Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23999 del 03/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 03/10/2018, (ud. 20/04/2018, dep. 03/10/2018), n.23999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 10776/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

P.B., domiciliato in Casalnuovo di Napoli, via Virnicchi n.

80 c/o Evelina Di Martino;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania, Napoli n. 266/18/2010 depositata il 15 dicembre 2010;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 aprile 2018

dal consigliere Pierpaolo Gori;

Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale Mastroberardino Paola, che ha concluso chiedendo il rigetto

del ricorso;

Udito per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Bruno Dettori.

Fatto

1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania (in seguito, CTR), veniva rigettato l’appello proposto dall’AGENZIA DELLE ENTRATE, e confermata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli (in seguito, CTP) n. 607/23/2009, avente ad oggetto un diniego rimborso Iva relativo all’anno di imposta 1999, emesso nei confronti del sig. P.B. (in seguito, il contribuente).

2. La CTR riteneva non dirimente l’errore commesso nella compilazione del Modello Unico redditi 1999 con indicazione di un credito in compensazione anzichè a rimborso, trattandosi di attività di impresa, di cui il contribuente era titolare, cessata in data 9.2.1999 e, dunque, essendo il Modello l’ultima dichiarazione da cui emergevano operazioni imponibili. I giudici di appello ritenevano in particolare non applicabile la decadenza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, e illegittimo il diniego di rimborso chiesto dal contribuente entro l’ordinario termine decennale dell’art. 2496 c.c., restando irrilevante la mancata compilazione del modello ministeriale “VR”.

3. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso l’Agenzia affidato ad un motivo. Il contribuente è rimasto intimato.

Diritto

4. Con l’unico motivo di ricorso, si censura la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in particolare circa gli obblighi esistenti in capo al dichiarante. Nel corpo del motivo si deduce che “la norma applicabile alla fattispecie specifica sia contenuta nel D.P.R. n. 636 del 1972, art. 13 e poi nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21”.

5. La Corte osserva che la prima previsione di legge invocata dalla contribuente disciplina la “proposizione del ricorso alla commissione tributaria”, mentre la seconda il termine per ricorrere.

Premesso che, nella specie, è pacifico che la richiesta di rimborso fosse relativa all’eccedenza d’imposta risultante al momento della cessazione dell’attività di impresa in favore del contribuente, è opportuno ricostruire brevemente il quadro normativo applicabile.

6. Innanzitutto, è già stato statuito da questa Corte che la fattispecie non costituisce un’ipotesi che possa ritenersi non regolata da alcuna disposizione, con la conseguente applicabilità del termine biennale di decadenza cui fa riferimento l’amministrazione, in quanto la fattispecie è regolata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2 (Cass. 23 aprile 2010 n. 9794).

7. il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2 prevede infatti che, nel caso in cui dalla dichiarazione IVA annuale emerga un importo detraibile maggiore di quello a debito, il contribuente “ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo, ovvero di richiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione dell’attività”.

Quanto poi alla modalità di ottenimento del rimborso, l’art. 38 bis medesimo D.P.R. prevede: “i rimborsi previsti nell’art. 30 sono eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale, entro tre mesi dalla scadenza del termine di presentazione della richiesta prestando, contestualmente all’esecuzione del rimborso e per una durata pari al pericolo mancante al termine di decadenza dell’accertamento, cauzione (…)”. Infine, in attuazione della previsione da ultimo richiamata, a partire dal 1998 nei decreti ministeriali di approvazione del modello IVA annuale, è stato previsto un apposito modello, il modello ministeriale “VR”, da utilizzare per attivare la procedura di rimborso emergente dalla dichiarazione annuale.

8. Tanto premesso, non vi sono ragioni per non prestare adesione anche nel caso di specie alla consolidata interpretazione data da questa Corte al compendio normativo citato, secondo cui “In tema di IVA, la domanda di rimborso relativa all’eccedenza di imposta risultata alla cessazione dell’attività di impresa è regolata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, con la conseguenza che è esaustiva la manifestazione di una volontà diretta all’ottenimento del rimborso, ancorchè non accompagnata dalla presentazione del modello ministeriale “VR”, che costituisce, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, solo un presupposto per l’esigibilità del credito, ed è soggetta al termine ordinario di prescrizione decennale, e non a quello di decadenza biennale, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, comma 2, applicabile solo in via sussidiaria e residuale” (Cass. 15 maggio 2015 n.9941; Cass. 1 ottobre 2014 n.20678; Cass. 16 maggio 2012, n.7684).

9. Orbene, dal momento che nel caso di specie alla data del 17.10.2007, data della notifica del diniego di rimborso, non era decorso il termine di prescrizione decennale dal momento della presentazione della domanda denegata, la sentenza della CTR non ha errato in diritto per il profilo lamentato.

10. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e nessuna statuizione dev’essere adottata in punto spese in assenza di costituzione del contribuente.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso;

nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2018

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