Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23999 del 23/10/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 23999 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Maveda srl, in persona del legale rappresentante
p.t., elettivamente domiciliata in Roma Via Pasubio
15, presso lo studio dell’Avvocato Dario Piccioni,
che la rappresenta e difende unitamente e
disgiuntamente agli Avv.ti Prof. Alberto
Marcheselli e Vittorio Nizza, in forza di procura
speciale in calce al ricorso
– ricorrente –

2293
(

contro

-7–0″-Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., e Ministero dell’Economia e delle Finanze,
domiciliati in Roma Via dei Portoghesi 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato che li
rappresenta e difende ex lege
– con troricorrenti –

avverso la sentenza n. 8/20/06 della Commissione
Tributaria regionale del Piemonte, depositata il
15/05/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 3/12/2012 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
uditi l’Avv.to Marcheselli, per parte ricorrente, e

1

Data pubblicazione: 23/10/2013

l’Avvocato dello Stato, Gianni De Bellis, per parte
controricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Sergio Del Core, che ha concluso per
l’accoglimento del primo motivo del ricorso,
assorbiti gli altri.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 8/20/06 del 20/2/2009, depositata

Regionale del Piemonte, Sez. 20, respingeva, con
compensazione delle spese di lite, l’appello
proposto, in data 14/10/2005, dalla Maveda srl, in
via principale, e l’appello incidentale proposto
dall’Agenzia delle Entrate, avverso la decisione n.
52/06/2005 della Commissione Tributaria Provinciale
di Torino, che aveva accolto solo parzialmente
(riducendo l’imposta accertata e le sanzioni) il
ricorso proposto dalla contribuente contro un
avviso di accertamento, notificato nel novembre
2004, relativo a maggiore imposta IVA dovuta (C
78.494,73), oltre le sanzioni e gli interessi, per
l’anno di imposta 1999.
L’avviso impugnato era stato emesso sulla base di
un processo verbale di constatazione redatto in
data 27/9/2004 e riguardava la contestazione
dell’omessa autofatturazione da parte della Maveda,
ai sensi del 3 0 comma dell’art.17 DPR 633/1972, di
“operazioni intracomunitarie”

relative a

prestazioni di servizi, utilizzate in Italia e
fornite da aziende estere (una con sede a Londra ed
altra con sede negli Stati Uniti d’America), che
non avevano stabile organizzazione in Italia,
operazioni identificabili, secondo l’Ufficio
erariale,

rispettivamente,

pubblicitarie’ e

in

“prestazioni

“fornitura di sito web” e quindi

in data 15/5/2006, la Commissione Tributaria

rientranti nella deroga al principio generale di
territorialità, all’epoca vigente, di cui al 40
comma dell’art.7 DPR 633/1972, avendo invece la
Maveda registrato le operazioni in esenzione di
imposta, ai sensi dell’art.7 3 0 comma DPR 633/1972,
ritenendo, in particolare, le operazioni
trasfrontaliere imponibilili ai fini IVA, non in
Italia, per carenza del requisito della

delle prestazioni, in base alla residenza fiscale
dei prestatori di servizi, secondo la regola,
all’epoca, generale.
La CTP di Torino (la cui sentenza è stata
richiamata ed integralmente allegata al ricorso per
cassazione) aveva, in particolare: a) da un lato,
ritenuto, quanto al contratto stipulato da Maveda
con la società londinese Madler, intitolato
“Mandato di Agenzia”,

che si trattasse

“non di

attività pubblicitaria, ma di un servizio di
intermediazione volto a procurare affari in campo
pubblicitario”

e come tale rientrante comunque
nella previsione di cui all’art.7 comma 4 0 lett.d),
del DPR 633/1972, nel testo vigente

ratione

temporis, non avendo il legislatore nazionale,

“pur

adeguando la normativa nazionale a quella
comunitaria”,

inserito la dizione

conto altrui”,

“In

nome e per

contenuta nell’art.9 par.2 della

Direttiva 77/388/CEE, cosicché l’operazione doveva
considerarsi effettuata in Italia, luogo di
residenza fiscale della committente beneficiaria
del servizio; dall’altro lato, quanto al contratto
stipulato dalla Maveda con la statunitense Intune
Limited, avente ad oggetto prestazioni
e pubblicazione di pagine web”)

