Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23972 del 16/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 16/11/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 16/11/2011), n.23972

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE RENZIS Alessandro – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11494-2009 proposto da:

D.G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAVOUR

221, presso lo studio dell’avvocato FABBRINI FABIO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso

lo studio dell’avvocato CLAVELLI ROSSANA, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6663/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/05/2008, r.g.n. 10288/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/10/2011 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato CLAVELLI ROSSANA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per improcedibilità in via

principale e in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 14.5.2008, la Corte di Appello di Roma accoglieva solo parzialmente l’appello del D.G., compensando interamente le spese del primo grado e respingendo nel resto il gravame avverso la sentenza del Tribunale di Roma, che aveva respinto la domanda del predetto nei confronti della spa Poste Italiane, volta ad accertare il suo diritto ad essere inquadrato nell’area quadri di 1^ livello e ad ottenere il conseguente trattamento economico con decorrenza dal 27.2.1995.

La Corte territoriale rilevava che il CCNL 26.11.1994, all’art. 38, comma 7, prevedeva l’applicazione temporanea a mansioni della categoria quadri, per un periodo superiore a sei mesi, per rendere definitiva la stessa e che ciò era in via di interpretazione conforme alla volontà delle parti contrattuali, autorizzate dalla legge (L. n. 190 del 1985, art. 6) a prevedere anche periodi superiori a tre mesi per la promozione automatica nell’area quadri di 1^ livello. Quanto al secondo rilievo formulato dalla società, osservava che le attività svolte a partire dal 1992 da parte del D. G. non erano state oggetto di contestazione da parte della prima ma che, in base alle declaratorie contrattuali, essendo la qualifica rivendicata connessa allo svolgimento di mansioni con elevata preparazione professionale e responsabilità di gestione di grandi unità organiche ed allo svolgimento di funzioni di interesse strategico per l’ente con elevato contenuto specialistico delle mansioni, doveva ritenersi che le attività svolte non coincidessero con le caratteristiche tipiche delle mansioni descritte.

Avverso detta decisione propone ricorso per cassazione il D. G., affidando l’impugnazione a cinque motivi.

Resiste la società con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il D.G. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 45 ccnl 26.11.1994 e dell’accordo 23.5.1996, formalizzato nella circolare EPI n. 25 del 2.8.1995, in relazione all’art. 1362 e ss c.c..

Non poteva, secondo il ricorrente, conferirsi rilievo assoluto alla circostanza della mancata direzione di grandi unità organiche o della responsabilità di unità organizzative complesse, atteso che la circolare n. 25 richiamata distingueva, nell’ambito dell’area quadri di 1^ livello, il filone operativo gestionale, per il quale era previsto il disimpegno di mansioni con tali caratteristiche, ed il filone operatvo”tecnico”, nel quale era previsto che l’attività tecnica potesse concretizzarsi anche solo in attività tecnica con elevato contenuto specialistico nella logistica, costruzione, informatica meccanizzazione etc., onde l’interpretazione della Corte territoriale si poneva in contrasto con il dato letterale della norma contrattuale richiamata.

Con specifico quesito domanda, poi, se le parti collettive abbiano espressamente escluso che la conduzione di grandi unità organiche costituisca elemento caratterizzante ed essenziale del quadro di 1^ livello, filone tecnico.

Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 45 ccnl 26.11.1994, dell’accordo sindacale 23.5.1995 (circolare 25/95) in relazione all’art. 1362 e ss. c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 chiedendo se il procedimento per l’accertamento del diritto del lavoratore ad essere inquadrato in area superiore, ai sensi dell’art. 2103 c.c., contempli l’accertamento delle mansioni effettivamente svolte, la verifica della norma contrattuale applicabile e la verifica della corrispondenza tra mansioni e declaratoria contrattuale; se nell’operazione suddetta debba tenersi conto anche delle norme integrative dettate da successivi accordi e se l’art. 45 ccnl 26.11.1994 dipendenti Poste debba leggersi in coordinamento con l’accordo sindacale trasfuso nella circolare citata e se la prova documentale non possa essere oggetto di autonoma valutazione del giudice.

