Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2397 del 31/01/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2397 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16231/2015 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi,
n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

ricorrente

contro
C.O.I.M. S.p.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. Guglielmo
Maisto e dall’Avv. Marco Cerrato, con domicilio eletto presso il loro
studio in Roma, piazza d’Aracoeli, n. 1;
– controricorrente, ricorrente incidentale –

Data pubblicazione: 31/01/2018

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia, n. 1037/50/15, depositata il 18 marzo 2015;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’8 novembre 2017
dal Consigliere Emilio Iannello;
udito l’Avvocato dello Stato Mario Capolupo;

Maisto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Immacolata Zeno, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto di quello incidentale.
FATTI DI CAUSA
1. Con avviso di accertamento n. TMB035H00253/2011 emesso
sulla base di p.v.c. redatto in data 21/12/2004 dal Nucleo regionale di
polizia tributaria della Lombardia, l’Agenzia delle entrate recuperava a
tassazione, nei confronti della Coim S.p.A., a fini Ires e Irap per
l’anno d’imposta 2006, la minusvalenza per quell’anno dedotta in
conseguenza della svalutazione della partecipazione nella società
estera controllata Coim Deutschland Gmbh, a sua volta discendente
dalla fusione per incorporazione in quest’ultinna della Novacote
International Gmbh, la cui acquisizione costituiva il vero obiettivo
strategico della Coim S.p.A.: tale fusione era infatti ritenuta
dall’Ufficio frutto di operazione elusiva inopponibile ai fini fiscali ai
sensi dell’art. 37-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dal momento
che lo stesso obiettivo era perseguibile altrimenti (con la
partecipazione diretta in Novacote da parte di Coim o per il tramite di
altra società collegata), mentre la fusione non consentiva in concreto
alcun vantaggio extrafiscale.
Il ricorso proposto dalla contribuente era accolto dalla adita C.T.P.
di Milano che, rigettata la preliminare eccezione di nullità dell’atto
impositivo perché non specificamente motivato in relazione alle
giustificazioni offerte in sede precontenziosa, riteneva l’avviso
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udito l’Avvocato Massimiliano Lodotti, per delega dell’Avv. Guglielmo

medesimo infondato nel merito negando che all’operazione potesse
attribuirsi il contestato carattere elusivo.
2. Tale decisione era confermata sotto entrambi i profili, con la
sentenza in epigrafe, dalla C.T.R. della Lombardia che rigettava
pertanto sia l’appello principale proposto dall’Ufficio, sia l’appello

Quanto in particolare alla valutazione dell’operazione, sotto il
profilo del contestato carattere elusivo, rilevavano i giudici d’appello
che: «le operazioni compiute dalla società con la creazione di un
nuovo soggetto giuridico [ossia, la Coim Deutschland Gmbh, n.d.r.],
che attraverso l’acquisizione di partecipazioni è venuto in possesso di
immobili strumentali per l’attività aziendale, appaiono mosse da
motivi non solo strategici, ma anche di convenienza economica»;
«l’applicazione dell’art. 37-bis, richiamato dall’Ufficio, necessita che le
operazioni compiute dalla contribuente abbiano una esclusiva finalità,
che si traduce nel risparmio d’imposta; nella fattispecie la società ha
conseguito sì un risparmio d’imposta, ma non ha operato al solo
scopo di eludere il fisco».
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per
cassazione, sulla base di tre motivi, cui resiste con controricorso la
Coim S.p.A., proponendo ricorso incidentale condizionato con unico
mezzo.
La società ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso principale l’Agenzia delle entrate
deduce violazione degli artt. 132, comma secondo, num. 4, e 156
cod. proc. civ.; 118 disp. att. cod. proc. civ.; 36, comma 2, num. 4, e
61 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, comma
primo, num. 4, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. respinto l’appello
dell’Ufficio senza in alcun modo esplicitare le ragioni del proprio
convincimento ovvero l’iter logico-giuridico seguito per pervenire al
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incidentale della società contribuente.

