Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24002 del 03/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 03/10/2018, (ud. 23/05/2018, dep. 03/10/2018), n.24002

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 29448 del ruolo generale dell’anno 2011

proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

Osmatex s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e

difesa, per procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv.

Roberto Cordeiro Guerra, elettivamente domiciliata in Roma, via di

Porta Pinciana, n. 6, presso lo studio dell’Avv. Filippo Pingue;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Toscana, n. 115/31/2010, depositata in data 14

ottobre 2010;

udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 maggio 2018

dal Consigliere Giancarlo Triscari;

udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore

generale dott. Sorrentino Federico, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso;

udito per l’Agenzia delle entrate l’Avvocato dello Stato Paola Zerman

e per la società l’Avv. Laura Rosa.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, in epigrafe, che ha rigettato l’appello da essa proposto avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Prato che aveva accolto il ricorso proposto dalla società contribuente.

La Commissione tributaria regionale ha premesso, in punto di fatto, che: la società Osmatex s.r.l. aveva impugnato l’atto di contestazione ad essa notificato per sanzioni relative all’anno di imposta 2004; la società, in particolare, aveva chiesto il rimborso dell’Iva versata per l’acquisto di un complesso immobiliare che era stato prima riconosciuto, e quindi corrisposto, ma successivamente contestato, con conseguente richiesta di restituzione ed applicazione della sanzione; la società contribuente, con il ricorso, aveva sostenuto la fondatezza del diritto al rimborso e la illegittimità della irrogazione della sanzione; la Commissione tributaria provinciale aveva accolto il ricorso, ritenendo che legittimamente la società aveva richiesto il rimborso; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello l’Agenzia delle entrate sostenendo che la società contribuente si era interposta nella compravendita di prodotti tessili avvenuta, in realtà, tra altri soggetti e che le operazioni negoziali erano state unicamente realizzate allo scopo di precostituire il presupposto per ottenere in maniera indebita il rimborso infrannuale del credito Iva formatosi con l’acquisto del complesso immobiliare; si era costituita la società contribuente che aveva chiesto la conferma della decisione di primo grado.

La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: nella fattispecie trovava applicazione il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-bis, comma 2; non risultava e, comunque, non era stato sufficientemente provato, che il credito Iva formatosi con l’acquisto del complesso immobiliare da parte della contribuente fosse finalizzato ad una operazione elusiva ai fini Iva; infine, l’Ufficio finanziario, avendo riconosciuto la sussistenza del credito Iva ed il diritto al rimborso infrannuale, non poteva successivamente applicare una sanzione pecuniaria.

Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate affidato a tre motivi di censura.

La società Osmetex s.r.l. si è costituita depositando controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Sul primo motivo di ricorso.

Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in particolare per non avere tenuto conto dei fatti specifici allegati a sostegno della ritenuta anomalia dell’operazione economica e non avere rappresentato, in motivazione, il percorso logico seguito per addivenire alla decisione di non accoglimento dell’appello.

Il motivo è fondato.

Dalla ricostruzione in fatto della vicenda in esame, risultante dalla sentenza censurata nonchè dal contenuto dell’avviso di accertamento e dell’atto di contestazione, riprodotti letteralmente nel ricorso, si evince che la pretesa dell’Amministrazione finanziaria trovava fondamento su alcune circostanze specifiche da cui l’Ufficio finanziario aveva desunto l’anomalia dell’operazione negoziale a seguito della quale era stato richiesto, ed ottenuto, il rimborso in relazione a un periodo inferiore all’anno.

In particolare, si era evidenziato che: a) nello stesso periodo in cui era avvenuta la compravendita dell’area industriale, la società contribuente aveva registrato delle operazioni passive e attive da porsi in stretta correlazione con la medesima attività negoziale, in quanto i prodotti tessili acquistati risultavano venduti, in prossimità temporale, al Lanificio Texco s.p.a.; b) non risultava alcuna sede operativa; c) la società non aveva mai avuto alle proprie dipendenze impiegati ed operai nè rapporti con rappresentanti di commercio; d) non sussisteva una minima organizzazione per lo svolgimento di attività di compravendita di filati.

Nell’atto di appello, inoltre, si era evidenziato che: il Lanificio Texco s.p.a. era una società controllata dalla famiglia C., che controllava anche la Texco Immobiliare s.r.l., socia di Osmatex srl e amministrata da C.T. (rappresentate legale di Osmatex s.r.l., di cui era consigliere di amministrazione nel corso del 2004); l’unico cliente della Osmatex s.r.l. era il Lanificio Texco s.p.a.; il Lanificio Texco s.p.a. era un cliente diretto della società Woolmaco s.r.l. e Comfibre s.p.a., dalle quali aveva acquistato sia nel 2003 che nel 2004 le medesime merci che aveva acquistato da Osmatex s.r.1..