(“creazione

rese tramite

servizi elettronici, riconosciuto illegittimo il

3

territorialità, ma nei distinti Paesi di origine

recupero dell’imposta relativa alle prestazioni
rese a Maveda dalla detta società statunitense, in
quanto tali servizi erano stati inclusi nella
deroga al principio generale di territorialità
dell’IVA, di cui al 4 ° comma dell’art.7 citato,
solo per effetto del d.lgs. 273/2003, emanato in
attuazione della Direttiva 2002/38/CE. I giudici di
primo grado avevano, di conseguenza, ridotto la

proporzionale diminuzione delle sanzioni e degli
interessi.
La Commissione Tributaria Regionale respingeva sia
il gravame della società contribuente sia l’appello
incidentale dell’Agenzia delle Entrate
(relativamente all’accoglimento, in primo grado,
del ricorso limitatamente al recupero dell’imposta
relativa a prestazioni rese dalla ditta
statunitense Intune tramite servizi elettronici),
in quanto riteneva anzitutto, con riguardo
all’appello principale della Maveda, che era
infondata l’eccezione di carenza di motivazione
dell’ atto impositivo e che, alla luce del 4 0 comma
dell’art.7 DPR 633/1972 e dell’art.40 d.l.
331/1993, dovevano considerarsi effettuate in
Italia, luogo di residenza della committente (nella
specie, la Maveda), le prestazioni rese da ditta
estera (nella specie, la Madler Associated) senza
stabile organizzazione o rappresentate fiscale in
Italia, con conseguente obbligo del committente di
emettere l’autofattura. La CTR ribadiva infatti
(seguendo il ragionamento dei giudici della CTP)
che le prestazioni rese dalla Madler, in esecuzione
“di un mandato di agenzia avente ad oggetto il
procacciare ordini e lavori in relazione ad alcune
attività specificamente indicate”,

4

attività non

maggiore imposta accertata (per l’anno 1999), con

”pubblicitarie”
carattere di

in senso stretto, ma aventi il

“intermediazione diretta a procurare

affari nel settore pubblicitario”,

fossero

“assimilabili all’attività di intermediazione” e
quindi rientrassero nella lett.d) del 4 0 comma
dell’art.7 citato, non avendo il legislatore
italiano, nell’adeguamento della normativa
nazionale a quella comunitaria, previsto che

e per conto altrui”.

Con riguardo poi all’appello

incidentale dell’AgenzicLed alle prestazioni rese a
favore della italiana Maveda dalla Intune Limited,
tramite servizi elettronici, la Commissione
tributaria regionale specificava che esse
rientravano, del pari, nel 4 ° comma dell’art.7
citato, ma solo a seguito dell’intervento normativo
di cui al d.lgs. 273/2003, entrato in vigore in
data 1/8/2003,
nazionale,

con il quale il legislatore

in attuazione della Direttiva n.

2002/38, aveva ricompreso nella lett.d) dell’art. 7
anche le

“prestazioni di forniture di siti web e

web hosting, gestione a distanza di programmi ed
attrezzature”,

cosicché per gli anni precedenti,

quali quelli che interessavano le contestazioni
alla Maveda, vigeva per l’IVA il principio del
domicilio del prestatore e quindi era illegittimo
il recupero effettuato dall’Ufficio.
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per
cassazione la Maveda, deducendo due motivi di
ricorso per cassazione, per violazione e/o falsa
applicazione di norme di diritto, ex art.360 n. 3
c.p.c.

(Motivo l, in riferimento all’art.7 DPR

633/1972, da leggere secondo l’interpretazione
imposta dall’art.9 comma 2 lett.c) della Sesta
Direttiva IVA n. 77/388/CEE del 17/5/1977,

5

“l’attività venisse svolta da intermediari in nome

direttamente applicabile in quanto assolutamente
dettagliata, precisa ed incondizionata, cosicché le
deroghe al principio generale territoriale per
l’IVA, vigente all’epoca, erano ammesse, in materia
di prestazioni di servizi rese da intermediari,
esclusivamente nel caso in cui gli intermediari
stessi avessero agito in nome e per conto altrui,
il che non si era verificato, pacificamente (fatto

fattispecie; nel medesimo motivo, peraltro, viene
anche dedotto un vizio di mancanza di motivazione o
di motivazione apparente, per avere i giudici
tributari motivato soltanto sulla operatività della
norma interna), per contraddittoria motivazione su
punto decisivo controverso, ex art.360 n. 5 c.p.c.
(Motivo 2, avendo la CTR contemporaneamente
affermato e negato che il legislatore nazionale si
è adeguato alla normativa comunitaria).
In

