Amministrazione finanziaria, tenutasi in data
30.6.11. Con tale istanza, l’Aprea – difensore di sé medesimo, attesa la sua qualità di avvocato – chiedeva di
essere rimesso in termini per la costituzione nel giudizio di secondo grado, essendogli stata la tempestiva costituzione in siffatto giudizio impedita – a suo dire da “incontrovertibili gravi motivi di salute”.
Su tale domanda del contribuente, peraltro, il giudice
del gravame non si sarebbe espresso in alcun modo, provvedendo, per contro, al deposito della sentenza, in data
26.9.11.
1.2. Il motivo è infondato.
1.2.1. Non può revocarsi in dubbio, infatti, che la rimessione in termini, tanto nella versione prevista
dall’art. 184 bis, quanto in quella di più ampia portata
prefigurata dal novellato art. 153, co. 2 c.p.c., presupponga la tempestività dell’iniziativa della parte che assuma di essere incorsa in una decadenza per causa ad essa
non imputabile. Siffatta tempestività postula, invero,
un’immediata reazione della parte stessa al palesarsi
della necessità di svolgere un’attività processuale ormai
preclusa, ovverosia non appena la medesima abbia acquisito la consapevolezza di avere violato il termine stabilito dalla legge o dal giudice per il compimento dell’atto
(Cass. 23561/11, 4841/12).

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1.2.2. Ebbene, nel caso di specie, l’Aprea ha depositato
il ricorso per rimessione in termini il 12.7.11„ ossia
a distanza di oltre due mesi dalla scadenza del termine
nel quale si sarebbe dovuto costituire nel giudizio di
appello (ossia il 6.5.11, essendo stata la notifica
dell’atto di gravame effettuata nei suoi confronti il
7.3.11), e solo dopo che l’udienza di discussione era
stata già tenuta. Né il ricorrente lamenta in alcun modo
una omissione di notifica, ovvero della comunicazione
della data di udienza, tali da poter influire
sull’instaurazione del contraddittorio e sull’esercizio
del diritto di difesa.
D’altra parte, dalla certificazione sanitaria in data
11.7.11, riprodotta nel ricorso, si evince che il contribuente si trovava in precarie condizioni di salute, quanto alla deambulazione, fin dall’inizio dell’anno 2011,
sicchè il medesimo era certamente consapevole da tempo
della difficoltà di costituirsi tempestivamente in udienza, per cui ben poteva – e doveva – predisporre per tempo
l’istanza in parola.
La censura in esame va, pertanto, rigettata.
2. Con il secondo motivo di ricorso, l’Aprea denuncia,
poi, la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione
all’art. 360 n. 4 c.p.c.
2.1. La decisione di seconde cure sarebbe, infatti, affetta da nullità – secondo il ricorrente – anche sotto un
secondo profilo, ovverosia per essersi la CTR pronunciata
nel merito del gravame, accogliendo l’appello
dell’Ufficio, pur avendo l’Amministrazione concluso il
proprio ricorso chiedendo dichiararsi la
“nullità”
dell’impugnata sentenza. Il giudice di appello sarebbe,
di conseguenza, incorso nel vizio di extrapetizione, con
conseguente nullità della decisione resa nel giudizio di
gravame.
2.2. La censura è infondata.
2.2.1. Il solo fatto che erroneamente l’atto di appello
dell’Agenzia delle Entrate si concluda con la richiesta
di dichiarare “nulla” la sentenza di primo grado, non
comporta extrapetizione, per essersi il giudice pronunciato sul merito della vicenda. Va considerato – per vero
– che, come lo stesso ricorrente riconosce (pp. 5 e 6 del
ricorso), l’Amministrazione aveva compiutamente riproposto le difese di merito già avanzate in prime cure, circa
la legittimità dell’atto impositivo emesso nei confronti
dell’Aprea, non avendo, quindi, incentrato affatto il
proprio gravame su presunti vizi idonei ad inficiare la
validità della sentenza di primo grado.
2.2.2. D’altro canto, deve ritenersi che la valutazione
dell’atto di appello, da parte del giudice di seconde cure, non possa che essere globale, nel senso che essa debba essere condotta in relazione all’intero atto, tenendo
conto anche delle deduzioni contenute nel corpo di esso,
e senza limitarsi al solo esame delle relative conclusioni (cfr. Cass. 17013/10). Sicchè, nel caso concreto, correttamente la CTR non si è ritenuta vincolata dalle sole
conclusioni del ricorso in appello dell’Amministrazione,
ed ha provveduto a determinare il thema decidendum del