riconoscimento dell’esistenza di valide ragioni economiche a
fondamento dell’operazione di che trattasi e dell’assenza di una
condotta di tipo elusivo.
2. Con il secondo motivo la ricorrente principale deduce poi
«violazione e/o falsa applicazione degli artt. 53 Cost.; 2697, 2727 e

d.l. 24 settembre 2002, n. 209, convertito dalla legge 22 novembre
2002, n. 265; 1, comma 2, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, nonché
del principio del c.d. divieto di abuso del diritto, in relazione all’art.
360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ.».
Lamenta che la sentenza impugnata è incorsa in plurimi errores in
iudícando per avere: a) ritenuto necessario, ai fini della configura bilità
di una operazione di tipo elusivo, che la finalità del conseguimento di
un risparmio d’imposta ne costituisca l’unica ragione giustificativa; b)
ritenuto sufficiente, ai fini della qualificazione del risparmio d’imposta
conseguito dalla società conne legittimo, la sussistenza di non meglio
precisati motivi strategici e, comunque, di motivi di convenienza
economica. Sostiene di contro che la presenza di scopi economici
diversi dal risparmio fiscale non esclude l’applicazione del principio di
divieto di abuso del diritto, ogniqualvolta essi abbiano avuto, nel caso
concreto, una rilevanza del tutto marginale rispetto a quella principale
del conseguimento del risparmio d’imposta e che, per converso, la
sussistenza di una condotta di tipo elusivo e/o abusivo può escludersi
soltanto laddove le ragioni economiche diverse dal conseguimento di
un risparmio d’imposta abbiano avuto, in concreto, una rilevanza
predominante ed assorbente ai fini del compimento dell’operazione
(presupposto che i giudici a quibus hanno nel caso di specie omesso
di verificare).
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia infine omesso esame
circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma primo, num.

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2729 cod. civ.; 37-bis, 39 e 41-bis d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; 1

5, cod. proc. civ., per avere il giudice d’appello ritenuto insussistente
una condotta di tipo elusivo e/o abusivo senza in alcun modo valutare
la concreta ed effettiva esistenza alla base dell’operazione di ragioni
economiche diverse dal mero conseguimento di un risparmio di
imposta ed attribuendo rilevanza decisiva a non meglio precisati

meramente soggettive, indeterminate ed astratte.
4.

Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato la

contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 37-bis,
commi 4 e 5, d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, comma
primo, num. 3, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. rigettato il motivo
di appello incidentale con il quale essa aveva iterato l’eccezione di
nullità dell’avviso di accertamento perché privo di motivazione
specifica in relazione alle giustificazioni fornite in risposta alla
richiesta

di

chiarimenti

circa

l’ipotizzato

carattere

elusivo

dell’operazione.
5. È infondata la censura — dedotta con il primo motivo di ricorso
principale — di nullità della sentenza per mancanza di motivazione.
Non può infatti dubitarsi che una motivazione esista e che non sia
meramente apparente, consentendo la stessa di comprendere quale
sia la ragione della decisione adottata (non configurabilità nella specie
di operazione elusiva, la quale richiederebbe il perseguimento della
esclusiva finalità di risparmio d’imposta, per essere quella posta in
essere giustificata anche da «motivi non solo strategici ma anche di
convenienza economica»).
Ciò vale certamente ad escludere la dedotta violazione dei doveri
decisori di cui all’art. 112 cod. proc. civ. denunciata
dall’amministrazione, che si configura soltanto nell’ipotesi in cui sia
mancata del tutto da parte del giudice — ovvero sia meramente
apparente — ogni statuizione sulla domanda o eccezione proposta in
giudizio, mentre rientra nell’ambito dell’art. 360, comma primo, num.

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motivi strategici e di convenienza economica ovvero ragioni

5, cod. proc. civ. la censura con la quale si contesta l’adeguatezza
della motivazione resa a supporto di tale statuizione, nei limiti in cui
tale censura è consentita ai sensi di tale disposizione.
6. È altresì infondato il secondo motivo.
Ai sensi dell’art. 37-bis, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973, «sono

anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad
aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad
ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti».
Si ricava

a contrario

dall’inciso «privi di valide ragioni

economiche» che, ove l’operazione si dimostri — con onere a carico
del contribuente — giustificata da «valide ragioni economiche», sia
pure in via concorrente al perseguito risparmio fiscale, non se ne può
predicare il carattere elusivo con la conseguente piena opponibilità al
fisco. Occorre però che tali ragioni economiche siano «valide», ossia
di carattere «non merannente marginale o teorico» perché in tal caso
risulterebbero «inidonee a fornire una spiegazione alternativa
dell’operazione rispetto al nnero risparmio fiscale, e tali quindi da
potersi considerare manifestamente inattendibili o assolutamente
irrilevanti rispetto alla predetta finalità» (v. Cass. 29/09/2006, n.
21221; Cass. 21/4/2008, n. 10257).
In tal senso possono dunque definirsi elusive le operazioni
compiute «essenzialmente» (anche se non esclusivamente) per il
conseguimento di un vantaggio fiscale, con ciò intendendosi
rimarcare che, al fine di negare il carattere elusivo dell’operazione,
non può attribuirsi rilievo alla compresenza purchessia di ragioni
extrafiscali indipendentemente dalla loro effettiva rilevanza.
Per converso non è però richiesto, diversamente da quanto
postulato in ricorso, che tali ragioni extrafiscali oltre ad essere
«valide» abbiano anche in concreto una rilevanza predominante ed
assorbente ai fini del compimento dell’operazione e neppure che tale

