Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24010 del 06/09/2021

Cassazione civile sez. I, 06/09/2021, (ud. 16/03/2021, dep. 06/09/2021), n.24010

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16773/2016 proposto da:

G.V., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Conconi Valeria, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.A.S., M.G., domiciliati in Roma,

Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di

Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Mangione Francesco,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

Banca Mediolanum S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza del Popolo n. 3,

presso lo studio dell’avvocato Dagnino Alessandro (Studio legale

Sanasi d’Arpe), che la rappresenta e difende, giusta procura in

calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 831/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 03/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/03/2021 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Tribunale di Agrigento, con sentenza del 4 marzo 2010, respingeva le domande proposte da G.A.S. e da M.G. nei confronti di Banca Mediolanum s.p.a. e di B.A., nella veste, rispettivamente, di intermediario e di promotore finanziario; gli attori assumevano di aver corrisposto la somma di Euro 201.000,00 per un’operazione di investimento consistente nell’acquisto di obbligazioni Cirio Holding Luxemburg: domandavano la restituzione di tale importo instando, tra l’altro, per l’accertamento dell’inadempimento della controparte agli obblighi informativi.

2. – Veniva proposto appello. Nel corso del giudizio di gravame decedeva B.A.; in sede di riassunzione si costituiva, nella qualità di erede del defunto, G.V..

La Corte di appello di Palermo pronunciava, in data 3 giugno 2015, sentenza di riforma della pronuncia di primo grado. Il giudice distrettuale osservava, in sintesi, che non era stata fornita adeguata prova in ordine all’adempimento degli obblighi di informazione e che, inoltre, non era stata rispettata la prescrizione di cui all’art. 29, comma 3, reg. Consob n. 11522/1998, secondo cui gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative a un’operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione e, qualora l’investitore intenda comunque darvi corso, possono eseguirla solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, sulla base di un ordine registrato in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute. La Corte di merito aggiungeva che il rifiuto dei clienti di fornire informazioni alla banca in ordine alla propria propensione all’investimento non esonerava la stessa dall’obbligo di fornire tutte le informazioni necessarie sui titoli, né dal dovere di valutare l’adeguatezza dell’investimento. Rilevava, inoltre, come non potesse essere condiviso il rilievo, formulato dal Tribunale, per cui il promotore B., che aveva perfezionato l’acquisto nella qualità di professionista qualificato, dovesse essere considerato un mero nuncius della banca intermediaria.

3. – Avverso detta pronuncia ricorrono per cassazione G.V., con tre motivi, e Banca Mediolanum, con cinque. Resistono con controricorso G.A.S. e M.G.. Sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi di ricorso di G.V. si riassumono come segue.

Primo motivo: nullità della sentenza per omessa indicazione di una delle parti ex art. 132 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, artt. 101 e 383 c.p.c.. Si rileva che la Corte di appello ha pronunciato la sentenza nei confronti della sola ricorrente, e non anche nei confronti dell’altro erede del defunto B.; viene osservato come il giudice del gravame non abbia dichiarato la contumacia di tale soggetto, il quale non si era costituito, mancando pure di menzionarlo in sentenza. E’ spiegato che l’omessa indicazione di un litisconsorte necessario costituisce indice sintomatico della mancata regolare costituzione del contraddittorio, e che nella fattispecie si era determinata la nullità dell’intero procedimento di secondo grado.

Secondo motivo: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti controversi e decisivi della controversia. Viene lamentato che la Corte di Palermo abbia mancato di dar conto delle ragioni poste a fondamento del suo convincimento quanto al fatto che il defunto B. ebbe a impartire l’ordine di acquisto oggetto di causa.

Terzo motivo: nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., stante l’omessa pronuncia su di una domanda. Deduce la ricorrente che B.A. aveva richiesto, in primo grado, che, nella denegata ipotesi di sua condanna, il giudice graduasse la responsabilità dei convenuti; aggiunge che in appello il detto B. aveva richiesto la conferma della sentenza di prime cure, pur senza riformulare in modo espresso la richiesta di modulazione della responsabilità. Osserva che la pronuncia di secondo grado, con cui essa ricorrente e Banca Mediolanum erano state condannate, in solido, alla restituzione della somma di Euro 201,000,00, era illegittima, dovendo escludersi che la mancata formulazione della suddetta richiesta potesse essere considerata come una rinuncia alla medesima.

2. – I motivi di ricorso articolati da Banca Mediolanum hanno, in sintesi, il contenuto che si viene ad esporre.

Primo motivo: nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, artt. 291 e 101 c.p.c.. Osserva l’istante che, nel caso di omessa notificazione dell’atto in riassunzione nei confronti di uno degli eredi, il giudice non avrebbe potuto statuire sulle domande proposte. Rileva, inoltre, che nel corpo della sentenza risultava pretermessa l’indicazione di B.R., erede dell’originario convenuto, al pari di G.V..

