Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23989 del 12/10/2017
Cassazione civile, sez. II, 12/10/2017, (ud. 16/05/2017, dep.12/10/2017), n. 23989
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22306/2013 proposto da:
N.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEI PRATI FISCALI 321, presso lo studio dell’avvocato DARIO MASINI,
rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO GIAMBRUNO;
– ricorrente –
contro
T.C., T.G., elettivamente domiciliati in
ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9, presso lo studio dell’avvocato BARTOLO
SPALLINA, rappresentati e difesi dall’avvocato SALVATORE BONACCORSO;
– controricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 1016/2012 della CORTE D’APPELLO di PALERMO
emessa il 2/7/2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
16/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.
Fatto
RILEVATO
che il Sig. N.G. ha proposto ricorso avverso la sentenza della corte d’appello di Palermo che, riformando parzialmente la sentenza del tribunale della stessa città, lo ha condannato, in accoglimento della domanda al riguardo avanzata dai sig.ri T.G. e C., ad arretrare fino alla distanza legale di metri 6 dal confine alcune opere da lui costruite in violazione delle NTA del PRG del comune di Monreale;
che, secondo la corte palermitana, il N. aveva rinunciato alla eccezione di usucapione del diritto di mantenere dette costruzioni a distanza inferiore a quella legale, non avendola riproposta in appello a norma dell’art. 346 c.p.c.;
che con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c., in cui la corte territoriale sarebbe incorsa ritenendo l’odierno ricorrente decaduto dall’eccezione di usucapione sollevata in primo grado ancorchè egli, nel proprio appello (rivolto ad altri capi della sentenza del tribunale) avesse chiesto, nel punto n. 3 delle conclusioni, l’accoglimento delle “domande tutte proposte dal sig. N.G. con la comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale del 9 giugno 1998” (tra le quali era compresa la domanda di pronuncia che dichiarasse che esso N. aveva “acquistato il diritto a mantenere l’opera nello stato in cui l’ha trovata ed in cui si trova”;
che i signori T. si sono costituiti con controricorso ed hanno altresì proposto ricorso incidentale, con un solo motivo relativo alla violazione degli artt. 112,345 e 359 c.p.c. e dell’art. 873 c.c., nonchè dell’art. 13 delle NTA del comune di Monreale, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa ritenendo inammissibile la domanda di demolizione degli ulteriori manufatti realizzati dal N. in corso di causa (dopo l’accesso del consulente di ufficio nominato dal primo giudice) senza rispettare le norme sulle distanze, ancorchè tale domanda fosse stata da loro spiegata già nella comparsa di risposta nel giudizio di appello e non solo, come erroneamente ritenuto dalla corte palermitana, nella comparsa conclusionale depositata in tale giudizio;
che per l’adunanza di camera di consiglio ex art. 180 bis c.p.c., comma 1, del 16.5.17, in cui la causa è stata decisa, solo i contro ricorrenti hanno depositato una memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che l’unico motivo del ricorso principale va disatteso, in quanto, come questa Corte ha più volte ribadito, ai fini dell’assolvimento dell’onere di riproposizione di cui all’art. 346 c.p.c., non è sufficiente il riferimento generico alle deduzioni e conclusioni di primo grado (Cass. 10796/09; Cass. 23925/10);
che il ricorso incidentale va invece giudicato fondato perchè gli odierni ricorrenti incidentali avevano rassegnato la domanda la domanda di demolizione degli ulteriori manufatti realizzati dal N. in corso di causa nella loro comparsa di costituzione in appello (a pag. 18 di tale comparsa, nonchè nel punto 7 delle relative conclusioni) e, pertanto, trova nella specie applicazione il principio, fissato da questa Corte con la sentenza n. 8978/03, che, in tema di violazione delle distanze legali e dei rapporti di vicinato, non costituisce domanda nuova (e, come tale, è proponibile in appello) la richiesta di demolizione dell’opera che sia il risultato della prosecuzione, anche nel giudizio di appello, dell’attività edificatoria illecita denunziata con la domanda originaria;
che quindi, in definitiva, va rigettato il ricorso principale e accolto il ricorso incidentale e, in relazione al capo della sentenza gravata attinto da quest’ultimo, la sentenza stessa va cassata, con rinvio alla corte territoriale perchè si pronunci sulla domanda dei sigg. T. riguardante la demolizione degli ulteriori manufatti realizzati dal N. in corso di causa, regolando altresì le spese del giudizio di cassazione;
che deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater e D.Lgs. n. 546 del 1992.
PQM
rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza gravata in relazione alla statuizione impugnata con il ricorso incidentale e rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Palermo, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater e D.Lgs. n. 546 del 1992, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2017