Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24001 del 23/10/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24001 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– ricorrente contro

Vignola Angelo, elettivamente domiciliato in Roma
Via A.Armellini 55 (Baldassarre-D’Amore), e
rappresentato e difeso dall’Avv.to Pellegrino
Musto, in forza di procura speciale a margine del
controricorso
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 64/05/06 della Commissione
Tributaria regionale della Campania, Sezione
Staccata

di

Salerno,

depositata

il

17/03/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 3/12/2012 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Sergio Del Core, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

Data pubblicazione: 23/10/2013

Svolgimento del processo
Con sentenza n. 64/05/06 del 3/3/2006, depositata
in data 17/3/2006, la Commissione Tributaria
Regionale della Campania, Sezione Staccata di
Salerno, respingeva l’appello proposto, in data
28/7/2005, dall’Agenzia delle Entrate Ufficio di
Avellino, avverso la decisione n. 216/01/2003 della
Commissione Tributaria Provinciale di Avellino, che

esercente un’attività di Bar-Pasticceria in
Solfora, contro un avviso di rettifica parziale,
“n. 800642/02″,

afferente l’IVA dovuta per l’anno

1997, per (come da ricorso per cassazione
dell’Agenzia delle Entrate)
di

corrispettivi”,

“omessa registrazione

stante la ricostruzione del

maggior volume d’affari e la rideterminazione della
percentuale di ricarico, ed
dell’IVA”,

“indebita detrazione

all’aliquota ordinaria del 19%,

relativamente a prestazione (attività di
intermediazione) estranea all’attività aziendale.
La Commissione Tributaria Regionale respingeva il
gravame dell’Agenzia delle Entrate, in quanto, pur
ritenendo ammissibile per l’Ufficio erariale
procedere ad un accertamento analitico induttivo,
anche in presenza di una contabilità formalmente
regolare, nello specifico, non erano state
chiarite, né nell’avviso di accertamento,
esclusivamente per relationem”,

“stilato

né in giudizio, le

modalità di determinazione dei maggiori ricavi
attraverso l’applicazione di una percentuale di
ricarico, in particolare sui prodotti di
pasticceria (avendo “i

verificatori tenuto conto

solamente dei prodotti più importanti e non di
altri prodotti che pure incidono nella misura del
30% dei costi complessivi del beni”) .

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aveva accolto il ricorso di Vignola Angelo,

Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per
cassazione l’Agenzia delle Entrate, deducendo
quattro motivi di ricorso per cassazione, per
insufficiente ed illogica motivazione su fatto
controverso e decisivo, ex art.360 n. 5 c.p.c.
(Motivo l, in ordine alla correttezza del criterio
metodologico seguito dall’Ufficio erariale per la
determinazione, in via analitico-induttiva, del

chiarito, in giudizio,

“anche attraverso puntuali

richiami, ai dati emergenti dal processo verbale di
constatazione n. 12 del 23/5/1999 ed a quelli
allegati, il metodo”

impiegato per la rettifica),

per violazione e/o falsa applicazione, ex art.360
n. 3 c.p.c., dell’art.115 c.p.c. (Motivo 2, non
avendo la CTR esaminato le prove poste a base della
verifica eseguita dai nuclei investigativi degli
Uffici Imposte Dirette ed IVA di Avellino) e
dell’art.56 DPR 633/1972, come modificato dal
d.lgs. 32/2001 (Motivo 3, essendo stato pienamente
soddisfatto, a garanzia del contraddittorio e del
diritto di difesa del contribuente, l’obbligo di
motivazione dell’atto impositivo, in quanto le
verifiche erano state effettuate in contraddittorio
con il contribuente, cui era stato ritualmente
notificato il PVC, con i relativi allegati,
richiamato
nonché per

per relationem

nell’accertamento),

error in procedendo,

ex art.360 n. 4

c.p.c. (Motivo 4, in relazione all’art.112 c.p.c.,
non avendo i giudici tributari esaminato
l’eccezione, sollevata dall’Agenzia, in appello, in
ordine alla definitività dell’accertamento per la
parte relativa ai costi ritenuti non inerenti, in
difetto di contestazione sul punto da parte del
contribuente in primo grado).