Con il terzo motivo, lamenta l’omessa e, comunque, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, individuando il fatto controverso nella rilevanza o meno quale interesse strategico per l’impresa delle attività di responsabilità di laboratorio di igiene e sicurezza, delle attività di docenza, studio, ricerca scientifica e relative pubblicazioni svolte in ambiti e nell’interesse aziendale su espresso mandato datoriale, in materie come la sicurezza sui luoghi di lavoro e tutela della salute dei lavoratori.

Con il quarto motivo, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 112 c.p.c., e dell’omessa pronuncia (art. 360 c.p.c., n. 4), rilevando che esso istante aveva dedotto e provato anche di avere svolto mansioni di identico contenuto di quelle del conferimento formale del maggio 1997 fin dal 1995 e anche successivamente allo stesso periodo.

A conclusione della parte argomentativa, formula quesito con il quale domanda se il giudice non può limitarsi a pronunziare solo su un periodo temporale limitato, ma deve decidere sull’intero periodo dedotto in giudizio e sulla domanda formulata in via principale, non solo su quella subordinatamente proposta.

Con il quinto motivo, il D.G. assume l’avvenuta violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 ccnl 26.11.1994 in relazione all’art. 1362 e ss. c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Invoca la comunicazione aziendale del 16.5.1997 per sostenere che non solo il riconoscimento formale rileva, ma che la comunicazione dava atto dello svolgimento anche pregresso di mansioni analoghe a quelle di cui al provvedimento formale e deduce lo svolgimento di fatto di mansioni corrispondenti all’inquadramento superiore richiesto, stanti l’avvenuto riconoscimento da parte datoriale della superiorità delle mansioni e l’esonero su tale piano di ogni onere probatorio a carico del lavoratore.

Il ricorso deve essere rigettato, osservandosi, quanto ai primi due motivi di impugnazione, che gli stessi risultano improcedibili, in quanto con gli stessi si chiede l’interpretazione diretta da parte di questa Corte di accordo sindacale e non di accordo collettivo nazionale, del quale peraltro è anche omessa la produzione in dispregio di quanto sancito e prescritto, per i ricorsi relativi a sentenze pubblicate dopo l’entrata in vigore della L. n. 40 del 2006, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 in relazione al deposito di atti processuali, documenti, contratti collettivi o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda (cfr., tra le altre, Cass 2 luglio 2009 n. 15495).

Quanto al primo profilo riguardante la censura diretta della norma di accordo sindacale si evidenzia, in conformità a quanto correttamente osservato in precedenti di questa Corte (cfr. Cass. 4.2.2010 n. 2625;

e succ. conformi: Cass. 8.2.2010 n. 2742 e Cass 15.2.2010 n. 3459), che è riservata al giudice di merito l’interpretazione dell’accordo aziendale, in ragione della sua efficacia limitata (diversa da quella propria degli accordi e contratti collettivi nazionali, oggetto di esegesi diretta da parte della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006), ed essa non è censurabile in cassazione se non per vizio di motivazione o per violazione di canoni ermeneutici.

In merito al terzo motivo, deve rilevarsene l’inammissibilità, atteso che le attività enunciate, in relazione alle quali si ritiene la configurabilità di mansioni attinenti ad interesse strategico per l’azienda, sono state adeguatamente prese in esame dal giudice del merito, il quale, con motivazione esente da vizi logico giuridici, è pervenuto alla conclusione che quelle svolte dal ricorrente non avessero la valenza e la preminenza volute, osservandosi, quanto alla ammissibilità della censura, che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario; infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., da ultimo, Cass. 26.3.2010 n. 7394).

In ordine al quarto motivo, con il quale si censura l’omessa pronunzia con riguardo alle mansioni superiori asseritamente svolte in periodi antecedenti e successivi alla data del conferimento formale delle mansioni, deve ritenersi, sulla base delle complessive argomentazioni svolte al riguardo dal giudice del merito, che non sussista il vizio denunziato, atteso che ad integrare il vizio di omessa pronunzia su un punto decisivo della controversia, idoneo a determinare l’annullamento di una sentenza, non è sufficiente la mancanza di un’espressa statuizione del giudice su una richiesta della parte e l’omissione non è individuabile ai fini voluti quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, comporti il rigetto di tale pretesa, anche se per implicito o senza una specifica argomentazione, particolarmente quando la pretesa avanzata non abbia una propria autonomia, ma sia accessoria ad altra domanda.