via

subordinata,

la

ricorrente

deduce

l’insussistenza di vantaggi fiscali per il
contribuente e/o danni per l’Erario, sia operando
che non operando l’autofatturazione, e lamenta
quindi la violazione dell’art.10 dello Statuto
Contribuente, attese sia l’oggettiva complessità
della norma applicata dall’A.F. sia natura
“meramente formale”

della violazione fiscale e

chiede pertanto che siano annullate, nell’atto
impositivo, le sanzioni applicate.
La Maveda propone poi, sempre in via subordinata,
la rimessione pregiudiziale, previa sospensione del
giudizio, alla Corte di Giustizia UE della
questione interpretativa dell’art.9 comma 2 ° lett.
e) della VI Direttiva IVA.
L’Agenzia

delle

Entrate

controricorso.

6

ha

resistito

con

questo accertato giudizialmente), nella

La ricorrente ha anche depositato memoria, ai sensi
dell’art.378 c.p.c..
Motivi della decisione
La società ricorrente lamenta, con il primo motivo,
un vizio di violazione e/o falsa applicazione di
norme di diritto, in riferimento all’art.7 DPR
633/1972, da leggere secondo l’interpretazione
imposta dall’art.9 comma 2 lett.c) della Sesta

alle prestazioni rese, a suo favore, dalla società
londinese Madler.
Il primo motivo (assorbente il motivo 2), con
riguardo all’operazione intracomunitaria tra la
Maveda e la Madler, è fondato.
La questione controversa attiene alle condizioni di
assoggettabilità a Iva delle prestazioni di
servizio evidenziate nella impugnata sentenza, in
relazione al principio di territorialità per come
disciplinato dalle disposizioni vigenti all’epoca,
prima della direttiva 2006/112/CE contenente la
riorganizzazione dell’intera materia dell’ Iva, e
quindi dalle modifiche introdotte, nella normativa
nazionale, dal d.lgs. 18/2010 (che si applica alle
operazioni effettuate dal 1 ° /1/2010).
Nella specie si discorre di obblighi tributari
associati all’esercizio 1999.
Occorre

normativo, vigente

il

definire

necessariamente

ratione temporis,

quadro

con riguardo

anzitutto alle disposizioni comunitarie.
L’art. 9, par. l e 2, lett. e), della sesta
direttiva, nel testo vigente ratione temporis,
disponeva quanto segue: “/. Si considera luogo di
una prestazione di servizi il luogo in cui il
prestatore ha fissato la sede della propria
attivita’ economica o ha costituito un centro

7

Direttiva IVA n. 77/388/CEE del 17/5/1977, quanto

di attivita’ stabile, a partire dal quale la
prestazione di
mancanza

servizi

di tale

attivita’

viene

sede o

resa

o,

di tale

in

centro di

stabile, il luogo del suo domicilio o

della sua residenza abituale— 2 lett.e). Tuttavia,
il

delle

luogo

servizi,
della

rese

seguenti

prestazioni

a destinatari stabiliti

Comunita’

o

a

di
fuori

soggetti

passivi

paese del prestatore, e’ quello in cui il
destinatario ha stabilito la sede della sua
attivita’ economica o ha costituito un centro
di attivita’ stabile per il quale si e’ avuta
la prestazione di servizi o, in mancanza di
tale sede o di tale centro d’attivita’
stabile, il luogo del suo domicilio o della
sua residenza abituale: – cessioni e concessioni
di diritti d’autore, brevetti, diritti di
licenza, marchi

di

e

diritti analoghi; – prestazioni

di altri

pubblicitarie; consulenti,
periti

fabbrica

prestazioni

ingegneri,

e di

commercio

fornite

da

uffici studi, avvocati,

contabili ed altre prestazioni analoghe

nonche’ elaborazioni di dati e fornitura di
informazioni; interamente
professionale,

di

non

esercitare

parzialmente

una

attivita’

obblighi

o
o

un

diritto

di

cui

alla

presente lettera e); – operazioni bancarie,
finanziarie e assicurative, comprese le operazioni
di riassicurazione, ad eccezione della
locazione

di

casseforti;

messa a

disposizione di personale; prestazioni di
servizi rese dagli intermediari che agiscono in
nome e per conto altrui, quando intervengono
nelle prestazioni di servizi di cui alla presente

