Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23978 del 12/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 12/10/2017, (ud. 01/03/2017, dep.12/10/2017),  n. 23978

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10475/2013 R.G. proposto da:

C.G., G.M. e G.S., le ultime

due in proprio e quali eredi di V.M., rappresentati e

difesi dagli Avv. Biagio Marrone e Giulio Bellini, con domicilio

eletto in Roma, via Archimede n. 138, presso lo studio dell’ultimo

difensore;

– ricorrenti –

contro

L.N., G.A.M. e GU.MA., in qualità

di eredi di g.m. (VERIFICARE PROVA DELLA LORO

QUALITA’), nonchè G.P., rappresentati e difesi dall’Avv.

Andrea Favata, con domicilio in Roma, piazza Cavour n. 1, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 86 depositata

il 23 gennaio 2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 1 marzo 2017

dal Consigliere Dott. Milena Falaschi;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha chiesto

l’accoglimento del primo motivo, assorbiti i restanti.

Fatto

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO

Ritenuto che:

– il Tribunale di Marsala – Sezione distaccata di Mazzara del Vallo, con sentenza n. 186 del 2008, a definizione del giudizio di divisione dell’immobile sito in (OMISSIS) (introdotto da C.G. nei confronti dei germani G.P., m., M. e S., costituiti i soli P. e m. che si qualificavano quali unici eredi testamentari del genitore G.O.) pervenuto all’attore per atto inter vivos da V.M., spettante ai convenuti per la metà per successione ereditaria del dante causa G.O., esteso il contraddittorio alla V. (relativamente alla domanda riconvenzionale dei convenuti di accertamento del possesso esclusivo del cespite anche da parte del de cuius, terza chiamata che eccepiva la litispendenza fra la domanda riconvenzionale e la domanda introdotta avanti allo stesso Tribunale di cui alla pronuncia non definita n. 285/2003) (terza che decedeva nel corso del giudizio), respingeva la domanda attorea di scioglimento della comunione dell’immobile oggetto di causa, dichiarando i convenuti comproprietari esclusivi, per intervenuta usucapione, di tale bene;

– sul gravame proposto da C.G., nonchè da G.M. e S., queste ultime anche nella qualità di eredi di V.M., la Corte d’appello di Palermo, nella resistenza dei germani G., che proponevano anche appello incidentale sulle spese, ha respinto sia l’appello principale sia quello incidentale, ritenendo l’inammissibilità del gravame principale sul presupposto della non identità dei soggetti dei due giudizi, oltre ad essere infondato nel merito entrambe le impugnazioni;

– per la cassazione del provvedimento della Corte d’appello di Palermo ricorrono gli appellanti sulla base di quattro motivi;

– resistono con controricorso gli intimati.

Atteso che:

– il primo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., nonchè degli artt. 39,324 e 111 c.p.c., contestandosi l’affermazione della corte territoriale in merito all’inammissibilità dell’eccezione del ne bis in idem con riferimento al giudizio definito con la sentenza n. 285 del 2003 di rigetto della domanda riconvenzionale di usucapione dei resistenti, confermata in appello con la sentenza n. 461 del 2009, per cui il giudice di merito avrebbe violato la norma sulla litispendenza e poi quella sul giudicato) è fondato.

