Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23998 del 03/10/2018
Cassazione civile sez. trib., 03/10/2018, (ud. 20/04/2018, dep. 03/10/2018), n.23998
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26430/2014 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via
dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Como Srl, quale incorporante della Misano Immobiliare Srl,
rappresentata e difesa dall’Avv. Marco Lombardi, presso il quale è
domiciliata in Isernia, via Umbria (Centro Commerciale), giusta
procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio
n. 503/01/13, depositata il 12 agosto 2013;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 aprile 2018
dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Mastroberardino Paola, che ha concluso per il rigetto
del ricorso.
Udito l’Avv. Bruno Dettori per l’Agenzia delle entrate che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso;
Udito l’Avv. Marco Lombardi per la contribuente che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Como Srl, incorporante della Misano Immobiliare Srl, impugnava la cartella di pagamento, emessa dall’Agenzia delle entrate a seguito di controllo automatizzato, con la quale veniva recuperato a tassazione l’eccedenza di credito Iva per l’anno 2003, in quanto derivante da dichiarazione integrativa disconosciuta perché tardiva. La società lamentava la duplicazione della pretesa costituendo il maggior credito ripreso già oggetto di avviso di accertamento nei confronti della Sogesta Srl, incorporata dalla Misano Srl. La Commissione tributaria provinciale di Roma accoglieva il ricorso, decisione poi confermata dal giudice d’appello.
L’agenzia delle entrate ricorre per cassazione con un motivo, cui resiste la contribuente con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va disattesa, preliminarmente, l’istanza di riunione, di cui non sussistono nè i presupposti, né esigenze di economicità dei giudizi.
2. L’unico motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Nella vicenda in esame trova applicazione (trattandosi di sentenza pubblicata il 12 settembre 2013) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella nuova formulazione di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modif. nella L. n. 134 del 2012, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia.
2.3. Nella specie, l’Agenzia ricorrente identifica il fatto decisivo nella diversità causale del recupero operato con la cartella esattoriale (eccedenza non riconoscibile per tardività della dichiarazione integrativa) rispetto a quello derivante dall’avviso di accertamento (disconoscimento del credito per inesistenza dell’operazione), che emerge, in particolare, dalla motivazione dell’avviso di accertamento.
2.4. La CTR, peraltro, ha esplicitamente preso in considerazione il fatto “della diversità causale dei due recuperi” rilevando che anche nell’avviso di accertamento “si dava atto di procedere al recupero per la rilevata indebita detrazione dell’Iva indicata nella dichiarazione tardiva in quanto la stessa veniva trasmessa tardivamente”, concludendo, dunque, per la duplicazione della pretesa esplicitata in due autonomi atti impositivi.
Ne deriva l’infondatezza della censura.
3. Il ricorso va pertanto respinto e le spese liquidate, come in dispositivo, per soccombenza.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione, a favore del contribuente, delle spese di legittimità che liquida in Euro 29.000,00 per compensi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 20 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2018