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giudizio di gravame anche alla stregua di quanto dedotto
nell’intero atto.
Anche il presente motivo di ricorso va, dunque, disatteso
3. Con il terzo motivo, l’Aprea denuncia, infine,
l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su
un fatto decisivo della controversia, in relazione
all’art. 360 n. 5 c.p.c.
3.1. Il giudice di appello avrebbe, difatti, omesso di
valutare adeguatamente – a parere del ricorrente – la documentazione sanitaria versata in atti, dalla quale si
desumerebbe, a suo avviso, che – in conseguenza delle
notevoli ripercussioni fisiche subite in conseguenza di
un grave sinistro stradale – il reddito di esso istante
per gli anni successivi a quello in contestazione (2005)
sarebbe stato sensibilmente inferiore. Di qui il carattere “del tutto episodico” che l’aumento del volume di affari nel 2005 rivestirebbe, ad avviso dell’Aprea.
Come pure, il giudice di appello non avrebbe tenuto in
alcun conto, secondo il ricorrente, il costo straordinario costituito dal pagamento di una notevole somma di denaro ad un dipendente, all’esito di una vertenza di lavoro da questi incardinata nei suoi confronti.
3.2. Anche la censura in esame si palesa, peraltro, del
tutto infondata.
3.2.1. La motivazione dell’impugnata sentenza, non merita, invero, censura alcuna da parte di questa Corte, palesandosi essa del tutto corretta e logica, nonché in linea con le affermazioni di questo giudice di legittimità
in materia di accertamento induttivo fondato su studi di
settore. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, infatti, l’avviso di accertamento non può fondarsi
sul mero scostamento dei dati dichiarati dal contribuente
rispetto a quelli relativi alla media del settore, dovendo l’Amministrazione suffragare la pretesa con ulteriori
elementi ed indizi idonei a dimostrarne l’attendibilità.
Di più, l’Ufficio è tenuto ad instaurare un contraddittorio con il contribuente ed a tenere conto delle sue giustificazioni, sì da pervenire ad un adeguamento personalizzato delle risultanze di tali studi, che tenga conto
della probabilità di errore nella stima. La media di settore in sé considerata non è, per vero, un fatto sufficiente a fondare la prova presuntiva di un maggior reddito, potendo assumere tale valore probatorio solo
all’esito della valutazione degli elementi raccolti nel
contraddittorio con il contribuente, da instaurarsi a pena di nullità dell’atto impositivo (Cass. 17804/12,
Cass.S.U. 26635/09).
3.2.2 Ebbene, nel caso concreto, l’impugnata sentenza dato atto della regolare instaurazione del contraddittorio con l’Aprea in fase amministrativa – ha adeguatamente
valutato le ragioni esposte dal contribuente, pervenendo
al convincimento che la documentazione sanitaria dal medesimo prodotta fosse irrilevante, poiché riguardante accertamenti sanitari eseguiti nell’anno 2009, ossia successivi di quattro anni rispetto all’anno di imposta in
contestazione (2005). La CTR ha, dipoi, considerato che

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l’inabilità fisica del ricorrente non aveva potuto, in
concreto, incidere sulla sua capacità lavorativa, come da
questi dedotto, essendosi verificato, negli ultimi quattro anni, un costante e regolare aumento dei ricavi conseguiti dall’Aprea nello svolgimento della sua attività
di avvocato.
Allo stesso modo – in considerazione del costante aumento
del volume di affari – a parere della CTR non poteva
ascriversi un significativo rilievo ad un isolato costo
straordinario, per il personale dipendente, affrontato
dall’Aprea nell’anno in considerazione.
Per contro, il giudice di appello ha rilevato che assume
certamente valore significativo, sul piano indiziario e
presuntivo, il comportamento antieconomico del contribuente, concretatosi nella dichiarazione, da parte del
medesimo, di un reddito nettamente inferiore – nell’anno
2005 – ai costi sostenuti per il personale dipendente e
per compensi corrisposti a terzi. E non può revocarsi in
dubbio che, in caso di accertamento induttivo fondato su
studi di settore, l’Ufficio ben possa fondarsi anche solo
su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente (Cass. 16430/11).
Orbene è indubitabile che, a fronte di un percorso motivazionale corretto e logicamente coerente come quello
suesposto, non possa questa Corte censurarne le risultanze, operando un riesame del merito dell’intera vicenda
processuale alla stregua delle deduzioni di parte ricorrente, essendo siffatto riesame certamente inibito nella
presente sede di legittimità (Cass. 2357/04, 27197/11).
4. Per tutti i motivi esposti, pertanto, il ricorso
dell’Aprea non può che essere rigettato, con conseguente
condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio,
nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese del
presente giudizio, che liquida in e 5.500,00, oltre alle
spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sez1 e Trib taria, il 17.12.2012.

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