Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23985 del 12/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 12/10/2017, (ud. 16/05/2017, dep.12/10/2017),  n. 23985

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 196/2013 proposto da:

A.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VITO SINISI 71, presso lo studio dell’avvocato AMERIGO CIANTI,

rappresentato e difeso dagli avvocati VITTORIO DONATO GESMUNDO,

GIOVANNI CALUGI;

– ricorrente –

contro

V.L., elettivamente domiciliato in ROMA, V. CICERONE 44,

presso lo studio dell’avvocato LUCA PARDINI, rappresentato e difeso

dall’avvocato MAURO CORTOPASSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 10/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

Fatto

RILEVATO

che la sig.ra A.G. ricorre, sulla scorta di due mezzi di gravame, avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze che, confermando la sentenza del Tribunale di Lucca, ha rigettato la domanda di demolizione per violazione delle norme sulle distanze legali, da lei proposta avverso il sign. V.L. con riguardo ad una costruzione, adibita a ripostiglio, da quest’ultimo edificata sul proprio terreno;

che, secondo la sig.ra A., il manufatto edificato dal V. sarebbe stato collocato in violazione della disciplina delle distanze sotto un duplice profilo, ossia, da un lato, perchè non rispettava la distanza minima dalla parete finestrata perimetrale della villa bifamiliare costituita dalle due unità immobiliari di proprietà, rispettivamente, dell’attrice e del convenuto, dalla stessa A. ritenuta condominiale; d’altro lato, perchè non rispettava la distanza minima dal confine del fondo di cui ella era proprietaria;

che, quanto al primo profilo, la corte – precisato che il manufatto in questione fronteggiava l’unità immobiliare in proprietà esclusiva del sig. V. – ha escluso che tale unità costituisse, con quella della sig.ra A., parte di un unitario edificio condominiale, affermando, sulla scorta delle risultanze della c.t.u. espletata in primo grado, che le unità immobiliari delle parti in causa costituivano due immobili distinti e indipendenti, benchè contigui, in modo tale che la demolizione dell’uno non avrebbe recato alcun nocumento alla staticità dell’altro; pertanto nessuna struttura edilizia era in comune, se non la parete divisoria, come in qualsiasi edificio costituito in appoggio;

che, quanto al secondo profilo, la corte ha rilevato che l’art. 34 delle NTA del comune di Pietrasanta, il quale si riferisce ai manufatti di servizio o annessi, va interpretato, laddove prevede che tali manufatti possano “essere costruiti secondo i disposti del c.c.”, nel senso di escludere i medesimi dall’applicazione delle più restrittive norme sulle distanze dettate per le nuove costruzioni dalle stesse NTA (distanza minima dal confine di m. 5, distanza minima tra edifici nella misura di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444), con conseguente applicabilità del principio di prevenzione.

che il Sign. V. ha depositato controricorso;

che per l’adunanza di camera di consiglio ex art. 180 bis c.p.c., comma 1, del 16.5.17, in cui la causa è stata decisa, hanno depositato una memoria la ricorrente ed il Procuratore Generale.

Diritto

CONSIDERATO

che col primo motivo si denuncia l’omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115,116,163,167 e 183 c.p.c. e degli artt. 2697, 873 e 1117 c.c., in cui la corte distrettuale sarebbe incorsa non considerando come la simultanea costruzione delle due unità immobiliari di proprietà delle parti conferisse all’edificio che le comprende il carattere dell’unicità; con la conseguenza i muri perimetrali dovrebbero ritenersi di proprietà comune, in base alla presunzione fissata dall’art. 1117 c.c.;

che il motivo va disatteso in quanto non censura adeguatamente l’accertamento di fatto, sufficientemente motivato, su cui si fonda la decisione della corte territoriale, ossia che le due unità immobiliari di cui le parti sono rispettivamente proprietarie “non hanno alcun bene, impianto o servizio comune” (cfr. Cass. n. 2943/04: “costituisce valutazione in fatto, sottratta al giudizio di legittimità ove adeguatamente motivata,l’accertamento da parte del giudice di merito relativo al fatto che un determinato bene, per la sua struttura e conformazione e per la funzione cui è destinato, rientri tra quelli condominiali oppure sia di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ovvero se si tratti di bene comune solo ad alcuni condomini o, infine, se sia comune al condominio e solo ad alcuni dei singoli proprietari esclusivi, non potendosi escludere a priori la ricorrenza di una eventualità siffatta”; conf. 27145/07, 11195/10);

che col secondo motivo si denuncia l’omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115,116,163,167 e 183 c.p.c. e degli artt. 873 e 2697 c.c., in cui la corte distrettuale sarebbe incorsa applicando il disposto dell’art. 34 NTA del comune di Pietrasanta nel senso di rendere applicabili alle costruzioni accessorie il disposto dell’art. 873 c.c., anche in deroga alle altre disposizioni delle stesse NTA;

che, secondo la ricorrente, il rinvio all’art. 873 c.c., contenuto nelle NTA, non potrebbe escludere, in assenza di esplicita previsione, l’operatività del rinvio ai regolamenti locali (e, quindi, per quanto qui rileva, all’art. 9 delle NTA, che prevede una distanza minima dal confine di mt. 5) contenuta nello stesso art. 873 c.c.;

che il motivo è infondato, perchè l’interpretazione delle NTA seguita dalla corte fiorentina va giudicata esatta;

che infatti – nel contesto di norme tecniche che, a differenza dal codice civile, impongono alle nuove edificazioni il rispetto di distanze minime dal confine (art. 6-D2 NTA) – la previsione, per i soli “manufatti di servizio e annessi”, della possibilità di costruirli “secondo i disposti del c.c.” (art. 34.2.3 NTA) non può che avere, per non risultare inutiliter data, la funzione di derogare quale lex specialis, per i soli manufatti di servizio e annessi, all’obbligo di rispettare la distanza dal confine prevista in via generale dalle stesse NTA;

che quindi, in definitiva, il ricorso va rigettato in relazione ad entrambi i motivi in cui esso si articola;

che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrenta a rifondere al contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida Euro 1.500, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2017

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