3

maggior reddito, avendo lo stesso Ente ben

Ha resistito il contribuente con controricorso,
deducendo che, in sede penale, egli era stato
assolto, con sentenza del Tribunale ordinario di
Avellino, in data 17/3-10/9/2004, perché il fatto
non sussiste, dal reato di cui all’art.4 d.lgs.
74/2000, e che altro avviso di rettifica,
800642/02″,

“n.

notificatogli nel novembre 2002,

inerente sempre la dichiarazione IVA relativa

medesimo processo verbale di constatazione (con il
quale si era accertata l’omessa registrazione di
corrispettivi e l’indebita detrazione dell’IVA,
all’aliquota ordinaria del 19%, relativamente a
prestazione – intermediazione estranea
all’attività) era stato annullato dalla Commissione
Tributaria Provinciale di Avellino, con sentenza
“n. 216 del 17/12/2003”,

riformata in appello, con

sentenza della CTR Campania, Sezione Staccata di
Salerno, n. 10/05/03, passata in giudicato, solo
relativamente ai costi, non riconosciuti per
complessivi C 5.207,95, con conseguente
inammissibilità, per giudicato esterno intervenuto
tra le stesse parti, del presente ricorso per
cassazione (concernente la sentenza della CTR
Campania Sezione Staccata di Salerno n.64/5/06,
avente ad oggetto però impugnativa dell’avviso “di
accertamento n. RE
notifica in data

11006877,

20/02/2002”,

spedito per la
con rettifica del

reddito di impresa relativo all’anno 1997, ai fini
IRPEF e SSN).
Il controricorrente ha depositato memoria, ai sensi
dell’art.378 c.p.c..
Motivi della decisione
In ordine alla questione preliminare del giudicato
esterno,

ex

art.2909

c.c.,

sollevata

dal

all’anno 1997, fondato sulle risultanze del

controricorrente, va osservato che la vertenza in
esame, come si evince dal ricorso dell’Agenzia e
dalla sentenza impugnata n. 64/05/06, concerne,
difformemente da quanto eccepito dal
controricorrente (pagg.1,2,3 del controricorso), il
maggior volume d’affari, ai fini dell’IVA, per
l’anno 1997 e non il maggiore reddito di impresa,
sempre per l’anno 1997, oggetto di distinto atto

contribuente, definita con sentenza, passata in
giudicato, sempre della CTR Campania, Sezione
Staccata di Salerno, del gennaio 2006.
Ora,

occorre osservare in generale che il

riconoscimento della capacità espansiva del
giudicato tributario può operare solo rispetto a
quegli elementi costitutivi della fattispecie che,
estendendosi a una pluralità di periodi d’imposta
(es. le qualificazioni giuridiche preliminari
all’applicazione di una specifica disciplina
tributaria), assumono carattere tendenzialmente
permanente (in riferimento a tali elementi, cfr.
Sez. U, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006; vedi, con
riferimento però al giudicato esterno relativo ad
annualità diversa della stessa imposta,
Cass.20029/2011; Cass. 4607/2008; Cass.11226/2007:
“La sentenza del giudice tributario con la quale si
accerta il contenuto e l’entità degli obblighi del
contribuente per un determinato anno d’imposta può
fare stato anche con riferimento alle imposte dello
stesso tipo dovute per gli anni successivi solo per
quanto attiene le qualificazioni giuridiche o altri
elementi preliminari correlati ad un interesse
protetto avente il carattere della durevolezza,
mentre non può avere alcuna efficacia vincolante
quando l’accertamento relativo ai diversi anni
/4„/
5

impositivo e di distinta impugnazione, da parte del

d’imposta debba fondarsi su dati e ricostruzioni
contabili diversi”).
Ancora, si è affermato, principio di diritto
proprio pertinente alla questione qui sollevata,
che il giudicato, formatosi in materia di tributi
diretti, non è preclusivo delle questioni
concernenti il diverso rapporto giuridico d’imposta
in tema di IVA, anche se relativo alla stessa

fatto (Sez. 5, Sentenza n. 25200 del 30/11/2009 e
Cass.16996/2012).
Orbene,

il giudicato avente per oggetto il

riconoscimento della regolarità dei rapporti
fiscali a fini IRPEF, nell’anno 1997, non può
dunque comportare la sua automatica l’estensione
alla contestazione inerente l’IVA dovuta per lo
stesso anno, in quanto il rapporto tributario
postula l’accertamento di ulteriori presupposti di
fatto.
Nel merito del ricorso,

l’Agenzia ricorrente

lamenta con il primo motivo, un vizio motivazionale
della sentenza impugnata, non avendo,
essenzialmente, spiegato i giudici tributari perché
le difese dell’Ufficio erariale, a fronte delle
contestazioni del contribuente al metodo con cui
era stata effettuata la rettifica della
dichiarazione IVA, non erano convincenti, essendovi
stata totale obliterazione, da parte dei giudici,
dell’esame degli elementi probatori posti a base
del processo verbale di constatazione del 23/5/1999
e degli allegati acquisiti in giudizio.
Il primo motivo è fondato, con assorbimento del
secondo e del terzo motivo.
In generale, a fronte della dichiarazione del
contribuente, l’Ufficio può rettificare in aumento