8

stabiliti nella Comunita’, ma fuori del

lettera

e) (vedi Testo Francese:

“les prestations

de services effectuées par les intermédiaires qui
agissent au nom et pour le compte d’autrui,
lorsqu’lls interviennent dans la fourniture de
prestations de services visées à la présente lettre
e).” ;

Testo Inglese:

“the services of agents who

act in the name and for the account of another,
when they procure for their principal the services

di un bene mobile materiale, ad

esclusione di

qualsiasi mezzo di trasporto; – prestazioni

di

servizi di telecomunicazioni”.
Con riguardo sempre alla territorialità, occorre
richiamare anche il disposto dell’art.6 della Sesta
Direttiva IVA, ove, nel qualificare, in generale,
le prestazioni di servizi prese in considerazione
dalla disciplina comunitaria

(“l. Si considera

“prestazioni di servizi” ogni operazione che non
costituisce cessione di un bene al sensi
dell’articolo 5. Tale operazione può consistere tra
l’altro: – in una cessione di beni immateriali,
siano o no rappresentati da un titolo;- in un
obbligo di non fare o di tollerare un atto od
una situazione…”),

si precisava altresì che

“4.

Qualora un soggetto passivo che agisca a proprio
nome ma per conto di altri, partecipi ad una
prestazione di servizi, si riterrà che egli abbia
ricevuto o fornito tali servizi a titolo proprio.”.
Detta norma non produceva dunque solo l’effetto
di qualificare come prestazione di servizi
l’operazione posta in essere dal mandatario senza
rappresentanza che rendeva o riceveva servizi per
conto del mandante, ma realizzava la finalità di
dare un assetto fiscale, agli effetti IVA, ai
rapporti tra mandante e mandatario imperniato su

referred to in this point (e).”); – la locazione

una

“fictio iuris”,

in base alla quale venivano

totalmente omologati ai servizi resi o ricevuti dal
mandatario quelli da lui resi al mandante,
realizzandosi così una finzione giuridica di due
prestazioni di servizi identiche fornite
consecutivamente. L’omologazione riguardava anche
la natura delle prestazioni rese dal mandatario
senza rappresentanza al mandante, che rivestivano

mandatario per conto del mandante.
In sostanza, in forza di tale finzione, il soggetto
che partecipava alla prestazione di servizi, vale a
dire il commissionario o il mandatario

(senza

rappresentanza), si riteneva avere, in un primo
tempo, ricevuto i servizi in questione dal soggetto
per conto

del quale agiva, vale a dire il

committente o mandante, prima di

fornire,

in un

secondo tempo, in nome proprio, tali servizi al
cliente. Come precisato anche dalla Corte di
Giustizia (sentenza del 14/7/2011, in causa C464/10, in motivazione par.34 e 35),

“per quanto

riguarda il trattamento di tale intermediazione dal
punto di vista dell’IVA, l’art. 6, n. 4, della
sesta direttiva dispone che, qualora un soggetto
passivo che agisce in nome proprio ma per conto
altrui partecipi ad una prestazione di servizi, si
riterrà che egli abbia ricevuto o fornito tali
servizi a titolo proprio”

e pertanto

“tale

disposizione crea la finzione giuridica di due
prestazioni di servizi identiche fornite
consecutivamente. In forza di tale finzione,
l’operatore che partecipa alla prestazione di
servizi, cioè il commissionario, si ritiene avere,
in un primo tempo, ricevuto i servizi in questione
dall’operatore per conto del quale agisce, cioè 11

lo stesso carattere di quelle rese o ricevute dal

committente, prima di fornire, in un secondo tempo,
personalmente tali servizi ad un cliente. Ne
consegue che, per quanto riguarda il rapporto
giuridico tra il committente e il commissionario,
il loro ruolo rispettivo di prestatore di servizi e
di pagatore è artificialmente invertito ai fini
dell’IVA”.
Tanto sopra, è utile al fine di chiarire le ragioni

un trattamento differenziato, ai fini della
regolamentazione dell’IVA con riguardo al luogo di
imposizione, tra intermediazioni svolte

