Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23993 del 29/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/10/2020, (ud. 26/06/2020, dep. 29/10/2020), n.23993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2441/2014 R.G. proposto da:

Banca di Trento e Bolzano s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

della Scrofa n. 57, presso lo studio dell’avv. Giancarlo Zoppini,

che la rappresenta e difende con gli avv.ti Giuseppe Russo Corvace e

Giuseppe Pizzonia, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 60/01/13 della Commissione tributaria

regionale del Trentino-Alto Adige, depositata in data 3 giugno 2013;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 giugno

2020 dal Consigliere Fraulini Paolo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria di secondo grado di Trento, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato in aumento il maggior reddito accertato a fini Ires e Irap nei confronti della Banca di Trento e Bolzano s.p.a. relativamente all’anno di imposta 2004 e oggetto dell’impugnato avviso di accertamento n. (OMISSIS).

2. Il giudice di appello, per quanto ancora qui interessa: a) ha respinto le doglianze della contribuente inerenti all’invocata legittimità della riduzione della base imponibile per l’asserita natura esente di una plusvalenza da cessione di azioni; b) ha respinto le doglianze della contribuente inerenti all’invocata legittimità della deduzione di ammortamenti; c) ha accolto l’appello dell’Ufficio dichiarando indebita la deduzione effettuata dalla società per costi pluriennali, ritenendo che la norma agevolativa non si estendesse ai costi informatici sostenuti dalla società.

3. Per la cassazione della citata sentenza la Banca di Trento e Bolzano s.p.a. ha proposto ricorso con tre motivi; l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso lamenta:

a. Primo motivo: “Illegittimità della sentenza nella parte in cui ha confermato il rilievo n. 1 afferente l'”indebita variazione in diminuzione per plusvalenze relative a partecipazioni esenti”, per un importo pari a Euro 208.495. La sentenza è “in parte qua” viziata da violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 9, comma 2, art. 87, comma 1, e art. 176, comma 4, e del principio (accolto in giurisprudenza) di prevalenza della sostanza sulla forma, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″ deducendo l’illegittimità della sentenza impugnata, laddove avrebbe escluso la natura esente dell’operazione di permuta di azioni poi rivendute nel regime di participation exemption di cui al Tuir, art. 87, argomentando una pretesa natura agevolativa della suddetta norma e un’insussistente plusvalenza.

b. Secondo motivo: “Nullità della sentenza nella parte in cui ha confermato il rilievo n. 3 afferente all’indebita deduzione di costi afferenti servizi vari in ambito informatico resi da Banca Intesa – DSI, per difetto del requisito della competenza, per un importo pari a Euro 338.142,40. La sentenza è “in parte qua” viziata da violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., primo (comma); dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. 118 disp. att., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4″ deducendo il travisamento dei fatti e delle prove posti a base della decisione e la mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta pluriennalità dei costi.

c. Terzo motivo: “Illegittimità della sentenza nella parte in cui ha confermato il rilievo n. 7 afferente all’indebita deduzione di quote di ammortamento relative a costi privi del requisito di certezza, per un importo pari a Euro 217.510,21. La sentenza è “in parte qua” viziata da violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 8, comma 5, e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 22, commi 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″ deducendo l’illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe esteso l’obbligo di conservazione dei documenti oltre il termine decennale previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 22, comma 2, sino alla decorrenza del diverso termine per l’accertamento fiscale del corrispondente periodo di imposta.

2. L’Agenzia delle Entrate argomenta nel controricorso l’infondatezza dell’avversa impugnazione, di cui chiede il rigetto.