Infine, anche il quinto motivo deve essere dichiarato improcedibile, in virtù delle considerazioni sopra svolta con riguardo alla mancata produzione del contratto collettivo nazionale si cui il motivo si fonda. La mancata produzione del contratto collettivo menzionato rileva ai sensi di quanto prescritto, per i ricorsi relativi a sentenze pubblicate dopo l’entrata in vigore della L. n. 40 del 2006, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 in relazione al deposito di atti processuali, documenti, contratti collettivi o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda. Il requisito non appare soddisfatto, atteso che si è omesso di precisare in quale sede processuale il CCNL è stato eventualmente prodotto nelle fasi di merito e dove, quindi, la Corte potrebbe esaminarlo in questa sede, per effetto della relativa già avvenuta produzione nelle fasi di merito. Al riguardo, è stato, invero, osservato, che anche con riferimento al regime processuale anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, ad integrare il requisito della autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione concernente, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (ma la stessa cosa dicasi quando la valutazione deve essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio ai sensi dell’art. 360, n. 3 o di un vizio costituente error in procedendo ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 di detta norma), la valutazione da parte del giudice di merito di prove documentali, è necessario non solo che tale contenuto sia riprodotto nel ricorso, ma anche che risulti indicata la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione era avvenuta e la sede in cui nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte, rispettivamente acquisito e prodotti in sede di giudizio di legittimità essa è rinvenibile. L’esigenza di tale doppia indicazione, in funzione dell’autosufficienza, si giustificava al lume della previsione del vecchio n. 4 dell’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, che sanzionava (come, del resto, ora il nuovo) con l’improcedibilità la mancata produzione dei documenti fondanti il ricorso, producibili (in quanto prodotti nelle fasi di merito) ai sensi dell’ari 372 cod. proc. civ., comma 1 (cfr. Cass. 25.5.2007 n. 12239; Cass. 20594/2007; 20437/2008; 4056/2009). Anche per il ccnl deve valere analoga esigenza, al fine di rendere possibile l’esame completo del contenuto delle previsioni contrattuali, relative – per quanto attiene al caso di specie – alla possibilità ed alle condizioni per potere stipulare contratti a tempo determinato.

E’ stato in proposito anche chiarito da questa Corte che l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda – imposto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nella nuova formulazione di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – non può dirsi soddisfatto con la trascrizione nel ricorso delle sole disposizioni della cui violazione il ricorrente si duole attraverso le censure alla sentenza impugnata, dovendo ritenersi che la produzione parziale di un documento sia non solamente incompatibile con i principi generali dell’ordinamento e con i criteri di fondo dell’intervento legislativo di cui al citato D.Lgs. n. 40 del 2006, intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, ma contrasti con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dall’art. 1362 cod. civ. e seguenti e, in specie, con la regola prevista dall’art. 1363 cod. civ., atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione che interessa (cfr, Cass 2 luglio 2009 n. 15495). Deve, peraltro, aggiungersi che il riconoscimento, nel provvedimento formale di conferimento per cinque mesi di funzioni corrispondenti all’area quadri 1^ livello, dell’avvenuto svolgimento di mansioni ad alta specializzazione con elevati livelli di responsabilità non equivale a confortare di per sè solo l’assunto della necessità di riconoscimento dell’inquadramento superiore richiesto anche per epoca antecedente, essendo stato escluso, come sopra detto, che le mansioni svolte di fatto presentassero i connotati idonei al detto inquadramento, per non essere state ritenute le stesse strategiche per l’azienda stessa.

In conclusione, deve pervenirsi al rigetto del ricorso del D. G., la cui soccombenza costituisce valido motivo per porre le spese di lite del presente giudizio, nella misura liquidata in dispositivo, a carico del predetto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e con0danna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 40,00 per esborsi, Euro 2800.00 per onorario, oltre spese generali IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2011

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