“in nome

proprio e per conto altrui” e quelle effettuate “in
nome e per conto altrui”,

categorie dunque non

omogenee.
L’art. 9 della sesta direttiva, nel testo vigente
all’epoca, conteneva dunque le regole che
determinavano il luogo di collegamento fiscale
delle prestazioni di servizi. Mentre il par. l di
tale articolo poneva, a questo riguardo, una regola
di carattere generale, il par. 2 del medesimo
forniva una serie di criteri di collegamento
specifici; scopo di tali disposizioni era quello di
evitare, da un lato, conflitti di competenza idonei
a portare a doppie imposizioni e, dall’altro, che
taluni cespiti non fossero assoggettati ad imposta.
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha
costantemente negato qualsiasi preminenza del primo
paragrafo dell’art. 9 sul secondo, individuando in
quest’ultimo una disposizione tesa a fissare un
regime speciale per particolari categorie di
prestazioni di servizi. In particolare, nella
pronuncia n. 327/1994, la Corte ha avuto modo di
chiarire che

“I numeri 1 e 2 dell’art. 9 della

direttiva non dovrebbero essere interpretati nel

11

per le quali il legislatore comunitario ha adottato

senso che stabiliscono una regola generale soggetta
a specifiche eccezioni. Essi hanno un obiettivo
comune: precisare il luogo della prestazione dei
servizi Il n. 2 perciò dovrebbe essere
interpretato nel senso che prevede una lex
specialis riguardo alle varie prestazioni
specializzate alle quali si applica, mentre il n. 1
prevede una residuale lex generalis. Così una

in modo restrittivo sarebbe errata.”

(vedasi anche

sentenza 15/3/2001, nella causa C-108/00). Dunque,
ad avviso della Corte di giustizia, i criteri
individuati nel primo paragrafo dell’art. 9 della
sesta direttiva sono criteri

residuali

più che

generali, ed i problemi interpretativi legati
all’individuazione del luogo di effettuazione delle
prestazioni devono essere risolti alla luce delle
finalità che la norma comunitaria si propone,
finalità identificabili nella necessità di evitare
conflitti di competenza tra giurisdizioni e
conseguenti potenziali fenomeni di doppia
imposizione, di non imposizione o di distorsione di
concorrenza.
Questo può evincersi chiaramente dal Settimo
considerando della sesta direttiva:

“Considerando

che la determinazione del luogo delle operazioni
imponibili ha provocato conflitti di competenza tra
gli Stati membri, segnatamente per quanto riguarda
la cessione di un bene che richiede un montaggio o
le prestazioni di servizi ; che anche per il luogo
delle prestazioni di servizi deve essere fissato in
linea di massima là dove il prestatore ha stabilito
la sede della sua attività professionale, occorre
tuttavia fissare tale luogo nel paese del
destinatario, in particolare per talune prestazioni

tendenza sistematica ad interpretare l’art. 9 n. 2

di servizi tra soggetti d’imposta, il cui costo non
è compreso nel prezzo delle merci”.

In sostanza, il

legislatore comunitario ha ritenuto che, siccome il
destinatario della prestazione, soggetto passivo di
imposta, di solito, vende le merci o fornisce i
servizi che costituiscono l’oggetto di tali
specifiche attività nello Stato in cui egli è
stabilito, recuperando l’IVA corrispondente dal

ad es. sulla prestazione pubblicitaria, dovesse
essere versata dal destinatario a quello stesso
Stato. La Corte di Giustizia ha concluso quindi
che, in ordine all’interpretazione dell’art. 9
della sesta direttiva, non esiste alcuna
preminenza del n. 1 sul n. 2 di tale norma. La
questione che si poneva in ciascun caso consisteva
nel chiedersi se esso fosse disciplinato da
uno dei casi menzionati all’art. 9, n. 2;
altrimenti esso rientrava nel n. l (sentenza 26
settembre 1996, causa C-327/94, Dudda), non
dovendo l’art.

9,

n.

2, lett. e), secondo

trattino, della sesta direttiva, in quanto
eccezione ad una regola, essere interpretato in
senso restrittivo.
Il campo

di

applicazione

dell’art.