3. Il ricorso va accolto, nei limiti e per le considerazioni che seguono.

4. Il primo motivo è inammissibile. Invero, sotto l’apparente contestazione dell’interpretazione della normativa applicabile alla fattispecie, la ricorrente tenta di ottenere da questa Corte un’inammissibile riedizione del giudizio di fatto, riservato al giudice del merito. Ed invero ciò che si contesta nella censura non è l’individuazione della normativa applicabile (pacificamente rinvenibile e rinvenuta nel Tuir, art. 87), nè a ben vedere la sua interpretazione (che individua la tipologia di operazioni esenti). In effetti, ciò che è contestato dalla ricorrente è la ricostruzione storica dei fatti, nel senso fatto proprio dal giudice di appello, secondo cui l’analisi concreta della permuta azionaria evidenziava l’insorgere della plusvalenza al momento dell’operazione medesima, laddove nessuna evidenza vi era del dedotto errore di contabilizzazione ad opera della società nelle sue scritture contabili. Rileva la Corte che, a fronte di una siffatta motivazione, la censura in esame, sotto la suggestiva formula della “prevalenza della sostanza sulla forma”, pretenderebbe di giustificare l’operazione ora non più come un errore di contabilizzazione, bensì come una sostanziale continuità temporale tra le due operazioni (permuta e cessione di azioni proprie) che, oltre che argomentazione del tutto nuova in questa fase, finisce anche per importare una diversa ricostruzione in fatto della vicenda, all’evidenza non consentita in questa fase di sola legittimità.

5. Il secondo motivo è infondato, laddove la sentenza, con motivazione perfettamente intellegibile, spiega le ragioni che l’hanno indotta a ritenere che i costi informatici dedotti dalla società non potessero rientrare nel novero del Tuir, art. 108. Così facendo (cfr. pagg. 7-8 della sentenza) la sentenza impugnata non solo non risulta nulla per violazione dell’obbligo motivazionale, ma non è affetta da alcun error in procedendo, come assume la censura in esame, essendosi correttamente limitata a sussumere i fatti di causa nel paradigma della norma di riferimento, rivelandosi ancora una volta inammissibile il tentativo della censura di far compiere a questa Corte un nuovo accertamento sui fatti, definiti apoditticamente non controversi, laddove hanno invece costituito oggetto dell’incensurabile accertamento in fatto compiuto dal giudice di appello.

6. Il terzo motivo è infondato, poichè la sentenza impugnata ha respinto la pretesa deduzione degli ammortamenti sul rilievo del mancato assolvimento dell’onere della prova della consistenza dei cespiti pretesamente ammortizzati. Tale essendo la ratio decidendi, l’affermazione della CTR, oggetto di contestazione, circa la durata dell’obbligo di conservazione dei documenti giustificativi è un’argomentazione di contorno, che la CTR ha espresso per confutare la pretesa della contribuente di far prevalere l’obbligo di conservazione decennale previsto dallo Statuto del contribuente rispetto a quello generale previsto dal Tuir, art. 22, ma in alcun modo interferisce o elimina la ragione sostanziale di reiezione, basata sull’oggettiva carenza di prova del fatto costitutivo dell’effettuata deduzione.

7. La ricorrente, nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c., eccepisce la sopravvenuta parziale illegittimità delle sanzioni irrogate, per effetto dell’entrata in vigore, nelle more del giudizio, delle diposizioni sanzionatorie di maggior favore di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015. Osserva la Corte che la specifica deduzione da parte del contribuente del favor rei nella materia che ne occupa (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 29046 del 11/11/2019), assistita da altrettanto specifica deduzione dei presupposti applicativi al caso di specie (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 15828 del 15/06/2018) impongono la cassazione con rinvio della controversia, affinchè venga rideterminato il relativo ammontare della sanzione secondo i principi medio tempore entrati in vigore.

8. La sentenza impugnata va dunque cassata limitatamente a tale unico aspetto e le parti vanno rinviate innanzi alla Commissione Tributaria di Secondo Grado di Trento, in diversa composizione, che regolerà altresì le spese della presente fase.

PQM

La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione alle sanzioni e rigetta nel resto; rinvia le parti innanzi alla Commissione Tributaria di Secondo Grado di Trento, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2020

 

 

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