Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24011 del 16/11/2011

Cassazione civile sez. III, 16/11/2011, (ud. 11/10/2011, dep. 16/11/2011), n.24011

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21718/2009 proposto da:

S.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA S LORENZO IN LUCINA 181, presso lo studio dell’avvocato

CORTESE DOMENICO, rappresentato e difeso dall’avvocato DE MONTIS Aldo

giusta delega in atti;

– ricorrente –

e contro

EREDI V.G. COLLETTIVAMENTE ED IMPERSONALMENTE, V.

G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 272/2008 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 28/06/2008; R.G.N. 211/2008.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

11/10/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con intimazione di sfratto del 29 settembre 2005 V.G., proprietario di un immobile sito in (OMISSIS), concesso in locazione a S.M. dal 5 luglio 2004 al 5 luglio 2005, convenne in giudizio il conduttore per sentir convalidare lo sfratto per finita locazione.

L’intimato eccepì come dal regolamento contrattuale risultasse che il terreno per cui è causa era stato concesso in locazione affinchè egli potesse svolgervi, in qualità di conduttore, la propria attività commerciale di venditore di legna da ardere, utilizzando il bene per il deposito del materiale. Per tale ragione l’immobile de quo avrebbe dovuto essere considerato adibito a uso diverso da quello di abitazione, con conseguente applicabilità della disciplina dettata in materia di locazione dalla L. n. 392 del 1978. Considerato che l’art. 27 di questa legge prevede che la durata dei rapporti aventi ad oggetto immobili urbani destinati ad attività commerciali non sia inferiore a sei anni, S. lamentava la nullità della clausola negoziale limitante la durata del rapporto ed invocava la sua sostituzione ex lege.

Il V. sosteneva l’inapplicabilità al caso di specie della normativa introdotta dalla Legge del 1978, dato che il bene in locazione era un terreno agricolo e non un fabbricato.

La causa veniva decisa con il rigetto della domanda e la condanna del V., quale litigante temerario, al risarcimento dei danni in favore del S..

Ritenne il primo giudice che l’utilizzazione a scopi commerciali di un terreno lo faccia assimilare ad un fondo urbano, con la conseguente applicabilità del termine di durata previsto dalla L. n. 392 del 1978, art. 27. Ritenne altresì tale giudice che la resistenza del V. alle deduzioni del S. avesse integrato gli estremi della lite temeraria, almeno sotto l’aspetto della colpa grave, per aver l’attore omesso quella minima diligenza che gli avrebbe consentito di rilevare l’infondatezza delle sue argomentazioni.

Avverso la sentenza di primo grado del Tribunale di Cagliari proponeva appello V.G. chiedendone la riforma.

S.M. chiedeva la conferma della sentenza de qua.

La Corte d’Appello di Cagliari assolveva quest’ultimo dalla domanda di condanna per lite temeraria compensando integralmente le spese dei due gradi del giudizio.

Propone ricorso per cassazione S.M. con due motivi.

Parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i due motivi del ricorso, da trattare congiuntamente in ragione della loro stretta connessione, S.M. rispettivamente denuncia: 1) “OMESSA MOTIVAZIONE ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 115 c.p.c. e art. 96 c.p.c., comma 1”; 2) “OMESSA, INSUFFICIENTE E CONTRADDITTORIA MOTIVAZIONE ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, IN relazione all’art. 96 c.p.c., comma 1”.

Parte ricorrente critica l’impugnata sentenza nel punto in cui quest’ultima sostiene che il S. non aveva fornito alcuna prova di aver subito il danno.

A suo avviso tale danno doveva essere individuato in quel complesso di attività necessarie e collegate con la pendenza della lite ingiustamente proposta dal V. e rappresentata dalle perdite di tempo per gli incontri con il legale e per la predisposizione delle difese, oltre che nell’ingiustificato esborso economico per gli adempimenti afferenti l’offerta reale.

In relazione al requisito del dolo e della colpa grave sostiene parte ricorrente che appaiono insufficienti, illogici e contraddittori gli argomenti utilizzati riguardo al profilo soggettivo di cui all’art. 96 c.p.c..

I motivi sono infondati.

Pur potendosi condividere la tesi che è sufficiente l’allegazione del danno, manca nella specie il dolo o la colpa grave. E comunque l’individuazione di tali stati soggettivi è tipico apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità in presenza di una congrua motivazione.

Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere in conclusione rigettato.

In assenza di attività difensiva di parte intimata non v’è luogo a disporre per le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e non dispone per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2011

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