Secondo motivo: nullità della sentenza e del procedimento per omessa pronuncia e conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c.. La banca ricorrente lamenta non essere stata resa pronuncia sulla propria eccezione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità.

Terzo motivo: nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e violazione dell’art. 2909 c.c.. La censura si correla al precedente motivo e investe il tema dell’ammissibilità dell’appello; osserva la ricorrente incidentale che i motivi di gravame non potevano in alcun modo essere considerati specifici.

Quarto motivo: nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4. L’istante rileva che la sentenza di appello mancherebbe di alcuna rappresentazione delle ragioni per le quali risulterebbe essere erronea, e come tale da riformare, la sentenza di primo grado.

Quinto motivo: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 26 e 29 reg. Consob n. 11522/1998 e del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21. La ricorrente riprende una considerazione svolta nella sentenza di primo grado per affermare che l’ampiezza degli obblighi informativi deve essere valutata in concreto. In tal senso, secondo la banca istante, dovrebbe ritenersi che gli obblighi in questione abbiano un’ampiezza minore qualora l’operazione finanziaria venga eseguita sulla base di un ordine impartito dal cliente. E’ in conseguenza affermato che la Corte di merito avrebbe impropriamente trascurato di considerare che nella fattispecie veniva in questione un ordine di mera esecuzione di acquisto di obbligazioni: ordine che era stato disposto dal cliente di propria iniziativa.

3. – Si esaminano, per ragioni di priorità logica, il secondo e il terzo motivo del ricorso di Banca Mediolanum, che investono l’ammissibilità dell’appello.

Entrambi i motivi sono inammissibili.

Il mancato esame, da parte del giudice del merito, di una questione puramente processuale non può dar luogo ad omissione di pronuncia, configurandosi quest’ultima nella sola ipotesi di mancato esame di domande o eccezioni di merito (Cass. 14 marzo 2018, n. 6174; Cass. 12 gennaio 2016, n. 321; Cass. 10 novembre 2015, n. 22952).

Vero è che l’omesso apprezzamento di una tale questione può configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c., circa la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata (Cass. 12 gennaio 2016, n. 321 cit.; Cass. 24 febbraio 2006, n. 4191). Nondimeno, la censura, articolata col terzo motivo, circa l’inammissibilità dell’appello per difetto di specificità, appare carente in punto di autosufficienza. E infatti, la deduzione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo implica che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” (Cass. Sez. U. 25 luglio 2019, n. 20181); in particolare, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di indicare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (Cass. 29 settembre 2017, n. 22880; Cass. 20 settembre 2006, n. 20405). Nella specie, la banca istante si è limitata a riprodurre la rubrica del motivo di appello che interessa, senza fornire quelle indicazioni che sarebbero state necessarie, a mente della richiamata giurisprudenza, per consentire il compiuto accertamento circa la divisata inammissibilità del proposto gravame.

4. – Il primo motivo del ricorso di G.V. e il primo motivo di ricorso di Mediolanum hanno analogo contenuto.

Il mezzo di censura di quest’ultima società è inammissibile, giacché Mediolanum non ha interesse a far valere una nullità processuale che, ove esistente, inerirebbe a una statuizione che non incide sulla sua posizione ma su quella di altra parte convenuta (precisamente, quella facente capo agli eredi di B.A., ritenuto corresponsabile del danno occorso).

Il mezzo di impugnazione di G.V. è invece fondato.

L’atto di riassunzione fu notificato sia alla predetta G. che a B.R., entrambi eredi dell’appellato B.A.. La seconda notificazione ebbe luogo, per la precisione, a mezzo del servizio postale e si perfezionò il 30 luglio 2014. E’ certo, quindi, che la vicenda processuale non evidenzi una violazione dell’art. 101 c.p.c..

E’ vero, però, che la Corte di appello non ha menzionato il predetto B.R. tra le parti del giudizio che figurano nell’epigrafe della sentenza e che la stessa Corte, pur dando atto che il giudizio fu riassunto “nei confronti degli eredi” di B.A., ha pronunciato condanna nei confronti della sola G. (e cioè nei confronti di uno solo dei due successori della defunta parte appellata).

La sentenza impugnata risulta conseguentemente affetta da nullità, stante l’obiettiva incertezza del suo contenuto avendo riguardo all’identità dei destinatari della suddetta condanna. Infatti, l’omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza va considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identità di tutte le parti, e comporta, viceversa, la nullità della sentenza qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce (Cass. 18 luglio 2019, n. 19437; Cass. 25 settembre 2017, n. 22275; Cass. 26 marzo 2010, n. 7343).

5. – Il secondo motivo del ricorso di G.V. è infondato.

Esso denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia. Come è noto, tuttavia, nella nuova formulazione dell’art. 360, n. 5, risultante dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, è mancante ogni riferimento letterale alla “motivazione” della sentenza impugnata, con la conseguenza che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054). La pronuncia impugnata, con riferimento al’accertamento della responsabilità del promotore, non presenta alcuna delle indicate, radicali, carenze motivazionali. La Corte di merito, nell’affermare che B. “concludeva (…) l’affare nella qualità di professionista qualificato e non nella semplice qualità di nuncius”, ha inteso infatti valorizzare il ruolo attivo che il promotore avrebbe dovuto svolgere nell’adempimento degli obblighi informativi: adempimento che era, invece, nei fatti, mancato.