Da tale ricostruzione in fatto, con gli atti impositivi l’Ufficio aveva, quindi, fondato la pretesa sulla base della considerazione conclusiva che l’operazione di acquisto da parte della società contribuente del complesso immobiliare avesse avuto unicamente la finalità di realizzare i presupposti di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, comma 2, di cui alla causale prevista dall’art. 30, comma 3.

Rispetto ai suddetti elementi, la pronuncia censurata non ha in alcun modo esposto alcun ragionamento logico diretto a rendere percepibile le ragioni per le quali gli stessi non avevano assunto rilevanza ai fini della decisione, limitandosi, genericamente e quindi in modo insufficiente, a ritenere che non risulta e comunque non è sufficientemente provato che il credito Iva formatosi con l’acquisto del complesso immobiliare da parte della Osmetex fosse finalizzato ad una operazione elusiva ai fini Iva.

La suddetta motivazione, pertanto, si rileva insufficiente, tenuto conto che, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte (da ultimo Cass. civ. Sez. 5, Ord., 11 aprile 2018, n. 8913), la motivazione omessa o insufficiente è configurabile qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento.

Nel caso in esame, il giudice di appello non ha chiarito in maniera adeguata il percorso logico – argomentativo che ha portato al rigetto dell’appello in relazione ai diversi elementi posti alla sua attenzione al fine di configurare la non corretta applicazione della previsione di cui presupposti di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, comma 2, di cui alla causale prevista dall’art. 30, comma 3, in particolare la mancanza del diritto al rimborso Iva per operazioni imponibili per un ammontare superiore al 25 per cento dell’ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate e, sotto tale profilo, la stessa risulta viziata per insufficiente motivazione.

2. Sul secondo motivo di ricorso

Con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, 30 e 54, della 6^ direttiva n. 77/388/CEE, dell’art. 53 Cost. e dei principi in materia di abuso del diritto, nonchè dell’art. 2697 c.c., per avere ritenuto che non era stato sufficientemente provato che il credito Iva era finalizzato ad una operazione elusiva ai fini Iva, nonostante gli elementi presuntivi prospettati per dimostrare che le operazioni di acquisto e vendita dei prodotti tessili erano stati solo fittiziamente realizzati per procurare alla società il presupposto previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, lett. b) cioè l’effettuazione di operazioni non imponibili per un ammontare superiore al 25 per cento dell’ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate.

Il motivo è infondato.

Lo stesso, in particolare, si fonda sulla ritenuta natura elusiva dell’operazione realizzata dalla contribuente, ma, in realtà, la vicenda deve essere riguardata alla luce di un comportamento di violazione di legge, piuttosto che di abuso del diritto e di conseguente elusione.

In realtà, la questione in esame riguarda la insussistenza o meno dei presupposti per la legittima richiesta del rimborso del credito Iva, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, comma 2, profilo, quindi, da inquadrarsi nell’ambito della violazione della norma sopra indicata, piuttosto che in una vicenda di elusione che consiste, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte (da ultimo, Cass. sez. 5, 18 gennaio 2017, n. 1104) nella preclusione al contribuente di conseguire vantaggi fiscali mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici: la stessa si traduce, quindi, nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali, comportando l’inopponibilità del negozio all’Amministrazione finanziaria per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva;

3. Sul terzo motivo di ricorso.

Con il terzo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione dell’art. 38 bis, comma 2, e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, comma 1, per avere ritenuto che l’erogazione del rimborso in favore della contribuente non consentisse, successivamente, all’Amministrazione finanziaria di procedere al controllo sostanziale della sussistenza del credito e applicare la sanzione a titolo di tardivo pagamento di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1.

L’Agenzia delle entrate, in particolare, ritiene che l’ottenimento di un rimborso Iva non spettante per difetto dei presupposti, integri la fattispecie di cui all’art. 13, sopra citato, di tardivo pagamento, concretizzandosi nella disponibilità anticipata da parte del contribuente di una somma che, altrimenti, sarebbe dovuta rimanere nelle casse dell’Erario ancora per un certo tempo.

L’accoglimento del primo motivo di ricorso ha valore assorbente del presente motivo.

In conclusione, deve accogliersi il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, assorbito il terzo motivo di ricorso, con cassazione della sentenza e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente grado di giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente grado di giudizio.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2018

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