Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23988 del 22/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 23988 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: ACIERNO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 17814-2012 proposto da:
DAWDA OSMAN, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
DELLA LIBERTÀ 20, presso lo studio dell’avvocato SICA
SILVERIO, rappresentato e difeso dall’avvocato
QUARANTA AGOSTINO, giusta mandato a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

2013
5113

PREFETTURA DI SALERNO;
– intimato –

avverso l’ordinanza n. 573/2012 del GIUDICE DI PACE di
SALERNO del 18.6.2012, depositata il 19/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 04/06/2013 dal Consigliere Relatore

Data pubblicazione: 22/10/2013

Dott. MARIA ACIERNO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. PIERFELICE PRATIS che si riporta alla relazione

scritta.

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ.,

“Il giudice di Pace di Salerno con l’ordinanza n. 573 del 2012 ha rigettato il ricorso avanzato da Dawda
Osman avverso il decreto di espulsione emesso a suo carico dalla Prefettura di Salerno in data
29.05.12, sul rilievo che la copia del decreto di espulsione era stata tradotta in francese, lingua ufficiale
del Burkina Faso, Stato del cittadino straniero, senza alcuna violazione dell’art. 13, comma 7, del d.lgs.
286 del 1998 e che era stata rispettata la Direttiva 2008/115/CE, dal momento che all’espellendo era
stato concesso un termine di 15 giorni per il rimpatrio.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso in cassazione Dawda Osman, affidandosi ai seguenti
motivi:
nel primo è stato dedotto il vizio di motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio
rinvenuto nell’aver erroneamente ritenuto la legittimità della traduzione in francese del provvedimento
di espulsione, in quanto lingua nazionale del Burkina Faso;
nel secondo il medesimo vizio è stato dedotto per avere il giudice di pace omesso di pronunciarsi in
merito alla mancata indicazione, nell’ordine di espulsione del prefetto, dei termini e delle modalità
dell’eventuale impugnazione del decreto medesimo;
nel terzo è stata censurata l’omessa motivazione, nel provvedimento impugnato, della censura relativa
alla mancata notifica dell’ordine di allontanamento del Questore;
nel quarto motivo è stato dedotto il medesimo vizio in ordine all’inespellibilità del cittadino straniero
per la pendenza del procedimento di protezione internazionale dallo stesso azionato;
nel quinto è stato denunciato il vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione, nel
provvedimento impugnato, del termine per la partenza volontaria, previsto dalla Direttiva
2008/115/CE.
Il ricorso deve essere respinto. Premessa la non corretta qualificazione giuridica del primo, secondo e
quarto motivo, da sussumersi nella censura disciplinata nell’art. 360 n. 3 (violazione e falsa
applicazione della legge) e non nell’invocato vizio di motivazione, in quanto aventi ad oggetto censure
relative all’omessa od errata interpretazione di norme procedimentali relative alla misura
dell’espulsione amministrativa, deve rilevarsi :
a) la manifesta infondatezza del primo motivo, atteso che il provvedimento espulsivo è stato
tradotto nella lingua ufficiale dello Stato del Burkina Faso;
b) la manifesta infondatezza del secondo motivo, alla luce del fermo orientamento della
giurisprudenza di legittimità secondo il quale : il decreto di espulsione amministrativa dello
straniero, a norma dell’art. 13, comma settimo, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, in
applicazione dell’art. 3, comma quarto, della legge 7 agosto 1990, n. 241, deve essere
comunicato all’interessato unitamente all’indicazione delle modalità di impugnazione e deve
altresì specificare, ai sensi dell’art. 3 del regolamento reso con d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, il
diritto all’assistenza di difensore di fiducia o, ricorrendone le condizioni, a spese dello Stato;
l’omissione o incertezza (per incompletezza, contraddittorietà etc.) di tali indicazioni, tuttavia,
non determina l’illegittimità del provvedimento, ma può solo giustificare la rimessione in
termini per errore scusabile, ove risulti che, in conseguenza delle errate indicazioni, lo

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nel procedimento civile iscritto al R.G. 17814 del 2012 tra

In conclusione ove si condividano i predetti rilievi il ricorso deve essere respinto”.
Ritenuto che il collegio condivide la relazione depositata,
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso, nulla spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 giugno 2013

Il Funzionario Giudiziario

straniero non ha proposto tempestivamente ricorso, (Cass. 6859 del 2004), non risultando
alcun vulnus al diritto di difesa del ricorrente dalla dedotta omissione;
c) la manifesta infondatezza del terzo motivo derivante dall’autonomia del provvedimento di
espulsione rispetto all’ordine di allontanamento del questore, peraltro, non autonomamente
impugnabile ove emesso ai sensi dell’art. 14, comma 5 bis, d.lgs n. 286 del 1998 (Cass. S.U.
20121 del 2005 e 13115 del 2011);
d) la manifesta infondatezza del quarto motivo, atteso che, nella vigenza dell’art. 35 della I. n. 25
del 2008 (sostituito dal 6/10/2011 dall’art. 19 del d.lgs n. 150 del 2011, ed applicabile alle
controversie instaurate dopo tale data ex art. 36, secondo comma, del d.lgs n. 150 del 2011),
dopo il rigetto della domanda da parte del Tribunale cessa la sospensione ex lege del
provvedimento di rigetto della Commissione territoriale (art. 35, comma quarto), e il richiedente
è nuovamente espellibile, in quanto l’impugnazione con reclamo davanti alla Corte d’Appello
non produce alcun effetto sospensivo automatico (art. 35, comma dodicesimo), come
riconosciuto dai più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità (Cass. 13872 del
2011 “In tema di protezione internazionale dello straniero, dal momento della pubblicazione e
prima ancora della notificazione, la sentenza del tribunale di rigetto del ricorso contro il
provvedimento negativo della Commissione territoriale, proposto ai sensi dell’art. 35 del d.lgs.
28 gennaio 2008, n. 25, fa venire meno l’effetto sospensivo dell’esecutività del diniego stesso e,
di conseguenza, fa divenire attuale l’obbligo per il richiedente di lasciare il territorio
nazionale. Tale obbligo si traduce nel dovere, per il Prefetto, di provvedere ai sensi dell’art. 13
del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, salvo che venga proposto reclamo alla Corte d’Appello e
venga accolta l’istanza di sospensione”);
e) l’inammissibilità del quinto motivo per difetto di specificità, non essendo stata né precisata né
riprodotta la parte del decreto espulsivo o dell’ordine del questore contenente l’intimazione a
lasciare il territorio italiano, con un termine, peraltro, pienamente compatibile con la modalità di
rimpatrio della partenza volontaria (art.13 comma quinto del d.lgs n. 286 del 1998, così come
sostituito dall’art. 3, comma I lett.c, n. 5 del d.l. n. 89 del 2011, convertito nella I. 129 del
2011).

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