6. – Il terzo motivo di ricorso di G.V. è infondato.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, se un fatto illecito è imputabile a più soggetti, la questione della gravità delle rispettive colpe e dell’entità delle conseguenze che ne sono derivate può essere oggetto di esame da parte del giudice del merito, adito dal danneggiato, solo se uno dei condebitori abbia esercitato l’azione di regresso nei confronti degli altri o, in vista del regresso, abbia chiesto espressamente tale accertamento in funzione della ripartizione interna del peso del risarcimento con i corresponsabili; tale domanda, tuttavia, non può ricavarsi dalle eccezioni con le quali il condebitore abbia escluso la sua responsabilità nel diverso rapporto con il danneggiato (Cass. 20 dicembre 2018, n. 32930; Cass. 25 agosto 2006, n. 18497). Se ne desume che la questione relativa al riparto di responsabilità non è rilevabile d’ufficio, ma deve costituire oggetto di specifica domanda od eccezione da parte di chi sia stato convenuto in giudizio come coautore del danno. E’ indubbio, allora, che la questione, rimasta assorbita nella pronuncia di rigetto di primo grado, dovesse essere riproposta in appello da B. a norma dell’art. 346 c.p.c.; tale incombente non sarebbe stato necessario se la questione fosse stata rilevabile d’ufficio (cfr. infatti Cass. 20 maggio 2011, n. 11259, nonché Cass. Sez. U. 21 marzo 2019, n. 7940, in motivazione): ma, come si è appena rilevato, sulla graduazione della responsabilità dei corresponsabili del danno la Corte di appello non poteva statuire d’ufficio.

7. – Il quarto motivo del ricorso di Banca Mediolanum è infondato.

La congruità della motivazione della sentenza del giudice di appello deve essere verificata con esclusivo riguardo alle questioni che sono state sottoposte al medesimo, e dallo stesso risolte per decidere la controversia, restando ad essa del tutto estranea la decisione eventualmente diversa che sia stata adottata dal giudice di primo grado, interamente travolta ed assorbita da quella emessa, in sua sostituzione, dal giudice di appello il quale compie la valutazione diretta del materiale probatorio messo a disposizione dalle parti, nell’ambito delle questioni sottopostegli dai motivi d’impugnazione, senza obbligo di puntuale confutazione dei singoli punti della sentenza di primo grado (Cass. 22 dicembre 2005, n. 28487; cfr. pure Cass. n. 17 giugno 2003, n. 9670).

8. – E’ inammissibile, da ultimo, il quinto motivo del ricorso di Mediolanum.

Il mezzo tende a una non consentita rivisitazione del giudizio di fatto espresso dalla Corte di appello circa l’insufficienza dell’attività informativa: attività informativa che doveva essere comunque prestata, giacché anche quando la diffusione di strumenti finanziari avvenga mediante la prestazione individuale di servizi di investimento, di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 1, comma 5, cioè mediante attività di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini, a condizioni diverse a seconda dell’acquirente e del momento in cui l’operazione è eseguita, la tutela del cliente è comunque affidata all’adempimento, da parte dell’intermediario, di obblighi informativi specifici e personalizzati, ai sensi del citato D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 e artt. 26 e segg. del reg. Consob n. 11522 del 1998 (Cass. 15 giugno 2017, n. 14884). Sotto altro riflesso è da osservare che la Corte di appello ha fondato la propria decisione anche sulla mancata segnalazione di inadeguatezza dell’investimento e che tale omissione integra un inadempimento idoneo a giustificare, da solo, la pronuncia risarcitoria. Poiché tale accertamento non è stato censurato – se non tardivamente, nella memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. -, occorre fare applicazione del principio per cui, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (per tutte: Cass. Sez. U. 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. 18 giugno 2019, n. 16314; Cass. 4 marzo 2016, n. 4293).

9. – In conclusione, la sentenza va cassata in accoglimento del primo motivo G.V.; vanno rigettati il secondo e il terzo motivo del ricorso di quest’ultima, mentre deve essere nel complesso respinto il ricorso di Banca Mediolanum.

La causa è rinviata alla Corte di Palermo che, in diversa composizione, statuirà pure sulle spese del giudizio di legittimità relative all’impugnazione di G.V..

La banca, definitivamente soccombente nei confronti dei controricorrenti, va invece condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dei medesimi.

PQM

La Corte;

accoglie il primo motivo del ricorso di G.V.; rigetta il secondo e il terzo motivo dello stesso ricorso; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità; respinge il ricorso di Banca Mediolanum s.p.a.; condanna questa al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in ragione di Euro 7.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della detta ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 16 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2021

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