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annualità e scaturente dalla medesima indagine di

l’imponibile esposto nella dichiarazione con tre
metodi, quello analitico-contabile, quello
extracontabile o induttivo e quello, che qui
interessa, misto, analitico-induttivo. Con tale
metodologia, la determinazione (o meglio, la
rettifica) del reddito viene effettuata sempre
nell’ambito delle risultanze della contabilità, ma
con una ricostruzione induttiva di singoli

aliunde l’inesattezza o la mancanza.
Nell’ipotesi prevista dalla lettera d) dell’art.39
1 0 comma DPR 600/1973, in tema di imposte
reddituali, la rettifica in aumento dell’imponibile
esposto in dichiarazione è possibile se
l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli
elementi indicati nella dichiarazione e nei
relativi allegati risulta dall’ispezione delle
scritture contabili e dalle altre verifiche ovvero
dal controllo della completezza, esattezza e
veridicità delle registrazioni contabili sulla
scorta delle fatture e degli altri atti e documenti
relativi all’impresa nonché dei dati e delle
notizie raccolte dall’Ufficio, anche sulla base di
presunzioni semplici, purché queste siano gravi,
precise e concordanti. Il metodo misto trova
applicazione analoga anche ai fini IVA ed è
disciplinato dall’art.54, comma 2 e 3, DPR
633/1972;
ancorata
contabili

la determinazione dell’imponibile è
alle
e

risultanze
la

rettifica

delle

registrazioni

concerne

singoli

corrispettivi relativi ad operazioni imponibili non
dichiarati o non risultanti dalla contabilità.
Nella specie, la modalità di accertamento adottata
dall’Ufficio nell’atto impositivo impugnato risulta
fondata su dati desunti proprio dalle scritture

7

elementi, attivi o passivi, di cui risulti provata

aziendali e quindi non soggiace alla disciplina del
D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, e D.P.R.
n. 633 del 1973, art. 55, bensì a quella del D.P.R.
n. 600 del 1973, art. 39, comma 1 e D.P.R. n. 633
del 1973, art. 54; si tratta, cioè, di accertamento
analitico-induttivo e non di accertamento induttivo
extracontabile e, pertanto, andava giudicato

formalmente

in presenza di

regolare

(Cass.

contabilità

1647-17408

e

21697/2010; Cass.7184/2009; Cass.5977/2007).
La CTR ha infatti motivato nel senso che, pur a
fronte di una
di

“gravi

“regolare contabilità”,
incongruenze”,

era

in presenza

possibile

un

accertamento induttivo, ex art.54 DPR 600/1973.
Viene tuttavia anche in discussione il metodo di
rettifica globale dei ricavi fondato sulle c.d.
percentuali di ricarico. In generale, essendo il
ricarico rappresentato dal rapporto tra i ricavi
contabilizzati e gli acquisti registrati in
contabilità – il confronto dell’effettivo margine
di guadagno sulle merci con quanto risultante dalla
contabilità consente di fondatamente presumere che
acquisti registrati abbiano dato luogo a vendite
non (regolarmente) registrate; il punto critico è
rappresentato

dalla

scelta

del

criterio

di

determinazione della percentuale di ricarico
concretamente applicabile, in quanto detto criterio
deve comunque rispondere a canoni di coerenza
logica e di congruità, a disparte dall’esser
rapportato alla omogeneità dei beni-merce ed alla
scelta del campione selezionato per la comparazione
tra i prezzi di acquisto e di rivendita. La scelta
da parte dell’Amministrazione finanziaria del
criterio di determinazione della percentuale di
ricarico deve

rispondere a canoni di coerenza

legittimo anche

logica e congruità che devono essere esplicitati
attraverso adeguato ragionamento, essendo
consentito il ricorso al criterio della “media
aritmetica semplice” in luogo della “media
ponderale” quando risulti l’omogeneità della merce,
ma non quando fra i vari tipi di merce esista una
notevole differenza di valore ed i tipi più venduti
presentino una percentuale di ricarico molto

(cfr. Cass. 979/2003 n. 979; Cass.14328/2009; Cass.
26312/2009 e Cass.10148/2010).
Il

controllo

di

logicità

sulla

scelta

ed

applicazione del criterio di calcolo per il
ricarico si estende anche alla congruità del
campione selezionato per la comparazione tra i
prezzi di rivendita e di acquisto, non potendo
limitarsi il campione ad alcuni articoli soltanto,
ma dovendo comprendere – in relazione agli elementi
conoscitivi acquisiti nel corso della indagine
svolta dall’Ufficio accertatore – l’inventario
generale delle merci commercializzate dalla impresa
(Cass. n. 979/2003 cit.; Cass. 6849 e 6852/2009) o
comunque un

“gruppo significativo, per qualità e

quantità dei beni”

oggetto dell’attività di

impresa, anche senza estendersi necessariamente
alla totalità dei beni (cfr. Cass. 13816/2003 cit.,
per cui la

“insufficienza o inadeguatezza del

campione” è

oggetto di sindacato da parte del

giudice del merito che può determinare una
riduzione del reddito accertato induttivamente
dall’Ufficio).
In sostanza, il riscontro di incongrue percentuali
di ricarico sulla merce venduta costituisce – sia
in tema di imposte dirette (v. Cass. 7871/12,
7653/12, 13319/11), sia in tema di IVA (v. Cass.

