Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2400 del 04/02/2014
Civile Sent. Sez. U Num. 2400 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE
Data pubblicazione: 04/02/2014
SENTENZA
sul ricorso 26518-2012 proposto da:
RICCI ALVARO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
2013
DELLE
677
dell’avvocato TARTAGLIA ANGELO FIORE, che lo
MEDAGLIE
D’ORO
266,
presso
lo
studio
rappresenta e difende, per delega a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro pro-tempore, COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI
FINANZA, in persona del Comandante Generale protempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– controricorrentl –
avverso la sentenza n. 5582/2012 del CONSIGLIO DI
STATO, depositata il 02/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato Angelo Fiore TARTAGLIA;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
–
RG 26518-12
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Consiglio di Stato, riformando la sentenza del TAR Lazio, riteneva,
per quello che interessa in questa sede, regolare il procedimento
disciplinare cui era stato sottoposto Alavaro Ricci, brigadiere della
Guardia di Finanza, e valida la conseguente sanzione della perdita del
provvedimento di espulsione non poteva, ai sensi dell’art. 21 bis della
legge n. 241 del 1991, produrre nei confronti del destinatario i suoi
effetti dalla data di adozione del relativo atto, avendo lo stesso natura
sanzionatoria e, comunque, non essendovi una clausola d’immediata
efficacia, statuiva che l’efficacia del provvedimento in parola doveva
decorrere dalla data della relativa notifica andata a buon fine e,
conseguentemente, annullava in parte qua il detto provvedimento.
Avverso questa sentenza Alvaro Ricci ricorre innanzi a queste Sezioni
Unite sulla base di un unico motivo con il quale, deducendo violazione
dell’art. 4 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 allegato E) ed art. 111
Cost., denuncia che il Consiglio di Stato nell’attribuire al provvedimento
di espulsione una diversa efficacia – anziché limitarsi ad annullarlo non
potendo questo avere efficacia immediata così come disposto dalla P.A. si è sostituito all’Amministrazione nel determinare una diversa
decorrenza,
così
invadendo
la
sfera
di
attribuzioni
riservata
all’Amministrazione.
Parte intimata resiste con controricorso,illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il motivo di ricorso con il quale sostanzialmente si denuncia uno
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grado con rimozione dall’impiego. Tuttavia, sul presupposto che il
sconfinamento da parte del Consiglio di Stato dai limiti della propria
giurisdizione per invasione delle attribuzioni proprie della P.A. è
infondato.
Invero costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di queste
Sezioni Unite che l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile ai sensi
sfera del merito, è configurabile solo quando l’indagine svolta non sia
rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato,
ma sia stata strumentale a una diretta e concreta valutazione
dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale,
pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima una volontà
dell’organo giudicante che si sostituisce a quella dell’amministrazione, nel
senso che, procedendo ad un sindacato di merito, si estrinsechi in una
pronunzia autoesecutiva, intendendosi per tale quella che abbia il contenuto
sostanziale e l’esecutorietà stessa del provvedimento sostituito, senza
salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa ( V. per
tutte Cass. S.U. 28 aprile 2011 n. 9443 e da ultimo Cass. S.U. 5 settembre
2013 n. 20360).
Alla luce di tale regula luris certamente non può ritenersi che il Consiglio
di Stato determinando, in applicazione di una precisa disposizione di legge,
una diversa decorrenza dell’efficacia del provvedimento amministrativo nei
confronti del suo destinatario sia andato oltre i limiti interni del proprio
sindacato di legittimità invadendo la sfera di attribuzioni della PA o
sostituendosi ad essa nell’esercizio delle relative attribuzioni. Il
Consiglio di Stato, infatti, fonda il
2
decisum
in questione non
dell’art. 111, terzo comma, Cost. sotto il profilo dello sconfinamento nella
sull’opportunità o convenienza dell’atto e, quindi, esprimendo un sindacato
sul merito dello stesso, ma sulla conformità dell’atto, quanto alla
decorrenza dell’ efficacia nei confronti del destinatario, alla normativa di
legge rimanendo in tal modo nell’ambito dei limiti interni della propria
giurisdizione.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in E. 3.000,00
per compensi oltre spese prenotate a debito
Così deciso in Roma nella camera di consiglio delle Sezioni Unite del 17
dicembre 2013
Il ricorso, pertanto, va rigettato.