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inopponibili all’amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi,

loro rilevanza sia almeno pari a quella del risparmio d’imposta,
essendo solo necessario che non si tratti di scopi di rilevanza
talmente ridotta da non potersi considerare quale attendibile (ossia,
«valida») giustificazione concorrente.
Nel caso di specie non vi sono elementi per ritenere che i giudici

dalle esposte direttrici. Non risulta invero che, in contrasto con queste
ultime, la C.T.R. abbia inteso attribuire rilievo alle ragioni extrafiscali
dedotte dalla contribuente pur avendone accertato il carattere del
tutto marginale e sostanzialmente irrilevante o per aver ritenuto non
necessaria una tale verifica. Al contrario si desume dalla pur sintetica
motivazione una valutazione positiva circa la effettiva rilevanza delle
giustificazioni offerte, laddove in particolare si afferma in essa che «le
operazioni compiute dalla società con la creazione di un nuovo
soggetto giuridico, che attraverso l’acquisizione di partecipazioni è
venuto in possesso di immobili strumentali per l’attività aziendale,
appaiono mosse da motivi non solo strategici, ma anche di
convenienza economica».
Le contestazioni mosse dalla ricorrente circa la congruità di tale
valutazione e la sufficienza della motivazione resa in rapporto agli
argomenti di segno contrario evidenziati nel processo verbale di
constatazione e nell’avviso di accertamento si muovono
evidentemente su un piano diverso da quello qui in esame (error in
iudicando), sindacabile ai sensi e nei limiti dell’art. 360, comma
primo, num. 5, cod. proc. civ..
7. Censura di tal tipo è effettivamente mossa dalla ricorrente con
il terzo motivo, ma deve ritenersi inammissibile in quanto
chiaramente eccedente i limiti segnati dal (pur richiamato in rubrica)
nuovo testo della detta norma processuale, quale risultante dalla
modifica introdotta dall’art. 54, comma 1, lett.

b), d.l. 22 giugno

2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,
7

di appello si siano mossi in una prospettiva diversa da quella tracciata

n. 134 (applicabile ai ricorsi proposti avverso sentenze depositate
dall’Il settembre 2012).
Nel nuovo regime dà luogo a vizio della motivazione sindacabile in
cassazione l’omesso esame di un fatto storico, principale o
secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti

abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe
determinato un esito diverso della controversia); tale fatto storico
deve essere indicato dalla parte — nel rigoroso rispetto delle
previsioni di cui all’art. 366, primo comma n. 6, e art. 369, secondo
comma n. 4 cod. proc. civ. — insieme con il dato, testuale o
extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel
quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le
parti, dovendosi anche evidenziare la decisività del fatto stesso (Cass.
Sez. U 07/04/2014, n. 8053; Id. 22/09/2014, n. 19881).
Nel caso di specie tale specificazione manca palesemente: la
doglianza investe invero l’esito globale del ragionamento decisorio
sulla correttezza della valutazione del giudice di merito in ordine al
carattere non elusivo dell’operazione, lamentando la ricorrente,
segnatamente, la mancata «verifica in concreto se il rilevato
risparmio fiscale … ne costituisse o meno la ragione esclusiva o
prevalente», peraltro sulla base della mera testuale trascrizione di
ampi stralci del processo verbale di constatazione. Ciò che tradisce
l’attesa di una rinnovazione decisoria comunque estranea alla
funzione istituzionale del giudice di legittimità (Cass. 28/03/2012, n.
5024; Cass. 07/01/2014, n. 91).
8. Il ricorso principale deve essere pertanto rigettato, rimanendo
conseguentemente assorbito l’esame del ricorso incidentale
condizionato.
Alla soccombenza segue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

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processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e

P.Q.M.
rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale
condizionato. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della
controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in

15 per cento ed agli accessori di legge.
Così deciso 1’8/11/2017
Il Consigliere estensore

Il Presidente

(Emilio Iannello)

(Aurelio C ppabianca)

Euro 10.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del

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