Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24014 del 30/10/2020

Cassazione civile sez. III, 30/10/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 30/10/2020), n.24014

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 32874/2019 proposto da:

H.E., nato in (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv.to

Francesco Paolo Rubbi, (francescopaoloribbi.ordineavvocatiroma.org)

ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma via

Edgardo Negri 67, giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso l’ordinanza n 83/2019 del Giudice di Pace di Campobasso,

depositato il 4.9.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23.7.2020 dal Cons. Dott. Antonella Di Florio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. H.E., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a due motivi per la cassazione dell’ordinanza del giudice di pace di Campobasso che aveva respinto l’opposizione al decreto prefettizio di espulsione emesso l’8.8.2019.

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, il giudice di pace ha respinto l’opposizione assumendo che, in ragione del diniego della protezione internazionale da parte della locale Commissione territoriale, non sussistevano ragioni che legittimassero la permanenza dello straniero nel territorio italiano.

2. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., commi 3 e 5, la violazione degli artt. 115,116 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, artt. 210,213,702 bis c.p.c. nonchè dell’art. 5, comma 6 e art. 19 TUI.

1.1. Assume che il giudice di pace aveva errato non attivando i propri poteri istruttori ed omettendo di assumere informazioni sulle condizioni socio politiche del paese di origine attraverso le fonti ufficiali aggiornate, dalle quali sarebbe emersa la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b).

2. Con il secondo motivo, deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, del diritto di difesa in relazione alla mancata traduzione del decreto “in lingua albanese” senza valida giustificazione.

2.1. Assume che il decreto era stato notificato senza essere tradotto nella sua lingua ed in assenza di valida giustificazione dell’omissione: al riguardo deduce che non corrispondeva a verità l’affermazione riportata nel provvedimento secondo cui la lingua preferita per le notifiche era l’inglese.

3. Entrambi i motivi sono inammissibili.

3.1. La prima censura, infatti, postula la rivalutazione in sede impropria della sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione internazionale, negata dalla Commissione Territoriale di Campobasso con provvedimento che non risulta impugnato dinanzi al Tribunale D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis.

3.2. Al riguardo, pacifica la circostanza che la domanda venne rigettata in sede amministrativa, risulta inammissibile la censura proposta con la quale il ricorrente mostra di non aver colto la ratio decidendi del provvedimento oggetto di impugnazione che ha correttamente affermato che le questioni proposte erano già state affrontate nella sede propria e non potevano essere oggetto di ulteriore considerazione in mancanza, oltretutto di fatti sopravvenuti e documentati concernenti le condizioni del paese di rimpatrio.

3.3. Ma anche la seconda doglianza non può trovare ingresso in sede di legittimità in quanto è priva di autosufficienza e specificità.

3.3.1. In primo luogo, infatti, dall’esame dell’ordinanza impugnata non risulta che la questione sia stata proposta dinanzi al giudice di pace nè il motivo di ricorso contiene la trascrizione della censura in quella sede proposta.

3.3.2. In secondo luogo, il ricorrente lamenta la mancata traduzione del provvedimento di espulsione nella lingua da lui parlata (come previsto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 13, comma 7) senza indicare quale essa sia, visto che l’unico richiamo espresso è riferito alla lingua albanese (v. rubrica del secondo motivo: pag. 8 del ricorso) e risulta incoerente con quella parlata nel suo paese di provenienza: al riguardo si osserva che ove anche tale indicazione fosse frutto di un (probabile) lapsus calami, esso non è seguito da una allegazione alternativa e plausibile.

3.4. E vale solo la pena di rilevare che la mancata conoscenza della lingua inglese – che risulta che il ricorrente abbia dichiarato di comprendere al momento della notifica del provvedimento corrisponde ad una mera enunciazione alla quale non si accompagna la specificazione della lingua in cui avrebbe preteso che il provvedimento fosse tradotto, con ciò non consentendo a questo Collegio di apprezzare l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di pace.

4. In conclusione, il ricorso è inammissibile

5. La mancata difesa della parte intimata esime il Collegio dalla pronuncia sulle spese, precisandosi che la materia è esente dal pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2020

 

 

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