Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23991 del 29/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/10/2020, (ud. 26/06/2020, dep. 29/10/2020), n.23991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27153/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

Contro

B.F., in proprio e quale legale rappresentante della

SIECI CEB s.r.l., elettivamente domiciliati in Roma, via V. G.

Galati n. 100/C, presso lo studio dell’avv. Enzo Giardiello,

rappresentati e difesi dall’avv. Giovanni Antonio Cillo, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 180 della Commissione tributaria regionale

della Campania, sezione staccata di Salerno, depositata in data 11

aprile 2013;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 giugno

2020 dal Consigliere Fraulini Paolo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria regionale per la Campania, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto il ricorso proposto da B.F., in proprio e quale legale rappresentante della SIECI CEB s.r.l., avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) relativo ad accertamento di maggior reddito a fini Ires, Iva e Irap per l’anno di imposta 2004.

2. La CTR ha rilevato che nell’accertamento induttivo basato su studi di settore non vi era dimostrazione da parte dell’Ufficio dell’adeguatezza del risultato basato sull’applicazione del metodo automatizzato, nè della sussistenza di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dall’esercizio dell’attività di impresa.

3. Per la cassazione della citata sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso affidato a due motivi, cui resistono con controricorso B.F. e la SIECI CEB s.r.l.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso lamenta:

a. Primo motivo: “Violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e del D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” deducendo l’illegittimità della sentenza impugnata, laddove avrebbe omesso di rilevare che il contribuente, in sede di contraddittorio preventivo, si era limitato a contestare l’applicabilità degli studi di settore, senza fornire alcun elemento concreto di riscontro della rilevata antieconomicità, restando così a suo carico l’onere della prova in sede contenziosa, nella specie non assolto.

b. Secondo motivo: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, e degli artt. 277,112 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4” deducendo che il giudice di secondo grado si sarebbe limitato ad annullare la pretesa tributaria senza determinare il reddito effettivo dei contribuenti.

2. B.F. e la SIECI CEB s.r.l. argomentano nel controricorso l’inammissibilità dell’avversa impugnazione, di cui chiedono comunque il rigetto nel merito.

3. Il ricorso va accolto.

4. I due motivi sono complessivamente fondati, per le considerazioni che seguono.

5. La trascrizione dell’avviso di accertamento impugnato, contenuta nel ricorso della parte pubblica, consente di rilevare che i contribuenti, nella fase precontenziosa, si sono limitati a contestare l’applicabilità degli studi di settore a livello formale, senza fornire alcun elemento di concreta giustificazione delle anomalie rilevate nel verbale di constatazione.

6. In tale fattispecie, questa Corte insegna che in tema di accertamento mediante studi di settore, al fine di superare la presunzione di reddito determinata dalla procedura standardizzata, grava sul contribuente l’onere di dimostrare, attraverso informazioni ricavabili da fonti di prova acquisite al processo con qualsiasi mezzo, la sussistenza di circostanze di fatto tali da far discostare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento e giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale in virtù di detta procedura (Cass. sez. 5, Ordinanza n. 769 del 15/01/2019). E’ stato altresì precisato che, al fine dell’assolvimento dell’onere probatorio, il contribuente può contestare la pretesa anche in fase precontenziosa e che, in tal caso, l’avviso di accertamento deve tener conto delle deduzioni del contribuente e confutarle nella motivazione dell’atto impositivo (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 30370 del 18/12/2017). Peraltro, si è anche affermato che l’esito del contraddittorio non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa. In tal caso, però, il contribuente assume su di sè le conseguenze della omessa o solo formale collaborazione, in quando l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standard (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 9484 del 12/04/2017).

7. Da quanto argomentato si deduce l’erroneità della sentenza impugnata che, da un canto, non ha minimamente considerato la circostanza della natura meramente formale della difesa dei contribuenti in fase amministrativa, omettendo di trarne le sopra evidenziate conseguenze in tema di riparto dell’onere probatorio, dall’altro ha anche omesso di accertare nel merito la pretesa tributaria, limitandosi a un non consentito mero annullamento della medesima.

8. La sentenza impugnata va dunque cassata e le parti rinviate innanzi alla Commissione tributaria regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, che regolerà altresì le spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi alla Commissione Tributaria Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2020

 

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