Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23989 del 03/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 03/10/2018, (ud. 24/11/2017, dep. 03/10/2018), n.23989

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30093-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.G., ROMA VIA DEL FOSSO DI DRAGONCELLO 116

elettivamente domiciliato, presso lo studio dell’avvocato GIULIANO

BOSCHETTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

NICOLA RIVELLESE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 162/2010 della COMM.TRIB.REG. DEL LAZIO,

depositata il 20/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 27 settembre-20 ottobre 2010 (nr. 162/2/2010) la Commissione Tributaria Regionale di Roma ha parzialmente riformato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale della stessa sede che, previa riunione, aveva accolto i due ricorsi proposti da A.G., rispettivamente avverso l’avviso di accertamento nr. (OMISSIS) per omessa dichiarazione della plusvalenza realizzata nell’anno 2001 a seguito di cessione di terreno edificabile ed avverso la cartella di pagamento nr (OMISSIS), recante la iscrizione a ruolo a titolo provvisorio dell’IRPEF in pendenza di giudizio; per l’effetto stabiliva che la plusvalenza tassabile era unicamente quella derivante dal valore di vendita dichiarato nell’atto di trasferimento del terreno;

che avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Agenzia delle Entrate, articolato in due motivi, al quale A.G. ha opposto difese con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che la Agenzia delle Entrate ricorrente ha dedotto:

– con il primo motivo: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 67 e 68 (già artt. 81 ed 82) e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51.

Ha esposto che con l’avviso di accertamento era stata determinata la plusvalenza derivante dalla cessione del terreno sulla base del valore del bene determinato dall’ufficio ai fini della imposta di registro sull’atto di vendita.

Ha censurato la sentenza per avere affermato che il valore determinato ai fini della imposta di registro non era utilizzabile ai fini dell’IRPEF in quanto non ancora definitivo (i giudizi promossi avverso l’avviso di liquidazione della imposta di registro, tanto dalla parte venditrice che dalla parte acquirente, erano pendenti in cassazione).

La Agenzia ricorrente ha dedotto che il valore accertato ai fini della imposta di registro costituisce un elemento presuntivo ai fini della determinazione della plusvalenza IRPEF nonostante la dichiarazione nell’atto di vendita del bene di un prezzo inferiore a quello accertato per l’imposta di registro e la diversità dei criteri di liquidazione delle due imposte, richiamando la giurisprudenza di questa Corte.

Ha assunto che il criterio presuntivo consentiva di avvalersi dell’accertamento della imposta di registro ai fini della plusvalenza IRPEF, a prescindere dalla formazione del giudicato.

– con il secondo motivo: in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, motivazione inesistente su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Ha esposto che la sentenza accertava la plusvalenza tassabile nei limiti del prezzo dichiarato nell’atto di vendita ” oltre accessori di legge”.

Ha dedotto che ove la formula “oltre accessori di legge” dovesse intendersi come non- comprensiva delle sanzioni per la omessa dichiarazione del reddito l’annullamento delle sanzioni sarebbe stato del tutto privo di motivazione.

Era pacifico, per quanto risultava dalla stessa sentenza, che il contribuente non aveva dichiarato alcuna plusvalenza; era pertanto infondata la richiesta dell’ A. (formulata nell’atto di controdeduzioni all’appello dell’ufficio) di ricalcolare la imposta senza alcuna applicazione di sanzioni.

In via preliminare deve essere superata la questione di inammissibilità del ricorso opposta dal controricorrente sotto il profilo dello sgravio parziale anteriormente all’odierno ricorso dell’importo iscritto a ruolo, con riduzione della pretesa nei sensi indicati dalla Commissione Tributaria Regionale.

L’avvenuto sgravio non è stato, infatti, adeguatamente documentato poichè il controricorrente si è limitato ad allegarlo con il controricorso; la fotoriproduzione contenuta nel controricorso non costituisce, infatti, elemento di prova documentale.

che, ritiene il Collegio, si debba accogliere il secondo motivo di ricorso, respinto il primo;

– che, quanto al primo motivo, il ricorso trae argomento dalla precedente giurisprudenza di questa Corte (tra le altre: Cassazione civile sez. trib. 01 ottobre 2015 n. 19622; Cass. nr 27989/2011; nr. 4117/2002) secondo cui l’accertamento dell’imposta sul reddito poteva essere legittimamente fondato sul valore di mercato del bene accertato in via definitiva ai fini della imposta di registro (nonostante l’asimmetria tra il concetto di prezzo convenuto tra le parti, rilevante ai fini della determinazione della plusvalenza IRPEF e quello di valore venale in comune commercio, rilevante ai fini dell’imposta di registro).

Tale principio era fondato sulla presunzione di corrispondenza fra il prezzo di cessione del bene ed il suo valore venale, salva la possibilità da parte del contribuente di fornire la prova contraria.

Con il D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3 si è tuttavia disposto che il valore accertato ai fini della imposta di registro costituisce un mero indizio ai fini dell’accertamento IRPEF, che necessita di ulteriori elementi di prova, stabilendosi che:

“il testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 58, 68, 85 e 86 e il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5,5-bis, 6 e 7 si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347”.

Tale disposizione, la quale esclude che l’Amministrazione finanziaria possa procedere ad accertare, in via induttiva, ai fini IRPEF la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda unicamente sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ha natura di norma di interpretazione autentica, con efficacia retroattiva, come già chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cassazione civile, sez. trib., 02/08/2017, n. 19227; sez. trib. 17/05/2017 n. 12265; sez. 6, 06/06/2016, n. 11543; sez. trib. 03 novembre 2016 n. 22221; 30/03/2016, n. 6135), che va in questa sede ulteriormente ribadita.

La sentenza impugnata, che ha ritenuto legittimo l’accertamento del maggior reddito esclusivamente nei limiti derivanti dal prezzo indicato nell’atto di vendita, è conforme all’indicato principio di diritto seppure deve essere corretta nella motivazione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., in relazione a quanto appena osservato.

che il secondo motivo è fondato. La sentenza d’appello, non ha riconosciuto il credito della amministrazione finanziaria per le sanzioni derivanti dalla mancata dichiarazione del reddito, nei limiti accertati (la formula “oltre accessori di legge” che compare nel dispositivo non è comprensiva delle sanzioni) omettendo del tutto di motivare sul punto.

che la sentenza impugnata deve essere pertanto cassata in accoglimento del secondo motivo, rigettato il primo e la causa rinviata alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione affinchè provveda ad una nuova statuizione sul capo relativo alle sanzioni;

che il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese del presente grado.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia – anche per le spese – alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 24 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2018

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