9,

n. 2,

della sesta direttiva doveva essere determinato
alla

luce

della

finalità

espressa dal suo settimo
quella

di

fissare

un

di

quest’ultima,

Considerando,
regime

speciale

ossia
per

talune prestazioni di servizi, immateriali per
lo più, tra soggetti di imposta, il cui costo
era compreso

nel prezzo delle merci (sentenza

Dudda citata), essendo presa in

considerazione,

come criterio di riferimento,

la natura della

prestazione

di servizi, immateriali, in quanto

consumatore finale, anche l’IVA su detti servizi,

tale.
La Corte di Giustizia ha inoltre chiarito (sentenza
C-108/00 del 15 marzo 2001) che le regole sulla
territorialità dell’Iva di cui all’art. 9, n. 2,
lett.

e)

si

applicano

“non

soltanto

alle

prestazioni pubblicitarie fornite direttamente e
fatturate dal prestatore di servizi ad un utente
pubblicitario soggetto passivo, ma anche a
fornite

indirettamente

all’utente

pubblicitario e fatturate ad un terzo che le
fattura a sua volta all’utente stesso.”

(cfr. anche

sentenza C-01/08 del 19 febbraio 2009:

“in un caso

di prestazioni di servizi indiretti, come quello
controverso nella causa principale, che comportano
un primo prestatore di servizi, un destinatario
intermedio e un committente di pubblicità che
riceve prestazioni di servizi dal destinatario
intermedio,

occorre

esaminare

separatamente

l’operazione di prestazioni di servizi fornita dal
primo prestatore al destinatario intermedio, al
fine di determinare il luogo d’imposizione di tale
operazione”).

Il

speciale

criterio

di

localizzazione delle prestazioni di servizi di cui
al par.2, quali, ad es., quelle pubblicitarie si
applica dunque non

solo a quelle

fornite

direttamente e fatturate dal prestatore di servizi
ad un committente di pubblicità, ma anche alle
prestazioni fatturate ad un intermediario, che poi
le fattura, a sua volta, al committente stesso.
Passando

invece

all’esame

della

normativa

nazionale, la sesta direttiva è stata trasposta nel
diritto italiano con decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972,

n.

633,

recante

istituzione e disciplina dell’imposta sul valore
aggiunto.

14

prestazioni

Anzitutto, l’art.3 comma terzo ultimo periodo, in
generale, chiariva, in piena conformità al testo
dell’art.6 della Direttiva 77/388/CEE, che

“Le

prestazioni di servizi rese o ricevute dai
mandatari senza rappresentanza sono considerate
prestazioni di servizi anche nei rapporti tra
il mandante e il mandatario.”

(nel testo in vigore

ratione temporis).

quello comunitario, aveva ben presente la
distinzione tra mandato

senza

rappresentanza e

mandato con rappresentanza.
Osserva la Corte che, con riguardo al criterio di
individuazione del Paese in cui assoggettare ad IVA
un’operazione, questa era, in generale, nel testo
vigente ratione temporis,

tassata al domicilio del

prestatore del servizio in assenza di una norma in
deroga. L’art. 7, comma 3 DPR 633/1972,
effettivamente prevedeva, per la prestazione di
servizi, che essa si considerava effettuata in
Italia, ed era quindi soggetta a IVA, solo quando
fosse stata resa da

“soggetti che hanno il

domicilio nel territorio stesso o da soggetti ivi
residenti che non abbiano stabilito il domicilio
all’estero, nonché quando sono rese da stabili
organizzazioni in Italia di soggetto domiciliati e
residenti all’estero

• • •

ipotesi queste che,

pacificamente, non si realizzano nel caso in esame.
E però il successivo comma 4, lett. d)
espressamente prevedeva, nel testo in vigore dal
1997, che, in deroga a quanto innanzi,

“…ci) le

prestazioni derivanti da contratti di locazione
anche finanziaria, noleggio e

simili di beni

mobili materiali diversi dai mezzi di trasporto, le
prestazioni di

servizi indicate al numero 2) del

Anche il legislatore nazionale dunque, al pari di

secondo comma dell’articolo 3, le

prestazioni

pubblicitarie, di consulenza e assistenza tecnica o
legale, comprese quelle di formazione e di
addestramento del personale,le prestazioni di
servizi di telecomunicazioni, di elaborazione e
fornitura di dati e simili, le operazioni bancarie,
finanziarie e assicurative e le prestazioni
relative a prestiti di personale, nonché le

suddette prestazioni o operazioni e finanziarie e
quelle inerenti all’obbligo di non esercitarle,
nonché le cessioni di contratti relativi alle
prestazioni di sportivi professionisti, si
considerano effettuate nel territorio dello Stato
quando sono rese a soggetti domiciliati nel
territorio stesso o a soggetti ivi

