Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24008 del 30/10/2020

Cassazione civile sez. III, 30/10/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 30/10/2020), n.24008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28068/2019 proposto da:

O.C.I., nato in (OMISSIS), rappresentato e difeso

dalli avv.to Bruno Fedeli, (bruno.fedeli.varese.pecavvocati.it) con

studio in Oggiona con Santo Stefano (VA) via Alessandro Volta 25,

giusta procura speciale allegata al ricorso, e domiciliato in Roma

presso lo studio dell’avv.to Sabrina Belmonte, con studio in Roma,

via Pirandello 67 (sabrinabelmonte.ordineavvocatiroma.org);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n 2791/2019 della Corte d’Appello di Milano

depositata il 24.6.2019

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23.7.2020 lo dal Cons. Dott. Antonella Di Florio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. O.C.I., cittadino (OMISSIS), ricorre affidandosi a due motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva confermato l’ordinanza del Tribunale con la quale era stata rigettata l’impugnazione proposta avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale richiesta alla Commissione Territoriale, declinata, in via gradata, nelle forme della “protezione sussidiaria” D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 e della protezione umanitaria D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, nella formulazione ratione temporis vigente.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere fuggito dal proprio paese in quanto minacciato di morte dai membri della confraternita (OMISSIS) alla quale aveva aderito e che avevano avvelenato la sorella, anch’ essa adepta della setta.

2. Il Ministero dell’Interno non si è difeso, chiedendo tardivamente di poter partecipare, eventualmente, alla discussione orale ex art. 370 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, comma 1, lett. g), artt. 3 e 14, relativo alla concessione della protezione sussidiaria: assume che la Corte aveva errato nel non considerare il grave danno che egli rischiava di subire in relazione ai fatti narrati.

1.1. Il motivo è inammissibile per assoluta mancanza di specificità.

1.2. Infatti, la motivazione della sentenza impugnata ha escluso che ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione maggiore invocata, in quanto la vicenda narrata (che aveva comunque natura privata) non era credibile e da essa non poteva desumersi l’esistenza, nella zona di provenienza del ricorrente, di una situazione di conflitto armato generalizzato: a fronte di ciò il ricorrente si limita ad affermare genericamente che la situazione del proprio paese era “tristemente nota”, ammettendo di essere fuggito nel tentativo di sopravvivere rispetto alla situazione di instabilità, con ciò dando sostegno alla valutazione di scarsa credibilità del suo racconto ed alla decisione che aveva ritenuto insussistenti i presupposti della misura invocata.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, ancora, l’erronea interpretazione dei fatti in relazione alla protezione umanitaria invocata e la violazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 5 comma 6.

2.1. Il motivo è inammissibile sotto due profili.

In primo luogo, infatti, l’interpretazione dei fatti non è censurabile in cassazione e, ove sia priva di vizi logici, rappresenta un’attività insindacabile riservata al giudice di merito (cfr. Cass. 8758/2017; Cass. 13712/2018); in secondo luogo i principi meramente enunciati dal ricorrente in materia di protezione umanitaria non sono accompagnati – in ragione della natura individualizzante della protezione richiesta – dalla specifica allegazione della sua situazione personale nè sotto il profilo dell’integrazione (essendo stato legittimamente ritenuto dalla Corte che l’assenza di attività lavorativa non consentiva di ritenere che egli avesse raggiunto un grado di stabilità, meritevole di protezione) nè sotto il profilo della violazione dei diritti umani che il ricorrente avrebbe subito ed andrebbe a subire nel suo paese di origine, tenuto conto dello specifico luogo di provenienza.

2.2. Il mancato assolvimento di tali oneri (la valutazione di insufficienza del diploma di falegname espressa dalla Corte è insindacabile) esclude la possibilità di apprezzare l’omissione denunciata, riguardante il giudizio di comparazione dal quale, soltanto, è possibile desumere la sussistenza dei presupposti della misura invocata.

3. In ricorso, in conclusione, è inammissibile

4. La mancata difesa della parte intimata esime la corte dalla decisione sulle spese.

5. L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato non consente di ritenere sussistenti i presupposti per il pagamento del contributo unificato raddoppiato.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2020

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