La Corte di merito di Palermo con la sentenza n. 461 del 2009, cui si riferiscono i ricorrenti nel formulare l’eccezione di giudicato (come questa Corte deve confermare, in virtù del diretto accesso agli atti che le compete ai fini della verifica di adeguatezza del giudizio a quo, in ordine alla sussistenza o meno dell’efficacia preclusiva del giudicato esterno: v., in particolare, di recente Cass. 6 giugno 2011 n. 12159; ma già Cass. Sez. Un. 25 maggio 2001 n. 226) – che ha definitivamente pronunciato nel giudizio introdotto da V.M., G.M. e S. nei confronti di G.P. e M., volto a sentire dichiarare aperta la successione legittima di G.O., rispettivamente coniuge e genitore delle parti, ovvero per ottenere la riduzione delle disposizioni testamentarie – ha ritenuto gli appellanti ( G.P. e m.) decaduti dalla prova orale articolata in primo grado in relazione al loro assunto di possesso ultraventennale dell’immobile in questione, precisando che detta prova non risultava sufficientemente fornita neanche dai documenti depositati. Per l’effetto ha confermato la sentenza del primo giudice di rigetto dalla domanda riconvenzionale dagli stessi convenuti spiegata per l’accertamento della proprietà esclusiva dell’intero bene per intervenuta usucapione, dichiarando – di converso – che il cespite era in comproprietà indivisa al 50% fra il de cuius G.O., di cui gli appellanti erano stati riconosciuti eredi testamentari, e l’attrice V.M., coniuge del predetto.

Quindi allorchè la sentenza impugnata, respingendo il motivo di appello con il quale è stata dedotta “la litispendenza tra la presente controversia ed altra pendente dinnanzi alla medesima Corte (di appello), ed il giudicato esterno eventualmente formatosi nel giudizio richiamato”, dichiarando testualmente di condividere l’affermazione del primo giudice che aveva respinto l’eccezione di ne bis in idem “non ricorrendo il presupposto della identità dei soggetti”, ha fatto erronea applicazione dei principi normativi in tema di identità dei soggetti nei giudizi. Nella specie, infatti, sussiste l’ipotesi di un accertamento di inesistenza di un diritto per difetto di prova espresso mediante il dispositivo di rigetto della domanda, sul quale si è formato il giudicato formale che costituisce giudicato sostanziale, nel senso che la domanda deve ritenersi definitivamente rigettata e non è più riproponibile in un nuovo giudizio tra le stesse parti (cfr. Cass. 10 maggio 1986 n. 3238 e Cass. 12 novembre 1983 n. 6744), tali dovendo ritenersi G.P. e m., da una parte, e V.M., G.M. e S., dall’altra, con la precisazione che G.M. e S. agiscono sia in proprio sia nella qualità di eredi di V.M. e che in luogo di g.m. vi sono le sue eredi, L.N. ed G.A.M.. La circostanza che del presente giudizio sia parte anche C.G., avente causa di V.M., in forza di atto di acquisto del 20.10.1997, non determina una diversità di parti rispetto al primo giudizio, ma un’aggiunta di soggetti, essendo peraltro egli successore a titolo particolare nel diritto controverso, per cui la sua mancata partecipazione al giudizio concluso con la sentenza n. 461 del 2009 non incide certo sulla opponibilità nei sui confronti del giudicato, appunto perchè la sentenza resa nei confronti delle parti originarie “spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare”, come espressamente recita l’art. 111 c.p.c., u.c..

Ha, pertanto, errato la Corte territoriale a non rilevare la preclusione da giudicato, ai sensi dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., non potendosi tecnicamente parlare di litispendenza (che presuppone due cause pendenti), pronunciandosi nel merito su identica domanda riconvenzionale di usucapione, fornendo sul punto una motivazione inadeguata e contraddittoria.

– gli altri motivi di ricorso (il secondo attiene al merito della domanda di usucapione investendo il tema della successione nel possesso rispetto ai coeredi; il terzo concerne l’assunto di assetto proprietario squilibrato con la divisione de qua ed il quarto la ricorrenza della responsabilità ex art. 96 c.p.c.) restano assorbiti dall’accoglimento della questione pregiudiziale posta con il primo motivo.

In conclusione la sentenza impugnata deve essere cassata e rinviata alla Corte di appello di Palermo, per un nuovo esame della vicenda alla luce del principio sopra affermato, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione a tale accoglimento e rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese della presente fase, ad un’altra sezione della Corte d’appello di Palermo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 1 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2017

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