residenti

che non hanno stabilito il domicilio all’estero e
quando sono
Italia

di

rese a stabili organizzazioni in
soggetti

domiciliati

o

residenti

all’estero, a meno che non siano utilizzate
fuori dalla Comunita’ economica europea…”.
Il principio territoriale delle prestazioni di
servizio è stato poi modificato dal D.L. 331/1993
solo per alcune categorie di servizi
intracomunitari. Per quanto qui interessa, nel
testo della norma vigente

ratione temporis,

l’art.40 D.L.331/1993 prevedeva che

“le

prestazioni di intermediazione, diverse da
quelle indicate nei commi 5 e 6 – (trasporto e
prestazioni accessorie) – e da quelle relative
alle prestazioni di cui all’articolo 7, quarto
comma, lettera d) – quelle sopra esaminate -, del
decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633, relative ad operazioni su
beni mobili, si considerano effettuate nel

16

prestazioni di intermediazione inerenti alle

territorio
operazioni

dello

Stato

se

ivi effettuate,

ad

relative
con

esclusione
rese

delle prestazioni di intermediazione

soggetti passivi in altro Stato membro.

Se

della prestazione di

committente

il

a

intermediazione e’ soggetto passivo d’imposta nel
territorio dello Stato la
considera

ivi

prestazione si
ancorche’

effettuata

sia effettuata in altro Stato membro”.

I servizi

pubblicitari non rientrano tra le prestazioni
comunitarie di cui al suddetto art.40 D.L.
331/1993.
Le deroghe presenti nel testo vigente

ratione

temporis dell’art.7 comma 4 ° facevano riferimento
al criterio del luogo di consumo, anziché a quello
di residenza del prestatore del servizio, criterio
costituente invece espressione del principio
dell’imposta “a monte”.
L’intermediazione, nella disposizione nazionale,
non costituiva figura negoziale specifica,
dovendosi invece tale termine – adottato nella
norma, nella sua più lata e comprensiva accezione intendere riferito a tutte le figure negoziali (tra
cui il mandato, la mediazione e l’agenzia), che
comportassero una interposizione nella circolazione
dei beni e dei servizi. La prestazione dei servizi
di intermediazione viene dunque fornita, in linea
generale, nel luogo in cui si trovano la
sede dell’attività economica del prestatore o,
se del caso, il centro di attività stabile da
cui egli fornisce i servizi. Questa regola era
espressione del principio dell’
monte”

“imposta a

e consentiva di collocare geograficamente

il fatto generatore dell’obbligo fiscale, nonché

17

l’operazione cui l’intermediazione si riferisce

di individuare il diritto nazionale applicabile. Il
punto di riferimento si spostava dalla sede
temporanea del prestatore del servizio a quella
del destinatario nel caso in cui si trattasse di
un’intermediazione nell’ambito delle prestazioni
di cui all’art.7, comma 4 ° , lett.d), se a favore di
persone, per quanto qui interessa, soggetti passivi
di imposta, stabiliti in Italia.

riguarda espressamente la situazione di un soggetto
economico londinese che partecipa ad un’operazione
commerciale, per conto del prestatore, con sede in
Italia, di offerta di servizi pubblicitari, ma
opera in nome proprio nella raccolta di tali
ordini, presso clienti esteri.
Una tale partecipazione in nome proprio significa
che il rapporto giuridico nasce non direttamente
tra l’intermediario e l’impresa per conto della
quale il primo operatore agisce, ma tra tale
operatore ed il cliente estero, da un lato, e tale
operatore e detta impresa nazionale, dall’altro
lato. Per il trattamento di tale intermediazione
dal punto di vista dell’IVA , l’art. 6, n. 4, della
sesta direttiva disponeva che, qualora un soggetto
passivo che agiva in nome proprio ma per conto
altrui, partecipava ad una prestazione di servizi,
si doveva ritenere che egli avesse ricevuto o
fornito tali servizi a titolo proprio. Tale
disposizione creava infatti la finzione giuridica
di due prestazioni di servizi identiche, fornite
consecutivamente, ed,in forza di tale finzione,
l’operatore che partecipava alla prestazione di
servizi, cioè il commissionario o il mandatario
senza rappresentanza, si riteneva avere, in un
primo tempo, ricevuto i servizi in questione