9

inferiore a quella risultante dal ricarico medio

26177/11 e 26312/09)

– legittimo presupposto

dell’accertamento induttivo, purché la
determinazione della percentuale di ricarico sia
coerente con la natura e le caratteristiche dei
beni venduti, sicché, qualora il contribuente, in
sede di giudizio, contesti il criterio di
determinazione della percentuale di ricarico, il
giudice di merito è tenuto a verificare la scelta

proposte, alla luce dei canoni di coerenza logica e
di congruità, tenuto conto della natura, omogenea o
disomogenea, dei beni-merce nonché della rilevanza
dei campioni selezionati, e la loro rispondenza al
criterio di media (aritmetica o ponderale)
prescelto.
Nella fattispecie, la parte ricorrente muove, come
già detto, anzitutto dal corretto assunto (in
conformità alle citate pronunce in materia di
questa Corte) che il dato della regolarità formale
della contabilità di impresa, ove sussistente, non
è in ogni caso preclusivo dell’accertamento di
genere induttivo, atteso che ben possono essere
state semplicemente omesse annotazioni relative ad
operazioni che, altrimenti, sarebbero destinate a
non venir mai accertate se non per diversa
risultanza documentale.
Inoltre, l’Amministrazione procedente aveva dedotto
l’esistenza di gravi incongruenze e comunque
presunzioni,

allunde desunte, dell’inattendibilità

della contabilità nel suo complesso, avendo
ricostruito

il

maggior

volume

d’affari,

differenziando i prodotti trattati e
commercializzati maggiormente rappresentativi e
differenziando specificamente la percentuale di
ricarico per i prodotti di pasticceria e per quelli

10

dell’Amministrazione in relazione alle critiche

relativi al bar-caffè.
La ricorrente lamenta anche l’insufficienza della
motivazione del provvedimento di appello, nella
parte in cui il giudicante ha fatto riferimento al
“discutibile” contenuto della verifica fiscale. La
ricorrente si duole che la sentenza sia motivata in
termini apodittici e senza specifico riferimento ad
elementi di fatto.

che la CTR ha giudicato gli elementi offerti
dall’Ente impositore non dotati dei caratteri di
gravità, precisione e concordanza, perché, a fronte
delle contestazioni del contribuente, sulla

“non

corretta determinazione della percentuale di
ricarico, in particolare sui prodotti di
“nella

avendo l’Ufficio

pasticceria”,

determinazione del costo del venduto”

tenuto conto

soltanto dei prodotti più importanti, e sulla
erronea metodologia usata per dedurre i ricavi
“l’accertamento, stilato

complessivi,

per

esclusivamente

relationem,

si

basa

acriticamente su una verifica il cui contenuto è
discutibile,

perché

basato

su

presunzioni

enunciate, non verificate, né provate”,
affermazioni queste del tutto generiche, implicanti
una valutazione separata di ciascun elemento
probatorio, in rapporto ai plurimi dati presuntivi
offerti dall’Ente impositore, riprodotti in
ricorso.
La

sentenza

è

dunque

affetta

da

vizio

motivazionale, non avendo i giudici tributari
verificato puntualmente la scelta
dell’Amministrazione in relazione alle critiche
proposte dal contribuente, alla luce dei canoni di
coerenza logica e di congruità, tenuto conto della

11

Ora, dalla lettura della sentenza impugnata, emerge

Al SE NS i
N. 131

natura, omogenea o disomogenea, dei beni – mergATERIA’FRIBt
nonché della rilevanza dei campioni selezionati, e
la

loro

rispondenza

al

criterio

di

media

(aritmetica o ponderale) prescelto.
Fondata è inoltre la censura, di cui al quarto
• motivo, di omessa pronuncia sul passaggio in
giudicato della parte dell’atto impositivo relativa
all’accertamento dei costi indeducibili non

parte del contribuente in primo grado, giusta
l’eccezione, sollevata dall’Agenzia, in appello,
non esaminata dai giudici tributari.
La Corte accoglie pertanto il ricorso, cassa la
sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione
della Commissione Tributaria della Campania che
provvederà anche sulle spese del giudizio di
legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza
impugnata, con rinvio ad altra Sezione della
Commissione Tributaria Regionale della Campania,
che provvederà anche sulle spese del giudizio di
legittimità.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della

inerenti, in difetto di contestazione sul punto da

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