18

Tanto premesso, la questione posta nella causa

dall’operatore per conto del quale agiva, cioè il
committente, prima di fornire, in un secondo tempo,
personalmente tali servizi ad un cliente.
Ne consegue che, per quanto riguarda il rapporto
giuridico tra il committente e il commissionario,
il loro ruolo rispettivo di prestatore di servizi e
di pagatore era artificialmente invertito ai fini
dell’ IVA .

oggetto del rapporto contrattuale tra la Maveda e
la Madler e con riguardo specifico alla distinzione
tra intermediazione con spendita del nome del
committente o mandante ed intermediazione in nome
proprio e per conto altrui, deve concludersi che,
nell’ipotesi che qui interessa (essendo un dato
fattuale, accertato nelle decisioni dei giudici
tributari, quello che il contratto concluso tra
l’italiana Maveda e la londinese Madler era di
mandato,

conferito dalla prima alla seconda,

rappresentanza,

ordini

a procurare

o

senza
affari

nell’ambito delle prestazioni pubblicitarie), non
pone neppure la questione dell’ operatività della
deroga di cui all’art.7 comma 4 lett.d ) DPR
633/1972, da leggere in necessario adeguamento alla
disciplina comunitaria di cui all’art.9 par.2
lett.e) della Sesta Direttiva IVA, recante norme
incondizionate e sufficientemente precise (cfr.
Corte Giustizia 1372/1996, cause C-197/94 e C252/94; Cass. 10059/2009, tra le tante), in quanto
l’operazione intercorrente tra la mandante italiana
e la mandataria senza rappresentanza londinese, in
ambito pubblicitario, si configurava come
prestazione
dall’operatore

di

servizi
nazionale

pubblicitari
ad

un

resa
soggetto

comunitario, con conseguente insussistenza del

19

In riferimento, dunque, alle prestazioni di servizi

requisito territoriale, trattandosi di prestazioni
effettuate all’estero, e la non imponibilità ai
fini IVA dell’operazione.
In effetti, anche alla luce della disciplina
civilistica, mentre nel mandato con rappresentanza
gli effetti diretti della prestazione di servizi si
producono nella sfera giuridica del mandante, nel
mandato senza rappresentanza, gli effetti giuridici

tenuto successivamente a rendere in proprio la
stessa prestazione al mandante. In questa ipotesi,
ai sensi dell’art.3 comma 3 0 DPR 633/1972, le
prestazioni di servizi rese o ricevute dal
mandatario senza rappresentanza costituiscono
prestazioni di servizi anche nei rapporti tra
mandante e mandatario, mantenendo dunque la stessa
natura giuridica delle prestazioni di servizi
trasferite, oggetto del mandato (nella specie,
prestazioni pubblicitarie, per quanto accertato in
fatto dai giudici tributari). Ai fini dunque
dell’individuazione del luogo di imposizione per
l’IVA relativo alle prestazioni di servizi tra
mandante e mandatario, il rapporto tra la mandante
italiana Maveda e la mandataria Madler, soggetto
comunitario, andava qualificato, per la finzione
giuridica prevista ai fini dell’applicazione del
tributo di cui all’art.3 DPR 633/1972, come
prestazione

di

pubblicitari

servizi

resi

dall’impresa nazionale al soggetto londinese (e da
questo poi

al

trasferiti

cliente-committente

estero), con conseguente insussistenza del
requisito territoriale e non imponibilità ai fini
Iva dell’operazione.
La Corte accoglie pertanto il ricorso, con riguardo
al primo motivo, inerente la violazione di legge in

20

ricadono direttamente sul mandatario, il quale sarà

A1SL

riferimento

all’operazione

Maveda-Madler,

4

IONE

N. 131 TAIS.A1 L.

coMMEMATRIBUTARIA

conseguente cassazione della sentenza impugnata,
senza rinvio, e, decidendo nel merito, non essendo
necessari ulteriori accertamenti in fatto, accoglie
il ricorso introduttivo della Maveda, compensando
integralmente tra le parti le spese del giudizio di
merito e del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza
impugnata senza rinvio e, decidendo nel merito,
accoglie il ricorso introduttivo della contribuente
Maveda, compensando tra le parti integralmente le
spese del giudizio di merito e quelle del giudizio
di legittimità.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della

La Corte accoglie il ricorso, quanto al primo

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